La canzone di Alessio
La maggior parte dei bipedi umani ritiene che il giorno più bello delle loro esistenze sia quello in cui nasce la prole.
Pure io fino a qualche ora fa avevo sposato questa filosofia anche se, per la verità, qualche incertezza in merito già era spuntata. Tutte e quattro le volte che ho visto nascere le mie figlie, infatti, Dio (se esiste) mi perdoni, la primissima cosa che ho sempre pensato è stata:
«Maremma impestata, quanto sei brutta!»
Ero certo molto felice, ma la parte razionale faticava a lasciare tutto lo spazio a quella emotiva. Per me, tutti i bambini appena nati, specie quelli arrivati con il parto naturale, sono veramente inguardabili. C’hanno la testa allungata e le grinze e poi tutto il resto. Insomma, sarò pure un mostro, ma mentirei se dicessi che trovo un qualsiasi neonato carino da vedersi.
Stamattina però è cambiato ogni cosa.
E’ arrivato mio nipote e nella faccia e nei vaneggiamenti di mio fratello Gianni ho potuto sentire la luce del cielo in una burrasca e il suono dei fiori che crescono nei campi e, assieme a loro, la gloria e l’orgoglio.
Gianni non ha più l’età per avere il primo figlio. Non ha nemmeno più la donna che aveva sposato. E’ orfano da anni e un lavoro precario che lo costringe a fare i salti mortali per stare in piedi. Il suo ancestrale desiderio di paternità è stato frustrato in questi ultimi decenni da una serie di cause esogene a lui, in cui è sempre risultato parte offesa. Per avere ciò che voleva si è addirittura obbligato a seguire sentieri impervi e accidentati che non lo hanno portato mai da nessuna parte.
Il caso (ma esiste poi davvero?) ha voluto che incontrasse un’altra donna, già madre di due figli. Si sono innamorati e il resto è venuto da solo. Più o meno. In realtà nel suo karma non c’era scritto che le cose dovevano essere facili. Una serie di problematiche genetiche ed esami prenatali non esaltanti lo avevano fatto dubitare se andare avanti in quell’incosciente azzardo oppure no.
La razionalità imponeva delle scelte. Il cuore altre.
Gianni ha scelto di mettere in stand-by il suo cervello di prima qualità e ha seguito il suo istinto. Sapeva il prezzo che avrebbe pagato nel caso che alla roulette della vita fosse uscito il numero sbagliato, ma non gli importava. Perché lui aspettava suo figlio da decenni.
Lo aspettava con tanta ansia che ha obbligato la compagna ad anticipare l’entrata in ospedale di tre giorni rispetto all’inizio delle doglie vere e di quasi dieci rispetto alla fine del tempo di gestazione. La paura che qualcosa potesse andar storto lo ha reso irrequieto e lui, sempre così gentile e affabile con tutti, si è ritrovato sotto pressione a litigare con i medici e infermieri che non capivano fino in fondo il suo stress emotivo. E quando stamani mi ha chiamato piangendo per dirmi che era finalmente arrivato e che tutto era andato per il meglio, ho cercato di fare il brillante cinico al telefono, ma poi, una volta riattaccato mi sono messo a piangere.
Perché Gianni Marcacci è l’uomo che avrei voluto essere io, se avessi potuto scegliere chi essere. E’ una persona meravigliosa e oggi avrebbe fatto la gioia di Giorgio e Zita, i suoi genitori, che in qualunque parte dell’universo ora siano, si saranno commossi come è successo a me.
Quando poi sono andato a trovare tutti in ospedale e ho visto che tremava per la gioia e che non riusciva a fermarsi e che sentiva allo stesso tempo il peso dei suoi anni e del futuro prossimo sulle spalle e l’immensa gioia e serenità che attendeva da almeno vent’anni ho fatto fatica a non piangere di nuovo come una fontana.
«Guardalo» mi ha detto «non trovi che sia un bambino meraviglioso e sublime? Non pensi sia eccezionale? Non vedi babbo e mamma nei suoi tratti? C’ha un mucchio di capelli è fantastico vero?»
L’ho osservato con attenzione e poi ho guardato suo padre e ho deciso che un po’ di sana ipocrisia non ha mai fatto male a nessuno:
«Si, è davvero bellissimo.»
«Lo sapevo. Io lo sapevo…»
E comunque uno che ha combattuto come quel bambino per venire al mondo ha il mio massimo rispetto e incondizionato amore.
Sono fiero di lui come di mio fratello.
Prendete nota: si chiama Alessio.
Alessio Marcacci.
E farà parlare di sé.