C’è chi vuole una NONNA e chi preferisce una NANNY
Chiunque abbia avuto in destino quello di dover aver cura di un numero di pargoli fuori dagli standard canonici, deve mettere in conto di doversi scontrare contro una serie di problematiche che le famiglie mono figlio non affronteranno mai. Se si volesse sintetizzare il tutto dentro uno slogan si potrebbe dire che l’Italia “Non è un Paese per famiglie numerose”.
Nel mondo anglosassone esiste un’attenzione particolare nei confronti di questa categoria, che è lì molto più grande di quanto non succeda nel Belpaese. I famosi “pacchetti Famiglia” da noi sono ancora rari e in genere limitati al massimo a chi ha due figlie. Già la terza mette in crisi coloro che li propongono. Figuriamoci quattro. E sto parlando di entrate a musei come a parchi di divertimento. La moltiplicazione dei prezzi scatta quasi sempre senza scampo e non si riesce quasi mai a convincere il gestore miope a cambiare atteggiamento.
Quando poi i figli non sono ancora del tutto autosufficienti, le variabili “contro” aumentano in maniera esponenziale. La struttura della nostra società presenta alcune storture che si fa davvero difficoltà a comprendere.
Un esempio? La scuola a tempo pieno.
In teoria un’idea geniale, che non esisteva ai tempi della generazione dei baby-boomers alla quale mi glorio appartenere, ma che nella pratica diventa un altro pasticcio all’italiana. Le famiglie che ci iscrivono i propri figli, infatti, in genere lo fanno perché entrambi i genitori lavorano ed è indispensabile ottimizzare i tempi.
L’inghippo nasce quando scopri che gli studenti vengono rilasciati tutti i giorni alle 16,15.
Alle 16, 15.
mi ero armato delle migliori intenzioni. Avevo persino promesso di non bestemmiare più
Sto ancora cercando di capire chi è lo scienziato che ha deciso una cosa del genere. Siamo punto e a capo. Qualunque persona lavori è impossibilitata ad andare a riprenderli. E occorre una mano. Un cuscinetto da frapporre tra te e le inefficienze del sistema.
La cultura italiana per risolvere i suoi problemi atavici, tramanda da secoli la cultura della Nonna. Nell’iconografia classica essa è rappresentata da una vecchina dolce e simpatica, dai modi affabili, sempre pronta a farsi in quattro per venire incontro a tutti. Gentile e premurosa, non mangia nemmeno i biscotti del Mulino Bianco. Li fa direttamente lei. E negli spot televisivi ogni volta che si muove c’è sempre una musichina celestiale in sottofondo.
Io, però, quella là, non l’ho mica mai vista.
La nonna è, infatti, sempre e comunque prima di tutto una suocera.
Una delle più grandi rompicoglioni che si siano mai materializzate nella vita di un essere umano, più o meno senziente.
Obbligato da una società che ti impone di avere per forza un aiuto esterno, ho chiesto alla nonna delle mie figlie di venire a stare un po’ da noi per poter riuscire a mandare avanti la baracca. Pur sapendo che rinunciavo a un pezzo della mia sovranità, mi ero armato delle migliori intenzioni. Avevo persino promesso di non bestemmiare più.
E’ durata una settimana.
Poi l’ho cacciata a calci in culo rimandandola da dove era venuta per manifesta inettitudine e indegnità morale. Inutile sottolineare che l’ho anche ben insultata come solo un “camallo” nell’animo come me può riuscire a fare.
La goduria però è durata poco. Il problema che era sotteso era ancora là ad assillarci.
E allora mi è venuto il colpo di genio: entrare nel mondo delle “au pair”.
Le ragazze alla pari. O come amano chiamarle gli anglosassoni, le “Nanny”.
L’idea anche qua è così meravigliosa che forse solo uno come Cesare Ragazzi poteva averla in testa. Una specie di “Do ut des” versione moderna. Lavoro in cambio di vitto e alloggio. Un bagno di cultura straniera per far crescere le tue figlie e fargli imparare il valore della diversità, ricambiando il favore alle generose adolescenti disposte a imparare la nostra.
La musica degli angeli che sentite in questo momento in sottofondo è quella che ho percepito anche io.
Per un po’.
Poi è arrivata la realtà.
La goduria però è durata poco perché il problema che mi aveva portato a cercarla era ancora là ad assillarci.
Tutti queste complicazioni e non è nemmeno arrivata.
E tu, ancora non lo sai, ma può anche peggiorare.
Perché capita anche che (cioè mi è capitato..) :
1) Tempo una settimana ti dica: “scusa mi sono sbagliata, questa cosa non fa per me”. E se ne vada senza preavviso lasciandoti di nuovo nelle peste;
2) Le tue figlie la odino perché passa tutto il tempo su skype con il fidanzato che le manca tanto;
3) Si perda su un bus della tua città contemporaneamente ad avere il cellulare spento e sei costretto a cercarla con la Polizia alla quale hai denunciato il rapimento;
4) S’innamori d’un italiano e ci faccia “petting” vicino alle bambine che poi ti chiedono che cosa significava;
5) Mangi per tre, facendo piazza pulita di tutto ciò che tenevi gelosamente in frigorifero e nella dispensa. Per cui torni a casa con la voglia di qualcosa che non trovi più.
Di fronte a tutto questo come ho risolto?
E’ stato molto difficile, lo ammetto.
Non pensavo che sarebbe mai potuto succedere.
Eppure dall’analisi costi-benefici è stata la soluzione più razionale.
Ho richiamato (piagnucolando) la vecchia.
Si, insomma, la strega di Cenerentola.
«Ti prego, nonnina, torna. Scusami tanto se ti ho vilipesa. Ti giuro che non pensavo tutte quelle brutte cose che ti ho detto»
«Sei uno stronzo lo sai vero?»
«I know. I know. Sacce tutto quanto»