L’inverno sul proscenio. Slava Snowshow, ritornerete bambini
Nell’approcciarsi a descrivere Slava Snowshow si ha solo la certezza di non poterci riuscire, a meno di non farne una cronaca minuziosa, mettendo al bando le sensazioni. Volendole invece considerare, non si potrà che riferire cos’è stato Slava ai personalissimi occhi d’uno spettatore soltanto.
Un mondo a metà strada tra il suburbano e il fiabesco, popolato da strani esseri, insieme buffi e inquietanti, zombie eppure anche clown, malinconici come Pierrot, giocosi come Larible, paradossali come Dalì. Su questa scena insisteranno i repertori più classici del genere circense, il buffo e il burlesco, il comico e lo spettacolare, ma declinati in una chiave così introspettiva e unica da sembrare visti per la prima volta.
Lo snowshow è un inno alla neve e alle intemperie, ma di glaciale in esso ci saranno solo gli elementi; il resto è poesia e dolcezza, struggente malinconia e, soprattutto, sorpresa.
Snowshow è sorprendente, nello svolgersi della trama e nel finale, nelle scelte coreografiche, nelle disposizioni di genere, e sono tali e tante le sorprese che a svelarvele si sentirebbe d’avervi tolto qualcosa.
Quel che è possibile anticipare è che Slava coinvolge il pubblico come non s’è mai visto prima, e non si tratta del solito cabarettista che sceglie a casaccio il compare in platea per farsene beffe trascinandolo sul palco. Slava riesce a far ben altro; riesce a risvegliare i bambini, tutti i bambini che sono dentro tutti noi. Quando ci andrete, se ci andrete, guardatevi intorno, e ripensate a queste parole. Cosa vedete? Signore attempate, omoni distinti, le solite personcine perbene che compongono il pubblico classico del teatro. Ripensate a queste parole: dieci minuti dieci e tutte queste persone scompariranno; dieci minuti dieci e intorno vedrete soltanto bambini, ridanciani e chiassosi.
Il fatto è che il pubblico, alle prime battute, crede di sapere cosa l’attende. C’è un clown, ma non sarà il solito pagliaccio. Anche se porta le solite scarpe lunghe, anche se i suoi pantaloni scendono giù per il cavallo in modo così classico, anche se ha il nasone rotondo. Minuto dopo minuto, Slava vi sorprenderà, e vi ritroverete nello spettacolo senza sapere come sia successo, a ridere delle gag più banali e ubbidire ai suoi ordini come ragazzini, meravigliati, ipnotizzati, trasportati nel suo mondo fatto di fiaba, d’innocenza e d’incanto.
Se mai a teatro – genere anche talvolta noioso per carità – v’è capitato in precedenza di meravigliarvi, v’assicuro, a costo di rimborsarvi il biglietto, che non avete visto ancora nulla.
SLAVA’S SNOWSHOW
di Slava Polunin
Napoli, teatro Bellini, fino al 23 marzo 2014
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