Dal Kurdistan Turco alla Turchia, arrivederci Kurdistan
La città di Gaziantep saluta la nostra partenza con un vento fresco ed una sottile pioggia che con il suo tintinnare al suolo si confonde alle grida degli operatori di svariate compagnie che spacciano nomi di differenti città dell’Anatolia ai passanti disinteressati.
La tipica atmosfera di una grande stazione dei bus anatolica mi rapisce con la sua particolare musica, lasciandomi vivere una serie innumerevole di ricordi vissuti durante l’arco di tutto il viaggio. Ci avviciniamo ad un operatore di una compagnia curda per contrattare due posti su di un bus in direzione Istanbul e, dopo aver atteso qualche ora, siamo già in partenza verso la città che abbraccia due continenti.
Il bus è stracolmo e ci sono ingenti problemi per depositare i bagagli; tra una mazzetta e l’altra scambiata tra passeggeri ed operatori della compagnia, non riusciamo bene a prenderci il nostro spazio, così dopo una serie di vivaci discussioni, riusciamo nell’intento solo grazie anche all’aiuto di due ragazzi conosciuti sulla banchina poco prima dell’arrivo del mezzo.
I due ci spiegano d’essere Curdi della Siria in fuga dal conflitto che imperversa nella regione ormai da più di due anni, e che vede nella popolazione curda della zona una delle più colpite dalle violenze. Prima di entrare nel bus m’intrattengo con uno dei due ragazzi a discutere della situazione, raccontandogli il mio tentativo dell’anno scorso di entrare in Syria dal Libano. Il ragazzo mi spiega che se avessi voluto accedere all’area siriana occupata dai curdi negli ultimi mesi non sarebbe stato così difficile, seppur spesso la zona sia attraversata da continui cambiamenti di guardia tra ribelli siriani, lealisti di Assad e milizie curde che rendono pericoloso l’accesso a chiunque.
Come immaginato, il viaggio intrapreso dai due ragazzi è un viaggio della speranza, in fuga da un conflitto che pare interminabile, alla ricerca di una vita che non conosca sangue e macerie. Essere curdo in ogni stato dove è presente una minoranza del suddetto gruppo è realmente difficile; il ragazzo sa bene che anche in Turchia andrà incontro ad ingenti problemi di matrice razzista, ma spiega che proprio nel paese di Erdoğan, alla luce degli accordi tra PKK e governo turco, si sente oggi più al sicuro, giacché la situazione si è più stabilizzata.
Ad oggi in Turchia, secondo il ragazzo, la situazione dei curdi è paradossalmente migliore rispetto a quella respirata in Iran ed Iraq, dove nonostante l’autonomia del territorio la differenza tra classi è aumentata notevolmente, diffondendo nuove sacche di povertà. Ciò che accade in Syria nelle regioni del nord a maggioranza curda è una sorta di rivoluzione parallela rispetto a quella siriana: nella guerra civile siriana, sin dagli inizi, si scontravano le truppe di Assad ed i ribelli anti Assad, mentre i curdi rimanevano ai margini del conflitto (almeno dal punto di vista armato) ; oggi invece si trovano come antagoniste entrambe le fazioni.
All’inizio della guerra civile, infatti, il governo di Assad aveva concesso alcuni diritti storici ai curdi siriani, alla luce anche dei rapporti avuti in passato con lo stesso PKK turco per un periodo della storia siriana; nonostante ciò il governo del Ba’th ha sempre avuto atteggiamenti discriminatori nei confronti della minoranza curda del paese, negando spesso diritti basilari ai cittadini curdi, considerati “siriani di serie b”.
Il governo centrale siriano, proprio per ingraziarsi i curdi del nord e per evitare che prendessero posizioni vicine a quelle dei ribelli anti Assad, aveva ultimamente concesso a più di trecentomila abitanti la cittadinanza siriana ed aveva affidato il controllo del nord del paese agli stessi curdi, ritirando le proprie truppe. Con il passare dei mesi, sotto pressione della popolazione curda, e in mancanza di una totale fiducia nei confronti di Assad, vi sono stati i primi acciacchi tra le due fazioni, con l’esercito siriano impegnato nel reprimere alcune manifestazioni di protesta del popolo curdo nelle città a nord est della Syria.
Nonostante l’avvicinamento delle milizie curde YPG ai ribelli siriani, i rapporti tra i due gruppi sono deteriorati in breve tempo a causa di una profonda differenza culturale che rende difficile ogni rapporto stretto; dalla parte dei ribelli anti Assad, gruppi di Islamisti radicali spesso legati ad Al Qaeda (Jabhat Al-Nusra), dall’altra le tendenze socialiste e laiche dei curdi.
Le notevoli differenze sono spesso sfociate in scontri armati nel nord del paese, rendendo la situazione del Kurdistan siriano difficile e separata rispetto al contesto di guerra civile generale. In questo contesto confuso, i due ragazzi mi raccontano di avere realmente intravisto la speranza nella Turchia, stanchi di vedere continui capovolgimenti di fronte ed una violenza sempre più diffusa gestita da poteri che si alternano, perdendo purtroppo ogni speranza d’appoggio nello stesso YPG e nel PKK.
Uno mi continua a spiegare che da sempre ha avuto simpatie per il partito dei lavoratori curdo e che ha sempre sostenuto le battaglie in difesa dell’autodeterminazione di tutto il popolo curdo, ma che ad oggi non se la sente più di vivere su di un fronte di guerra in continuo cambiamento che vede la popolazione curda sempre schiava di un nuovo padrone.
Nonostante alcune divergenze di opinione, la chiacchierata sarà ricca di spunti ed importanti informazioni che mi aiuteranno a fare un piccolo passo indietro rispetto all’intero viaggio, rimandando la visita nel nord della Syria ad un futuro prossimo, quando avrò contatti più sicuri e garanzie migliori al confine con la Turchia.
Il bus attraversa l’Anatolia con i suoi paesaggi meravigliosi che vedono avvicendarsi con il passare delle ore specchi d’acqua dipinti dal rosaceo color del far del giorno, e speroni di roccia a forma di minareto che si tuffano nel verde delle colline circostanti.
L’atmosfera variegata del panorama regala al viaggiare un indimenticabile spicchio di natura incontaminata che lascia volar via con distensione l’interminabile passare del tempo seduti dentro ad un mezzo.
Gli occhi si chiudono lentamente dopo il tramontare del sole, lasciando spazio al mondo dei sogni sperduto in mezzo ad un’enorme strada attorniata da alture colme di piccole luci di villaggi remoti e casette recondite. Poi, gli occhi si aprono alla vista dell’enorme stazione degli autobus della capitale della Turchia, Ankara.
Il Kurdistan è ormai superato ed i richiami di quelle terre s’intensificano, immersi tra le melodie delle sue genti ed il loro fare così ospitale. Le mie mani scorrono sulla foto del padre della famiglia di Senna (Sanandaj, Kurdistan iraniano), lasciandomi addormentare nuovamente con il dolce ricordo di un sorriso familiare impresso nella mente.