L’arrivo nel Kurdistan turco (parte prima), la città di Gaziantep ed il concerto del Grup Yorum
Arrivo nel kurdistan Turco dopo avere preso un bus per la città di Batman ed avere impiegato più di quattro ore a passare la frontiera con il Kurdistan Iracheno.
Dopo svariate ore di bus tra le pianure ed i monti, arriviamo di buona ora nella città di frontiera di Zakho, dove ci aspetta il passaggio di confine “Ibrahim Khalil ” che segna la fine del nostro giro in questo territorio.
Dopo una serie svariata di controlli del bagaglio e del passaporto, siamo fermati per avere insospettito alcuni funzionari di confine a causa di certi oggetti contenuti nei nostri bagagli.
Durante la nostra permanenza nel Kurdistan Iraniano, come offerta per ricordare le giornate passate insieme, la gentilissima famiglia curda ci ha donato due piccole miniature in roccia scura, riproduzioni di alcune splendide sculture di Persepoli.
Dopo varie osservazioni ed un fitto interrogatorio sugli oggetti rilevati, si comincia a credere che le due piccole riproduzioni siano pezzi di un museo dal valore inestimabile, portati dall’altra parte del confine per il contrabbando.
Grazie ad un’attenta valutazione dei pezzi, fatta di piccoli colpi dati con la testa sulla base della miniatura ed altre bizzarre operazioni di controllo del materiale, siamo liberi di lasciare il Kurdistan Iracheno con un nuovo timbro d’uscita apposto sui passaporti.
Entrando nel Kurdistan turco, la zona sembra essere alquanto militarizzata. Le torrette di controllo si sprecano ed il corso d’acqua che sembra dividere le due parti è perennemente controllato sulle due sponde dai rispettivi eserciti; la Syria dista qualche chilometro ed i confini tra gli stati turco, curdo e Siriano sono sottili quanto l’aria di tensione che si respira nella zona.
Entriamo in territorio turco sorvegliati da un’enorme bandiera nazionale che ricorda a chi arriva che quella zona non può essere più chiamata ufficialmente “Kurdistan”; superiamo i controlli della polizia di frontiera turca senza alcun problema e dopo più di quattro ore di check up e burocrazie varie, siamo finalmente in marcia verso la città di Batman dove cambieremo bus per dirigerci a Gaziantep o Mardin.
Alcune ore di guida, nel bel mezzo della notte e arriviamo a Batman, contrattiamo un posto su di un bus in direzione Gaziantep per meno di dodici lire a testa; l’odissea durata più di ventiquattrore sta per giungere al suo termine e finalmente dopo qualche ora di viaggio s’intravede in lontananza la città di Gaziantep con i suoi lunghi minareti tipici d’ogni zona passata sotto il dominio ottomano.
Giunti nella caotica stazione dei bus di Gaziantep optiamo per un mezzo pubblico locale verso il centro storico della città, tra un saluto e l’altro dei vari passeggeri che si alternano dentro al mezzo.
Passiamo tra zone altamente urbanizzate, caratterizzate da enormi palazzoni tipici delle aree popolari tra i quali svettano altissimi minareti bianchi e qualche roccia scura; il tragitto dalla stazione al centro storico non è dei più brevi e dopo più di venti minuti di lunghi viali e piccole strettoie incastonate tra svariate case, arriviamo nella zona antica della città.
Il primo impatto è sensazionale: la città si sta lentamente svegliando ed il bus si ferma non molto distante da uno dei più famosi bazar del centro; riconosco la tipica architettura ottomana, fatta di case dal colore bianco di due o tre piani con una parte superiore più sporgente spesso rimpinzata di legno. I vicoli circostanti al bazar s’abbracciano fastosamente l’un con l’altro, creando uno splendido labirinto di antiche case e moschee remote che s’inerpicano verso un alto imprecisato.
Cammino respirando quell’aria solita d’una città asiatica che lentamente riprende vita con i suoi colori, sapori e suoni che rendono ancora oggi unica una melodia ormai familiare; non riesco a smettere d’essere attratto dall’armonia d’un abitato che si sveglia, ogni città, villaggio, caseggiato nel quale arrivo all’alba continua ad essere per il mio spirito uno sprizzo d’eccitazione e commozione in un mare di gesti consueti.
Dopo una piccola pausa sigaretta, ci incamminiamo verso il primo albergo che troviamo girovagando per gli stretti vicoli; la giornata sembra partire con il piglio giusto: una camera con doccia per due per soli venti dollari, grazie Gaziantep! Posiamo i nostri bagagli e ci incamminiamo in una visita alla cieca di uno degli insediamenti umani più antichi del mondo. Passeggiamo dentro all’immenso parco che percorre la città in lungo e largo per diversi chilometri perdendosi poi nella parte alta della città tra graziose stradine, magnifiche moschee ed invitanti trattorie che ci rapiscono con i loro aromi.
A differenza di altre zone del Kurdistan, come immaginato, la città ha subito una forte “turchizzazione” che rende quasi invisibili le origini curde del centro abitato. E’ raro se non impossibile incontrare qualche richiamo alla cultura curda e la città è addobbata da un’eccessiva presenza di bandiere nazionali turche; probabilmente il tutto è dovuto al fatto di trovarsi in una grandissima città ed ogni mia considerazione sul colonialismo culturale è errata, ma la consistente influenza turca del territorio sembra esser riuscita nell’intento di voler distruggere qualsiasi riferimento al Kurdistan ed alla sua esistenza…continua