L’eredità dell’illuminismo
Augusto Aureliani, stimatissimo fratello, già venerabile della loggia più antica della città, sta concludendo la sua tavola. Tema antico ma mai vecchio: la tolleranza. Ma in questo caso applicata alla globalizzazione. Non legge, parla. La mano destra sul petto, schiena dritta, gli ornamenti di rito posti con eleganza. Dopo avere esordito rifacendosi ai classici e all’idea di tolleranza così come ci è stata tramandata dall’illuminismo, il professor Aureliano, docente di filosofia ellenistica, esce dalle definizioni canoniche e si avventura lungo i sentieri del cambiamento.
E’ possibile, chiede in forma retorica, concepire la tolleranza come rispetto dell’altro, come accettazione della diversità e ancor più come disponibilità a con-fondere le esperienze, a proseguire nel progresso umano accettando nel proprio patrimonio culturale anche le culture che paiono le più lontane, nella convinzione che il percorso umano sia un continuo, pulsante respiro di agglomerati che si fanno giganti per poi esplodere in nuove diversità, come l’universo che implode e esplode ritmicamente per miliardi e miliardi di anni? E l’identità va comunque salvaguardata, oppure la tolleranza è l’unica vera identità degna dell’uomo che aspira a essere il dominus pensante e libero dell’universo? Il Grande Architetto, aggiunge, non ci ha fatto diversi per farci stare in cagnesco gli uni contro gli altri. La diversità è solo una componente di una lega ben più robusta, flessibile e lucente dei singoli materiali che la compongono. Quindi la tolleranza non è, nella globalizzazione, il semplice rispetto, non è la sopportazione pacifica, o l’insieme degli strumenti di integrazione. E’ qualcosa di più, di nuovo. E’ la grande occasione per creare davvero un uomo nuovo
Si è un po’ accaldato il professore. La fronte imperlata, ma è soddisfatto. Il venerabile si congratula per le parole pronunciate, la profondità del pensiero, e la molta materia messa a disposizione delle colonne per un dibattito fecondo. Che vede molta partecipazione. Le parole, come si addice in questi casi, sono sobrie e precedute sempre da un complimento per la tavola. Ma più di una fa seguire un <tuttavia> che pone dubbi sulla idealità appena esposta. Senza parlare di religione alcuni fanno notare i temi sollevati dall’Islam, oppure l’indispensabilità di salvaguardare la storia e lo spirito dell’Occidente non per senso di superiorità ma come memoria vivente di ciò che ha portato alla liberazione, in ogni senso, del genere umano. Il professore replica a tutti, con tono paziente e un po’ pedante.
La serata si conclude con le parole dell’oratore che però non brilla nella sintesi. Conclusi i lavori, molte strette di mano e quindi a casa. Il professore va di passo svelto verso l’automobile. Mugugna con se stesso.<Non hanno capito niente, non sanno neppure così sia la tolleranza. Ho parlato al vento. Non mi ci vedranno per un bel po’ a fare una tavola. Che parlino di quel che sanno. E’ intollerabile tanto vecchiume nell’idea di tolleranza>.