La sirena in un catino
“Sono fatta per la maggior parte d’acqua, e all’acqua voglio tornare“, questo sembra pensare guardando il mare da una terrazza a pochi passi dalla spiaggia. Basterebbero davvero solo pochi passi, ma non ce la fa. Ha le gambe pesanti che formicolano per il maledetto vizio di mantenerle accavallate. Gli impegni che la opprimono, le scadenze che premono, il telefono che continua a squillare. Ha la gola arsa: dovrebbe bere almeno due litri d’acqua al giorno, ma non vuole, il rifiuto inconscio è inspiegabile, quasi autolesionista.
Fuggire, librarsi senza peso nel blu sconfinato del mare.
Scansa la seggiola su cui è seduta, inciampa e cade: la metamorfosi è completa. Una lunga pinna atrofizzata sbatte a terra come per nuotare, la gola che brucia, le branchie si aprono e chiudono chiedendo una sola cosa: acqua.
Una sirena in un catino ecco che cosa è diventata. Lontana dal mare, dalla sua casa natia, legata alla terra solo per amore, perché lui mai lascerà il suo vissuto alle spalle per seguirla sino in fondo al blu.
Chiude gli occhi stanca, una lacrima salata le segna il bel viso: sogna di giardini di corallo, sogna di casa sua. Assapora ogni visione scivolando nel sonno che lenisce la sua sofferenza.
Sente di nuovo l’acqua idratarle la pelle. Un fiotto di ossigeno puro rinvigorisce le viscere. Nuotare libera senza peso, tutto ciò che desiderava sembra diventare realtà. Come un angelo sorvola praterie marine, canyon, montagne e giardini di corallo, senza la paura di cadere, sulla terra ferma soffre di vertigini.
Il rumore ovattato delle onde che corrono sulla superficie del mare sono come balsamo per l’anima, può solo dimenticare la fontanella “zen” che allevia la noia delle lunghe sedute di lavoro al computer: i paesaggi marini preferisce viverli piuttosto che guardarli su di uno schermo, anche se è stata lei stessa a catturarli in foto.
Pinneggiare: una necessità irrefrenabile, per troppo tempo se n’è privata, è come un bambino che è stato a lungo costretto in un banco di scuola.
All’ombra di una torre di corallo riposa all’occorrenza. Se ne sta ferma lì ad osservare i colori dei mille organismi marini che formano un’utopica comunità. Ognuno il suo ruolo, nel bene e nel male. Un organismo perfetto di cui lei finalmente sente di far parte.
Alza gli occhi verso la superficie, il sole filtra in mille raggi di luce. Una barca è all’ormeggio: lui è arrivato.
Un dolce tocco sulla spalla, sbatte gli occhi per abituarli alla luce, un viso familiare le sorride, ancora non sa se ha sognato o era tutto vero.
Lui la abbraccia e le domanda: “immersione?” , è come se l’avesse chiesta in moglie una seconda volta.
Lei gli sorride con gli occhi, con il cuore, e risponde : “ sì, per sempre!“