Speziale libero, parola di ultrà
Eh lo sbirro è
il mestiere più infame che c’è
quando indossa la divisa un leone è
ma nella vita sai che uomo è…di merda
Brutta bestia l’invidia, visto quelle autorità come mi guardavano?
Che poi, autorità… diamo un senso alle parole. Per essere un’autorità bisogna che qualcuno sia disposto ad obbedirti. Ma per rispetto, non per paura. Perché il potere è consenso, certo. Ma non solo. E’ qualcosa che ha a che fare con l’arroganza, la violenza, la prepotenza, il sudore, il sangue. I lupi non fanno le primarie per trovare i propri capi nel branco. Si azzannano, e prevale il più forte. Spesso senza che si stilli una goccia di sangue. Il più debole lo sa che avrebbe la peggio, e quindi desiste. Così è in curva. Non ci sono capi, la parola capoultras la usano gli altri, serve a far loro capire, noi non la usiamo.
I lupi non fanno le primarie per trovare i propri capi nel branco.
Ecco perché son venuti a parlare con me per capire che intenzioni avessimo. Perché i calciatori sanno che il nostro mondo non è fatto solo di scontri, di violenza, di spranghe e di bastoni. E’ quello che piace a tutti far credere. Noi siamo parte di un mondo fatto di passione, di rispetto, di regole, di solidarietà. Cose di una volta, difficile che le si capisca dall’esterno. Ma le nostre regole sono ferree, perché siamo in guerra, e mai più che in guerra le regole sono irriducibili.
Per noi quel che conta, anche sopra il calcio, è l’onore. Il rispetto. L’onore. La solidarietà. Nessun compagno caduto resterà indietro. E se uno di noi si fa male, viene aggredito, se vengono violate le regole severe del nostro mondo, possiamo decidere che non si giochi. Ne abbiamo il diritto. Perché noi in curva ci siam nati, ci siam cresciuti e ci moriremo. Perché seguiamo la squadra alle amichevoli, nei ritiri, negli aeroporti, col freddo che ti brucia le dita e il sole che ti affligge i pensieri. Non è un hobby il nostro, essere ultrà è ragione di vita, è passione pura, un fuoco che ti brucia dentro. E’ amore. Per questo abbiamo per diritto naturale una prelazione sulla squadra. E in casi estremi abbiamo diritto di dire che non si gioca, altroché se l’abbiamo, e si fottano tutti quei fighetti ingessati in tribuna coperta che vengono una volta l’anno a vedere la partita. Se la guardino su sky se non gli sta bene. Lo stadio è casa nostra, gli ospiti siete voi.
Dov’è finito quel vostro bel garantismo che attivate così bene a vostro piacimento? Non vale per lui, che all’epoca dei fatti era pure minorenne?
Speziale libero. E allora? Lo ripeto. Speziale libero. Signori benpensanti, inorridite. Speziale libero. Sì, quello che è stato condannato per avere ucciso una guardia. Così dicono.
Ma pensate, invece di inorridire, invece di schierarvi come tante pecore in un’unica direzione, invece di andare in automatico verso quella direzione che ritenete giusta sol perché ci vanno in tanti.
Pensate se quel processo di cui fino a ieri non sapevate niente meritasse davvero una revisione. Pensate se davvero non l’avesse materialmente ucciso lui ma, come anche si dice, i suoi stessi colleghi sbirri, calpestandolo per errore, nel parapiglia di quella serata sciagurata.
Se questo Speziale che da sue giorni è sulla bocca e le magliette di tutti davvero meritasse di scontare un anno, un giorno, un minuto in meno di detenzione, come la mettereste? Dov’è finito quel vostro bel garantismo che attivate così bene a vostro piacimento? Non vale per lui, che all’epoca dei fatti era pure minorenne? Dov’è finito, signori politici, quel vostro bel garantismo che v’impedisce di far dimettere – quando non anche arrestare – i vostri colleghi? Se questo Speziale fosse stato frettolosamente messo dentro e si fosse buttata via la chiave per l’esigenza di riempire una cella ed avere un colpevole, come la mettiamo? Ve lo siete chiesti? O siamo davvero certi che il sistema non sbaglia mai? Sarebbe forse la prima volta? Non è stato forse condannato pure Enzo Tortora? Non chiediamo libertà ma giustizia, e la revisione del processo. O forse la si può chiedere solo per Berlusconi e per i potenti di turno, che pare non siano mai stati condannati anche se li vedi ai servizi sociali intenti a lavare il culo ai vecchi?
E adesso che ho il Daspo per quella maglietta, giuro che me la cucirò addosso. Il Daspo per noi è una medaglia, si può essere leader anche fuori dallo stadio. Che poi allo stadio state tranquilli che ci entro lo stesso. Il potere vero non si può fermare. Perché lo stadio è casa nostra, ci siamo nati e cresciuti, è il nostro territorio e le regole le dettiamo noi.
Altrimenti sono botte, parola di Genny la carogna.
Ti sembro stronzo? Scusa, sto provando solo a mettermi in un punto di vista diverso dal mio, magari mi convinco. Non ti sembro stronzo? Spiegami perché nei commenti. E se vuoi approfondire, vai a leggere quaggiù la presentazione di questa mia rubrica.