Corso di formazione viaggiatori
È ufficiale: se l’amministratore delegato di Trenitalia Dott. Prof. Ing. Arch. Avv. Mons Moretti si dovesse dimettere per riduzione del suo già esiguo stipendio di 872.000,00 euri e rotti, io sarei la candidata ideale per sostituirlo, anche per la metà dei soldi ma neanche un euro in meno.
Non posso certo far precipitare il mio tenore di vita ad appena tre iòt e vacanze solo sette volte l’anno e sempre alle Auai! Eh no eh!
Comunque di questi dettagli ne parleremo in sede contrattuale. Torniamo a noi. Dicevo: sarei la candidata ideale perché questo sarà l’ennesimo insardevole nato da un’esperienza vissuta viaggiando; perché mentre Moretti vive di treni io vivo sui treni. E questa differenza fa la differenza (scusate, nel frattempo preparo le frasi ad effetto per la campagna elettorale. Perché pare che in Italia tutte le cariche vengano attribuite per elezioni, fuorché il Governo. E mi sembra pure giusto. Mica il popolo è scemo che elegge chi deve comandarlo!).
mentre Moretti vive di treni io vivo sui treni
“È tachscrin?”
“Mio marito?”
“Ah no scusa, quando hai detto “stupendo” ho creduto ti riferissi al cellulare. Dunque è tach?”
“Non saprei, beh sì, un po’ tach è, nel senso che toccare mi tocca, ma che c’entra?’
“Ma no ma io mi riferivo al cellulare”
“Ma io ti sto parlando di mio marito. È stupendo perché è sempre romanticissimo. Mi porta i fiori tutte le domeniche. Sia a me che a sua madre”.
“Ecco vedi? Lo sapevo. Tutti mammoni. Perché deve trattarti come tratta la madre? E perché questa deve stare in mezzo?”
“Non sta in mezzo, glieli porta al cimitero. Quindi questa sta abbastanza in disparte mi sembra”.
“Oh mi spiace scusa. E quando è morta?”
“Quarant’anni fa!”
“Oh povera! Quindi ancora prima che tuo marito nascesse?”
“Mio marito ha quarantasei anni. E comunque sì”…
Comunque sì? Ma come comunque sì!? Qui le cose cambiano in fretta e i corsi di aggiornamento sono sempre meno efficaci: che io sappia (ma è chiaro che le mie conoscenze risalgano al Medioevo) si può morire durante il parto, e si può morire subito dopo, e si può morire anche molto dopo, ma come si può morire sei anni prima? Mentre mi arrovellavo su quei concetti avveniristici e tentavo di mettere a fuoco gli ultimi articoli di ingegneria genetica letti su Novella 2000, ecco che, con una tempistica che mai fu più sbagliata, il bagno si liberò ed io fui costretta a precipitarmici dentro (costretta, a onor del vero, più da una vescica oramai a forma di borraccia da trecching che dalla necessità etico-sociale di rispettare la fila).
Quei minuti in bagno furono però fatali, ché all’uscita le due ferventi filosofe del tacchino in umido avevano malauguratamente cambiato argomento. Con fare furtivo e guardingo finsi di allacciare le scarpe per poter sostare ancora qualche istante vicino alle due creature per capire se erano davvero donne o piuttosto dei nuovi modellini Android usati per simulare i clienti Trenitalia della nuova gestione Insardà!
Ma mentre ero lì in ginocchio ferma, con le orecchie tese per cercare di capire, ecco che con grande premura la nuora della defunta signora dal fantascientifico parto post-mortem, mi chiede: “si sente bene?“.
L’ansia mi colse! Tanto che io non capìì “si sente bene?” bensì “ci sente bene?”, intuendo quindi una sorta di ironico stizzimento per il fatto che stessi insistendo ad ascoltare le loro narrazioni nuar.
Per dissimulare l’imbarazzo dell’essere stata scoperta, e soprattutto per prendere tempo e preparare la controffensiva, replicai molto genericamente. Dissi: “In che senso?“…
“Come in che senso? E lì in ginocchio… mi domandavo se avesse bisogno di aiuto”. Allora io guardai le scarpe per indicare che stavo per allacciarle, ma prima di proferir parola mi bloccai con un singulto sinistro, ché l’occhio arrivò prima della parola e vide, piuttosto che le scarpe, un paio di stivali, non già quelli con le cerniere (da usare come alibi in luogo dei lacci) ma quelli a incastro, quelli che inserisci dall’alto con spinte violente e ripetute, quelli che metti da sola e togli solo in compagnia di amici palestrati.
Lì per lì sudai freddo ché la scusa dei lacci era da escludere e, non avendo un piano bi, mi appigliai alle lezioni di improvvisazione prese quindici anni prima al corso per attori: “È mezzogiorno! È l’ora della Madonna“. Ci guardammo per un attimo sospesi tra il mistico e il trascendente, ma la comprensione non ci lambì. Io non sapevo più come venirne fuori, lei si domandava com’era possibile che ci fosse entrata. Allora con un’ovvietà degna del signor de Lapalisse ripresi: “Mi sono un attimo genuflessa. Mi serve sia per render lode a Dio che per fare streccing. Grazie per l’interessamento“.
Mi alzai con sussiego e alterigia, borbottai qualcosa di incomprensibile che terminai con un vaghissimo “alleluia“, feci il segno della croce e mi avviai per il mio destino (che certo non sarà l’amministrazione di Trenitalia, non ce la potrei fare! Il treno imbarca chiunque, a prescindere da credenziali, competenze e corsi di formazione viaggiatori! E Moretti si merita quello stipendio ed ha tutta la mia stima e solidarietà).