La comodità dello scrivere
Scrivere… Si fa un gran parlare, nel mondo letterario, dei tanti (troppi?) sedicenti scrittori che oggi rovesciano sulle scrivanie degli editori tonnellate di materiale non sempre eccelso, il più delle volte normale, cioè banale, talora proprio infame. Sembra che sia scoppiata l’epidemia della scrittura. Ma non è che accada anche perché scrivere è diventato semplicemente più comodo?
Io scrivo da tempi non sospetti; i miei primi compitini a scuola erano già quasi dei racconti. E quando ho cominciato a scrivere racconti che potessero chiamarsi tali, a partire dai quattordici anni o giù di lì, li scrivevo a mano. Salvo, ad un certo punto, scoprire la macchina da scrivere del nonno, quella, si fa per dire, portatile.
Caspita, una gran comodità! Credo che fosse una Olivetti, certo, che altro… a quei tempi mica c’era una gran concorrenza. Uno strumento già abbastanza vecchietto peraltro, eppure mi sembrava il massimo della modernità. Mi consentiva infatti di rendere leggibili i miei scritti, mi dava l’illusione del libro stampato. Eppure non potevo neanche scegliere il carattere. Era quello a basta. Qualcosa di simile al Courier new del programma Word dei nostri comuni pc, tanto per capirsi.
Il meccanismo della macchina per scrivere era semplice: all’interno un nastro bicolore intriso d’inchiostro, rosso e nero, che ogni volta che si pigiava sulla tastiera procedeva avvolgendosi su se stesso. Ad ogni tasto corrispondeva una lettera, più o meno. Mancavano il numero 1 e lo zero, che tanto le lettere dell’alfabeto supplivano tranquillamente. In compenso qualcuno dei tasti era fornito di due caratteri; per scegliere quello superiore bisognava tenere premuto un certo tasto che serviva anche per scrivere le lettere maiuscole. Che magia!
Naturalmente l’ordine delle lettere sulla tastiera non era quello dell’alfabeto. Per me che scrivevo con un solo dito indice, il destro, quella s
trana disposizione era incomprensibile. Non era più semplice mettere la A prima della B e a seguire? Solo qualche tempo dopo ho capito che la disposizione di tutte e dieci le dita delle mani sulla tastiera era un obbligo della scuola di dattilografia e aveva un senso. Dieci dita… come suonare un pianoforte. E alla stregua di un pianoforte la macchina da scrivere del nonno suonava e dava il ritmo alle parole che nascevano: tic, tic, tic, tic-tic. Cosa fantastica: non esisteva il formato “giustificato”, quando finiva il rigo mettevi un trattino se la parola non ci stava, lì dove finiva, rispettando le sillabe, e andavi accapo con l’apposita levetta. Alla fine ne veniva fuori un che di artistico, non è che somigliasse poi tanto alla pagina di un libro.
Con l’esperienza poi ho cominciato a usare anche l’indice sinistro, che però aveva meno forza e sbagliava spesso.
gli errori erano tanti… Non è che si cancellassero senza lasciare traccia, come oggi se scrivi al pc… Con la macchina da scrivere ciò che era scritto restava
A volte cancellavo con delle grosse X maiuscole e riscrivevo. Così il testo sembrava uno di quei documenti da controspionaggio secretati, censurati, pieni di omissis, di certo impresentabili. Poi, evoluzione delle evoluzioni, ho scoperto la carta che cancellava. Una striscia di carta bianca che posta sulla lettera sbagliata, e martellata dal tasto con la stessa lettera, cancellava l’inchiostro dal foglio. Poi bastava riscriverci sopra quella giusta e il gioco era fatto.
Insomma.
C’era del lavoro, scrivere richiedeva un sacco di tempo.
E se nel frattempo la pagina scritta non mi piaceva più, perché ci vedevo delle modifiche da fare, non restava che correggere a penna e poi riscrivere TUTTO il testo daccapo. Ma vuoi mettere? Alla fine era tutto chiaro, le parole erano STAMPATE, o quasi, e il risultato, che finiva regolarmente nel cassetto, mi emozionava.
Avendo restituito la macchina da scrivere al nonno, per molti anni il rito scrivi-cancella-correggi non l’ho più eseguito. I miei scritti restavano figli della penna, in genere su quadernoni da computisteria. Poi di colpo arriva un regalo: una macchina da scrivere tutta per me, nuova nuova, con tanto di custodia per portare a spasso il suo dolce peso!
non è che oggi ci sono tanti scrittori solo perché scrivere è più comodo?
Figuriamoci adesso che siamo nella fantascienza: il pc, o il tablet, o qualsiasi altra diavoleria, scrive per te sotto dettatura, riconoscimento vocale si chiama, altro che indici, destro e sinistro. Fatica zero, basta solo schiarirsi la voce e il lavoro sporco lo fa lui. Io, per la cronaca, nell’usare la tastiera del pc sono passata da due a quattro dita; anche la mia è un’evoluzione.
Per questo mi chiedo: non è che oggi ci sono tanti scrittori solo perché scrivere è più comodo?
Però vabbè, sarà più facile, ma vuoi mettere pennino e calamaio?