Fame di conoscenza
Luigi ha nove anni. Le cose del mondo cominciano a sfilargli davanti, non sempre comprensibili. Non ha fratelli maggiori. Si arrangia come può con i compagni di scuola, coetanei o un po’ più grandi. Vuole capire, sapere, ma senza fare domande. Si vergogna e teme di passare da scemo, e non c’è niente di peggio a quell’età per chiudere la bocca, altro che conoscenza.
Anche quando sta con i grandi sente che le orecchie si allargano per carpire ogni segnale, anche una sola variazione di tono su una parola. Ha capito, tra l’altro, che le parole cambiano significato a seconda della voce. Poi ci sono parole che gli uomini dicono e le donne no, e non solo le parolacce, anche altre. Le parolacce le conosce tutte, almeno pensa, ma il problema è che non sempre riesce a trovare loro un significato visibile, un contesto.
Tipo: fare l’amore, è chiaro, poi ci sono i film, ma sono sempre allusivi più che precisi, si vede e non si vede. E al di là della didattica Luigi vuol guardare, farsi un’idea, anche perché il suo amico Marco gli ha detto che a vedere certe cose avviene un mutamento anche in chi sta guardando. Vorrebbe capire come e quando.
L’unica è confidare nella madre di tutte le lezioni, la tv. Solo che il corso che interessa Luigi si svolge a notte fonda, quando tutti dormono, anche babbo, mamma e la sorella maggiore Caterina. E anche lui casca dal sonno a quelle ore. Già se fa un po’ più tardi la sera, la mattina dopo a scuola la testa ciondola sul banco e la maestra lo prende in giro. Ma stanotte ha organizzato tutto. Ha bevuto un po’ di caffè avanzato da quello preparato per cena dai genitori. Si sente come un grillo. Va a letto alla solita ora. E resta al buio con gli occhi sgranati. Aspetta che il silenzio cali sulla casa. Non può rischiare. Guarda il suo piccolo orologio fosforescente. E’ mezzanotte passata.
Tipi truci e muscolosi con capelli a coda di cavallo tutti nudi si danno da fare con delle tipe abbondanti, nude anche loro.
Ed è secondo le attese. Lo schermo è coperto di scritte e numeri telefonici. Ma sotto si vede benissimo quel che accade. Tipi truci e muscolosi con capelli a coda di cavallo tutti nudi si danno da fare con delle tipe abbondanti, nude anche loro. Non è che si veda proprio tanto, ma più che nei film. L’orizzonte non è proprio chiaro ma più luminoso di prima. Luigi già pensa a che cosa raccontare a scuola.
Ha voglia di restare ma capisce che i suoi occhi si stanno chiudendo e la testa si muove a scatti contro la legge di gravità. Prende il telecomando per spegnere quando la porta si spalanca. “Ma sei scemo“, il padre occupa il vano della porta. “Ma ti pare che stai sveglio a vedere queste porcherie e domani vai a scuola? Vattene subito a letto. I conti li facciamo domani mattina“.
Luigi, tra il sonno e la figuraccia, è al massimo dello sconforto. Non reagisce, tiene solo il capo basso, esercizio facile data la stanchezza, e si dirige verso la stanza facilmente perché il corridoio è illuminato. Il padre lo osserva allontanarsi. Ha il sonno leggero e l’armeggiare del figlio lo ha svegliato. E ora chi si riaddormenta? Si lascia andare sulla poltrona.
E’ veramente stanco, anche solo per cambiare canale.