Aspettando che fioriscano i ciliegi
In Giappone vengono attesi e festeggiati in una maniera che a me ricorda la nascita di Gesù Bambino a Natale nella nostra religiosissima Italia. Eppure i sakura, fiori di ciliegio, fioriscono anche a Roma, al laghetto dell’Eur. Così si può andarli ad ammirare paganamente, semplicemente per vedere come è bello quando i raggi di sole vanno a sbatterci contro. Ci sono stata già due volte: una domenica ed un lunedì. Nel weekend è stato difficile trovare un angolino per appostarsi, tanti erano i gruppi stesi sull’erba. I sakura fioriscono per poco tempo ed è uno spettacolo che val la pena non perdere. Qualcuno mi ha sottolineato la presunta stupidità di trasformare in rituale la fioritura di un ciliegio. Io invece l’ho trovata una cosa così bella che festeggerei quella di ogni singolo fiore. Attendo le zagare per andare al Giardino degli Aranci, a breve avrò la fortuna di trovarmi in terra di tulipani, proprio nel periodo della loro massima fioritura. Chi lo trova un rito privo di senso – quale rito poi ha davvero un senso oggettivo, al di fuori del lato estetico e della coesione interne di un gruppo? – dovrebbe provare sulla propria pelle l’esperienza totale di un fiore che sboccia. Non voglio citare Théophile Gautier che cantava la bella inutilità dei fiori rispetto alla brutta utilità delle latrine, ma semplicemente dire che una cosa si può affiancare all’altra perché i fiori non sono inutili, perché anch’essi, regalando bellezza, nutrono l’anima, non meno importante del corpo. Che poi, ci terrei a sottolinearlo al defunto Gautier ovunque egli si trovi, i fiori nutrono anche una grande parte di esseri viventi alla quale forse lui non pensava, ma senza la quale anche la nostra vita sarebbe diversa. Il mondo è una cosa più equilibrata e funzionale di quanto lo scrittore francese credesse, troppo preso a cantare l’arte per l’arte, snobbando forse la vita per la vita, il mondo per il mondo, la bellezza per la bellezza anche al di fuori delle opere d’arte, degli artefatti, dell’artificiale creazione. Tutto è – può essere, comunque – utile, e se è bello è anche meglio, e la contemplazione del bello fa bene all’anima. Soprattutto, non è utile solo ciò che si rivela funzionale sul presente, non è inutile ciò che non si presta all’uso immediato, non è inutile il bello. Sono definizioni da rivedere grandemente, a mio modesto parere. Definizioni che io per prima ho dovuto rivedere nel corso dei miei pochi anni di vita post-adolescenziale. Io che mi preoccupavo di cercare l’utilità in tutto e mi crucciavo se mi sorprendevo ad ammirare qualcosa che utile non mi sembrava affatto, io che moralizzavo sull’attuazione di qualsiasi cosa mi sembrasse inutile, io che sindacavo qua e là. Di questo parlerò poi, in un bel post di autocritica di una vecchia me, che forse partiva facendo propria la scissione di Gautier fra bello e utile, senza capire che in fondo le due cose possono fondersi in una sola e che il bianco e il nero sono chiamati l’uno verso l’altro da infinite sfumature. Intanto viva i sakura in fiore – in Giappone, all’Eur, ovunque – e chi li va ad onorare brindandogli affianco, viva la primavera che arriva e le stagioni che la seguiranno, viva la vita varia e chi quelle varietà decide di guardarle, assaporarle, chi si lascia stupire da esse. Non me ne vogliano gli amanti di Gautier.