Road tripping Australia: la strada insegna…
Eravamo rimasti ad Alice Springs, quel luogo dimenticato dal Divino che ci aveva fatti scappare a gambe (o ruote) levate per non vederci bruciare assieme a tutta la macchina a noleggio in un qualche parcheggio buio dove avremmo dovuto passare la notte. Niente paura! Ci mettiamo su strada di nuovo e ci fermiamo in una rest area a lato della carreggiata, dato che qui in Ozzie promuovono la pausa ristoro-pisolino ogni tot chilometri, ben coscienti delle lunghe tratte da percorrere, parecchie in mezzo al nulla. A differenza dell’Italia, se dormi in macchina per riposare durante un lungo viaggio, non vieni multato.
Pausa di riflessione. La strada insegna tanto. Ti mette di fronte a problematiche di ogni tipo mettendo alla prova la tua capacità di reazione. Qui in particolar modo ti è amica tanto quanto ti è nemica. Di giorno sembra non finire mai, riesci a vederla talmente distante a volte, quando scorre dritta davanti a te, da vedere il punto in cui convergono le linee dei due lati. Di notte, senza luci, se non quelle dei fari della tua macchina, è il tuo incubo. Ma anche il tuo rifugio.
Lasciando che i numeri del contachilometri aumentassero, io e il mio team abbiamo proseguito per il road trip australiano contando principalmente sul nostro mezzo di locomozione. Guai ad investire un canguro o qualsiasi altro animale. Primo perché io ci starei male una vita intera, secondo perché sfasceremmo l’automobile e sono quasi sicura che ai gentil signori dell’autonoleggio non faremmo cosa gradita. Più e più volte di notte i canguri ti compaiono sul ciglio prima a destra, poi a sinistra, ed impauriti scappano, a volte allontanandosi, altre piombando proprio sulla tua corsia con i loro saltelli veloci ma pesanti. Si rallenta, ci si blocca con gli occhi sbarrati sperando di non sentire il “tun” di conferma investimento. A noi, non è successo. Ad altri sì, ecco perché a fare il giro di mezza Australia, abbiamo rinominato le vie dell’ Outback come “le strade della morte” con canguri e carcasse di altri animali disposte a zigzag sui fianchi della strada.
La strada che ti porta all’Uluru, la roccia sacra degli Aborigeni, posta sulla terra che prima è stata rubata, poi “affittata” poiché restituita – e per novantanove anni il governo australiano pagherà l’affitto alle tribù locali per l’usufrutto dei locali turistici e parchi naturali – è diversa. E’ selvaggia. Poi vedi RoadHouse e stazioni di servizio “da deserto”, ricolme di persone aborigene che, vestite all’occidentale, si ammazzano di birra in lattina e fumano chissà cosa. Ho un “vago” ricordo di scene simili riportate dall’altra parte del mondo, solo che quest’ultimi autoctoni sono finiti a suonare per le strade del mondo con le piume in testa e a comprare casinò con il denaro dei risarcimenti ottenuti per essere stati derubati, depredati e decimati, rinchiusi in riserve. Mah. Qui però se vai alla Posta trovi il messaggio “noi sosteniamo la cultura aborigena come reale radice della nostra terra”. Ma… ma… no dai non mi esprimo. Meglio così.
All’Uluru la strada ti sfida a guardarti intorno senza inciampare in qualche guaio, a lasciar passare lucertole, dingo con cucciolo a seguito, e altri canguri, ancora canguri. A lasciare attraversare alcune mucche, che con passo lento non si pongono nemmeno il problema delle vetture in arrivo, e fanno bene. La terra è loro, e ci fanno un po’ quello che pare a loro. Capita però, ahimè, di trovare anche qualche vitellino o proprio mucca matura a lato di queste strade assassine. Ma perché certa gente semplicemente non frena? Vai a sapere. Dopo ore ed ore passate a spingere il pedale dell’acceleratore della macchina a cambio automatico (ma neanche tanto faticosamente grazie all’ausilio della funzione cruise, dove imposti la velocità e la macchina praticamente corre da sola!), dopo laghi salati ormai asciutti che lasciano spiazzi di sabbia bianca creando scene e paesaggi memorabili, cittadine-porti di mare ed Adelaide di sfuggita, giungiamo nuovamente sulla Great Ocean Road. Perché a volte, le strade, si ripercorrono. Anche solo per vedere se, con punti di vista e prospettive diverse, ti portino da qualche altra parte, anche solo con la mente o con l’anima.
I Dodici Apostoli al tramonto, per l’appunto, fanno tutto un altro effetto dall’osservali di mattina presto, con la pioggerellina ed il cielo grigio. Lo spettacolo ti mozza il fiato come un po’ tutti i tramonti in questa Australia un po’ pazza. E si ritorna nei luoghi visitati mesi prima, abbandonando le strade in cui si incontravano solo, o quasi, Road Train, ossia camion lunghi più di cinquanta metri, con tre, a volte quattro rimorchi a velocità costante, superati i centoventi chilometri orari; dimenticando gli altri viaggiatori o gente del posto, che con un cenno della mano ti salutano, e tu ricambi, piacevolmente rincuorata dall’umanità di certe persone. La strada ti insegna a rivalutare l’essere umano, per quanto possibile, e ad innamorarti -di nuovo- della natura.
Cheers Mates!
foto di Alessandro Covre