Il Kurdistan iracheno, la città di Erbil (Hewler) ed i dintorni
Il viaggio tra il confine iracheno-iraniano e la città di Hewler sarà un’odissea tra temporali e panorami mozzafiato, affrontando impervi passi di montagna ed immense pianure attorniate da splendide alture innevate.
Tra un piccolo villaggio e l’altro il bus ferma la sua corsa in mezzo ad una gola cinta da ripidissimi pendii rocciosi che costituiscono uno splendido canyon dal fascino inconsueto.
Esco dal bus e mi guardo intorno, sedendomi a fumare una sigaretta sul lato della strada, osservando in silenzio lo scorrere di un piccolo corso d’acqua e ascoltando il suono della natura incontaminata che mi circonda. Le piccole chaykanè poste sui lati della strada sono presto invase dall’acqua che scende dalle cascate dei pendii circostanti, data la pioggia battente che ha colpito la zona per svariati giorni, così la possibilità di poter mangiare qualcosa è bruscamente interrotta e si dovrà aspettare la prossima fermata per potersi rifocillare.
Superiamo l’ennesimo incantevole passo di montagna tra piccoli caseggiati arroccati sulle pareti montuose; mi guardo attentamente intorno e noto che nella zona spiccano su gran parte delle abitazioni le bandiere del partito democratico curdo, il PDK, in perenne guerra con l’altro storico partito curdo, l’ UPK che vede il suo presidente essere la guida odierna dell’intero Iraq.
Le mie riflessioni vertono principalmente sulla considerazione che i militanti politici della zona possono avere delPKK, dati i rapporti altalenanti occorsi nella storia tra il PDK ed il movimento del Kurdistan turco, immaginando che tra i più alti ranghi del partito democratico non vi sia questa grande simpatia per le modalità di battaglia e l’ideologia di fondo portata avanti dal PKK.
Di contro, grazie alle spiegazioni di un ragazzo sul bus, scopro che le fasce di popolazione più povere ed i lavoratori del Kurdistan Iracheno vedono ancora oggi di buon occhio le aspirazioni di lotta del PKK, alla luce anche degli ultimi tristi avvenimenti repressivi condotti dalla Turchia e dall’Iran lungo i confini con l’Iraq, respinti con un’intensa attività di resistenza dal PKK e dal PJAK iraniano.
Il bus prosegue la sua marcia superando il passo di montagna ed inoltrandosi dopo pochi chilometri di pianura su di altre alture che spaziano intorno alla città di Hewler.
Qua inizia la periferia della città e l’impatto visivo non è dei migliori; dopo la fine della guerra con l’Iraq sono stati costruiti un’innumerevole serie di alberghi e villette per la ricca borghesia nazionale, dando al territorio l’aspetto di una terribile enclave americana in terra curda.
Come spiegato da un anziano signore curdo incontrato in una delle pause del bus durante il tragitto, dell’osannata ricostruzione a stelle e strisce ne ha tratto beneficio solamente la vecchia borghesia irachena; per la classe lavoratrice e le fasce sociali più povere non è cambiato niente e si continua a soffrire: i poveri rimangono i poveri e la loro situazione peggiora, mentre la borghesia e le ricche compagnie straniere eran ricche prima della guerra ed oggi lo sono ancora di più, grazie al sangue versato dagli oppressi.
Dopo qualche piccolo controllo di routine prima di entrare nella città, il bus si ferma in un’anonima via cittadina distante probabilmente qualche chilometro dalla Qala, l’antica cittadella centro della città.
Decidiamo di proseguire a piedi seguendo l’andamento della via, incontrando negozi dei marchi internazionali più famosi e hotel sfarzosi e pacchiani. La libertà a stelle e strisce non ha evidentemente ancora impiantato nella colonia curda uffici bancari dotati di ATM o cambia valute, che mai come in questo difficile momento del viaggio avrei voluto trovare.
La stanchezza ci taglia le gambe, sino a che dopo due chilometri circa di scarpinata un cartello indica la direzione per la Qala, senza però mostrare la distanza in chilometri; proseguiamo dritto per altri due e finalmente davanti ai nostri occhi si erige l’immensa fortezza, simbolo della città di Hewler.
Camminiamo verso di essa e ci inoltriamo nella zona popolare e povera della città, tra case semi distrutte e piccole botteghe chiuse per l’ora tarda, notando l’evidentissima differenza con l’anonima via cittadina incontrata qualche chilometro addietro; proseguiamo lungo la fortezza per qualche metro e finalmente si apre davanti a noi la piazza centrale con la sua fontana principale e la ricchezza di luci.
Il primo impatto con la parte della città antica non è dei più negativi, la fortezza nella sua maestosità possiede quell’area solenne che colpisce lo sguardo e l’elegante moschea posta all’angolo della piazza mi rapisce per il suo fascino antico con lo svettare del suo minareto ottomano tra i portici costruiti sui lati della piazza.
Sotto i portici, costruiti lungo i due accessi a differenti bazar, una serie di graziose chaykanè vendono dell’ottimo tè e della qalyan che con i suoi profumi m’inebria i sensi, lasciandomi rilassare per un attimo su di una panchina della piazza.
Ma non c’è tempo per rilassarsi troppo, siamo senza alcuna banconota irachena e con soli venticinque dollari tra le mani; dobbiamo cercare in fretta un albergo che abbia un prezzo del genere per potersi riposare e trovare un cambia valute in nero che possa scambiarci i venti euro che mi rimangono dall’inizio del viaggio.
Riusciamo a trovare un albergo economico proprio su di un angolo della piazza che grazie alla gentilezza del padrone ci fornirà un anticipo di trenta dollari da restituire alla nostra partenza per mangiare qualcosa e riprendere un po’ di energia prima di andare a dormire; ancora una volta rimango stupito della cordialità delle genti curde che ormai durante quest’ultimo viaggio, per muoversi, si è dimostrata provvidenziale in diverse occasioni.
Ci fermiamo a mangiare in una piccola locanda non troppo distante dalla piazza e veniamo truffati miseramente, pagando due kebab e due bibite gassate più di otto dollari; siamo stanchi e non abbiamo voglia di fermarci a discutere con il proprietario del locale, così dopo un piccolo confronto sul prezzo paghiamo e ce ne andiamo stizziti.
La piazza la sera è ricca di vita e di famiglie che si siedono per un gelato o per un tè all’aperto dopo una giornata di caldo afoso; passeggiamo sotto i portici e decidiamo di fermarci in una piccola chaykanè assaporando una gustosissima qalyan alla mela accompagnata dal consueto chay serale a meno di cinque dollari in due.