L’arrivo nel Kurdistan turco (parte seconda), la città di Gaziantep ed il concerto del Grup Yorum
Camminiamo per svariate ore tra le vie adiacenti al bazar e all’immenso parco per godere dell’aria fresca che vi si respira, sino a quando noto un manifesto affisso su di un muro che mi fa sobbalzare di sorpresa; il gruppo musicale militante turco “Group Yorum” la sera stessa avrebbe suonato nel parco della città in un anfiteatro non troppo distante dalla posizione del mio albergo. Quale migliore occasione per ascoltare uno dei gruppi che hanno fatto la storia della musica militante in Turchia se non una città del Kurdistan Turco? Il Group Yorum suona ormai da più di vent’anni e frequentemente i suoi membri sono arrestati dalla polizia dello stato turco per le opinioni espresse nelle loro canzoni.
Guardo Filippo e non esito un secondo, dobbiamo comprare due biglietti per il concerto che si prospetta essere movimentato e ricco di spunti politici, in virtù anche delle novità seguite negli ultimi mesi per gli accordi tra il PKK ed il governo turco.
Dopo un giro di qualche ora nella città per cercare i biglietti, ci rechiamo direttamente nella zona del concerto dove riusciamo a trovare due posti liberi a meno di cinque lire turche a testa; l’area intorno alla zona del concerto non sembra delle più tranquille, con una folta presenza di polizia turca che controlla la zona circostante l’arena del parco dove il gruppo suonerà alle Ventuno e trenta…. continua
Torniamo all’albergo per riposarsi prima della serata con il Group Yorum, fermandoci a riflettere sulle condizioni storiche in cui le battaglie di stampo socialista ed internazionalista versano in Turchia, riferendoci anche a tristi eventi accorsi nella storia delle lotte politiche della sinistra turca; come non scordare il massacro di piazza Taksim del 1977, quando sotto l’egida della Nato e del progetto “Kontrgerilla”, in un contesto storico inserito tra due colpi di stato militari, furono uccisi trentotto operai da cecchini dell’esercito appostati sui palazzi durante la manifestazione del primo maggio.
Sta calando la sera ed il fresco della brezza del tramonto ci colpisce dopo una giornata afosa; il richiamo alla preghiera delle otto e mezzo risuona nell’aria mentre ci avviciniamo all’arena nella quale assisteremo al concerto.
La situazione intorno alla zona del concerto ora è stranamente tranquilla; noto solo la presenza di una camionetta di polizia turca appostata a debita distanza dalla folla che si appresta ad entrare nell’arena. Sono le nove ed un quarto di sera ed i cancelli si aprono per lasciare entrare i militanti e le persone accorse per ascoltare il concerto; i controlli della sicurezza e della polizia turca ai varchi d’ingresso sono tranquilli e scorrono senza alcun tipo di problematica.
Il concerto inizia in un tripudio di grida, voci e gesti di vittoria tipici della popolazione curda che lasciano ben intendere a me e Filippo in quale contesto ci troviamo. Dietro al palco, alcuni poliziotti in borghese controllano a distanza la zona, senza battere mai ciglio. I brividi mi scorrono lungo la pelle e la commozione fa da padrona; una lacrima mi scende dal viso nel momento in cui un buon ottanta percento del pubblico seduto nell’arena, si riversa nello spiazzo davanti al palco danzando nella tipica maniera curda. Il gesto di vittoria continua ad essere mostrato con fervore durante ogni danza ed ogni canzone, mentre il concerto scorre senza incontrare alcun tipo di problema.
Alla fine d’ogni canzone, parte del pubblico scandisce slogan politici che fanno riferimento alle battaglie internazionaliste, concentrandosi principalmente sulla Syria, sulla Palestina e sull’imperialismo americano. Non riusciamo a capire quasi niente dei piccoli discorsi tenuti dal gruppo tra una canzone e l’altra, ma sentiamo pronunciare con costanza i termini “Istanbul, Surye (Syria) e le parole özgürlük e Dayanışma” (libertà e solidarietà); molto probabilmente ci si riferisce con rabbia al divieto imposto dalle autorità turche ai manifestanti di entrare in piazza Taksim ad Istanbul durante l’ultimo primo Maggio ed alle note vicende Siriane, data la prossimità della città al confine con il paese arabo e la consistente presenza di villaggi occupati dai curdi proprio in quella zona.
La spontaneità del gruppo mi sorprende, così come l’alto livello di militanza politica respirato durante lo scorrere delle ore. Al concludersi di una canzone si aprono dibattiti, anche accesi, tra il pubblico ed il gruppo stesso, accompagnati da un continuo avvicendarsi di slogan e sventolio di fazzoletti, alcuni con i colori curdi. La voce si strige dall’emozione quando più di duemila persone si alzano in piedi cantando “bella ciao” applaudendo il nostro timido tentativo di cantare una parte da soli in Italiano, nel silenzio della conclusione della canzone.
Spesso siamo travolti dall’onda emotiva delle canzoni e ci buttiamo anche noi in danze tradizionali mostrando come gesto di solidarietà il simbolo di vittoria e scandendo slogan in italiano contro la repressione internazionale, riferendoci alla libertà politica di tutti i compagni incarcerati nel mondo.
Il concerto si avvia verso la sua fine senza mancare mai di emozionarmi; le ultime canzoni sono suonate dal gruppo in una bolgia di slogan politici ed un mare di pugni chiusi che sanciscono la fine del concerto ed un’altra serata di musica di militanza.
Mentre rientro verso l’albergo, ripenso ad ogni momento del concerto ed all’aria di relativa tranquillità che si respirava dentro a quell’arena e fuori. Rifletto sulla stranezza del vedere genti curde che hanno la possibilità di scandire slogan politici anche nella propria lingua, senza il benché minimo accenno d’intervento della polizia, oltre alla possibilità di presentare quel segno di vittoria che ha, in queste zone, un diretto riferimento alle battaglie per la libertà del popolo curdo.
Nonostante ciò vengo a sapere poco dopo che la posizione politica del Grup Yorum è andata a cambiare nel corso degli anni; da quanto mi è stato riferito, oltre ad un perenne appoggio al presidente siriano Assad, non si guarda più come un tempo alle battaglie politiche del popolo curdo. Le posizioni assunte dal gruppo hanno oggi uno spirito prettamente patriottico che segue la scia di alcuni gruppi dell’estrema sinistra marxista leninista turca.
Tornando alle considerazioni personali sul Kurdistan, non vorrei sembrare affrettato ma credo che dopo gli ultimi accordi tra il governo turco ed il Pkk, l’aria in queste zone sia alquanto cambiata a causa anche di alcune concessioni fatte dalla Turchia agli stessi curdi, atte a tenere placata ogni nuova spinta rivoluzionaria.
Mi siedo sul letto fumando l’ultima sigaretta della giornata, sorridendo alla splendida esperienza politica appena trascorsa, ripensando a quanto sia fondamentale nel fare politico quotidiano il sentimento internazionalista e la solidarietà d’oltre confine,
buonanotte Gaziantep