L’altro Mar Rosso
Berenice, Egitto. Un chiarore all’orizzonte annuncia l’alba.
Non resterò a letto un minuto di più. Oggi è il mio compleanno, è una giornata speciale.
Zaino sulle spalle, macchine fotografiche al collo, m’incammino per raggiungere l’area di mangrovie, distante qualche chilometro dal resort.
È piuttosto inusuale, in questa zona, trovare delle mangrovie. Queste piante crescono in aree salmastre, a cavallo tra il mare e la sabbia della battigia. Le loro radici sbucano dal terreno, proiettandosi verso l’alto, alla ricerca di ossigeno.
Quando l’acqua invade il mangrovieto, questo si trasforma in una nursery per avannotti di tutte le specie, ma oggi non è il pesce che cerco.
Da giorni sento parlare dei turisti, che sostengono di aver avvistato in questa zona, un’aquila gigante. Tutto è possibile, anche se temo si tratti della “balla del pescatore”. Magari l’aquila c’è, ma che raggiunga i due metri di apertura alare ho i miei dubbi!
C’è bassa marea, devo affrettare il passo, tra poco il sole farà capolino sulla linea dell’orizzonte e non voglio perderlo per nessun motivo al mondo.
Non c’è niente intorno a me, solo mare e sabbia. Piccole rocce sbucano qua e là, facendomi sbattere ogni volta l’alluce o il mignolo. Penserete che io sia un po’ tonta, può darsi, inizio a pensarlo anche io! Non voglio regalarmi un alluce rotto per il mio compleanno. Continuo a chiedermi per quale motivo non ho messo anche una torcia nello zaino.
Finalmente intravedo una massa scura: sono arrivata. Le mangrovie corrono lungo la linea di marea. Sono raggruppate a formare piccoli boschetti. Specchi d’acqua salmastra offrono rifugio a moltissimi uccelli. Grandi aironi bianchi sostano nell’acqua, sembrano dormire, ma non appena avvertono un rumore, volano via.
Stento a credere di essere in Mar Rosso, sembra di essere in un’oasi della LIPU.
Mi addentro nell’oasi, devo fare attenzione, in alcuni punti la sabbia è compatta e sostiene il mio peso, in altri, si trasforma in un fango puzzolente che ribolle, appena ci metti il piede sopra. Sono in ciabatte, avere il fango sino alle caviglie mi fa schifo, ma oramai ci sono dentro.
Finalmente rimetto piede su un terreno più solido, piazzo il cavalletto, preparo la macchina fotografica. Un magnifico rossore si spande nel cielo, il sole sta per sorgere, ho pochi istanti per misurare l’esposizione, e riprodurre in foto, il magnifico tripudio di colore che dipinge il cielo.
Dipingere con la luce, questo dovrebbe fare un fotografo! Devo riuscirci, non voglio toccare in post produzione la bellezza dei colori di questo cielo, che considero il mio regalo di compleanno.
Pochi minuti d’estasi e poi tutto si fa luce, caldo e puzza. Non posso credere di aver messo i piedi nudi in quella melma! Non tornerò per la stessa strada, a sinistra ho il mare, la marea sta salendo, potrei passare da lì.
Cammino nell’acqua, teleobiettivo montato in macchina, non mi sono dimenticata dell’aquila! Spero sempre di vederla planare sull’acqua in cerca di pesce.
Le gambe si sono fatte pesanti, mi siedo su un ramo d’albero, sono arrivata in una radura dove le tracce d’uomo sono pesanti: spazzatura, brandelli di reti da pesca, copertoni d’auto abbandonati. Recenti impronte di pneumatici sulla sabbia, qui c’è stato qualcuno! Come uno Sherlock Holmes in ciabatte e camicia hawaiana, mi metto a seguire la pista, mi sembra di girare in tondo, sino a sbattere contro un muro invisibile, la puzza onnipresente si è fatta insopportabile.
Mi volto nauseata, e poi li vedo: squali! Piccoli pinna bianca di barriera, mutilati, giacciono in un lago di sangue rappreso. Sono più piccoli di un metro, la bocca aperta, i denti in mostra. Quanta pena mi fanno. Cosa si può guadagnare da una pinna così piccola? Poco! Ma da tante pinne, a più di 500 euro al chilo, prezzo al dettaglio, probabilmente tanto!
Vorrei farmi i fatti miei, ma non posso restare indifferente. La caccia allo squalo è proibita in Mar Rosso. Mi sento in pericolo, i pescatori illegali potrebbero tornare.
M’incammino a passo spedito verso il resort, avrei preferito non vedere, ed ora che faccio? Li denuncio, ok , ma a chi? Non otterrò niente, lo so, ma di sicuro non me ne starò zitta.
Al diving tutto è pronto per l’immersione. Salgo in barca, meticolosamente preparo la macchina fotografica. Il mio silenzio non passa inosservato, tutti mi chiedono cosa mi turba. Ho ancora la nausea per quanto visto e annusato, troppo presto per parlare.
Sha’b Claudio Reef è sotto di noi. Ho fretta, voglio tuffarmi in acqua e lavare via quella sozzura che mi sento addosso. Ho bisogno di riflettere.
Il Reef di Sha’b Claudio, è un sistema di grotte, canyon e passaggi, scavati nella barriera dalla potenza del mare.
È una cattedrale che si sviluppa in modo quasi circolare. La luce che penetra dall’alto crea un’ atmosfere surreale, quasi mistica. L’edificio corallino è coperto da organismi incrostanti, la vita ci si aggrappa con tenacia. L’acqua è ferma nei tunnel, piacevolmente calda, vorrei non uscirne più.
Un passaggio conduce verso l’esterno, una finestra sul blu, ecco cosa sembra, mi affaccio, guardo e aspetto. Niente si muove. Eppure questo è posto di squali, o forse lo è stato.