Keep Karma (and carry on)
Oggi ho un ospite, ve lo presento.
Ciao Buddha, questi sono i lettori di facciunsalto.
Namaste, risponde lui.
Quello che vuole dire è: le qualità divine che sono in me, si inchinano alle qualità divine che sono in te. Vi conviene ricambiare il saluto, perché tra tutte quelle che ha, lui, ce ne sarà qualcuna che si offende se non lo fate.
Vi sembrerò in deriva mistica per un po’, ma datemi tempo, voglio solo raccontarvi un altro pezzo del mio viaggio a Bologna, come vi avevo anticipato. Sono ospite di un’amica che pratica il buddismo da un po’ di anni e dopo cinque giorni dal mio arrivo la accompagno a una delle loro riunioni.
Sono incontri che si organizzano dentro le case dei partecipanti e hanno un tema principale che sarà il fil rouge della discussione successiva alla preghiera. Quel giorno si è parlato del concetto di “rialzarsi da soli”. Appena arrivate in questo salotto, io punto dritto al divano che è lì, in disparte, dribblando tutte le sedie ben sistemate in mezzo alla stanza, mentre gli altri si accomodano e cominciano a recitare il Daimoku: la ripetizione veloce delle parole Nam myoho renge kyo di fronte a un mandala.
Non posso scrivere il post che volevo, ora, senza spiegarvi un po’ di cose. Perché stare accanto a una persona buddista ti porta ad assorbire nozioni senza neanche accorgertene e se non perdo un minuto a darle anche a voi, qualunque mia parola sarà incomprensibile a un certo punto.
Attivare – sigla – SuperQuark:
Che significa Nam myoho renge kyo? Si può tradurre come: “Mi dedico al Sutra del Loto della Legge meravigliosa”. Dove il Sutra del loto è una corrente di pensiero buddista (di Daisaku Ikeda) e la Legge meravigliosa è quella che regola l’universo e tutto quanto. Nam, significa venerare. Myo è la legge mistica, talmente grande da essere incomprensibile e indicibile. Ho è l’apertura, e Myoho rappresenta la continuità dell’esistenza secondo i principi di causa ed effetto alla base di tutta la filosofia buddista, che è rappresentata dal Renge, il fiore di loto. L’immagine del fiore di loto è molto bella, perché nasce puro nonostante si trovi in uno stagno fangoso e, quando sboccia, contiene già i semi per la prossima vita, a significare che ci sono cause che si imprimono profondamente nella parte più essenziale della nostra esistenza e noi le sperimentiamo ogni giorno. E la natura più bella nasce dall’impegno con cui si affrontano le avversità. Kyo è la voce degli esseri umani, quello che resta costante in tutte le esistenze del passato, presente e futuro.
Volevo raccontarvi del perché questa cosa ha fatto (e non ha fatto) presa su di me. Ho recitato anch’io, in un periodo particolare della mia vita, in cui avevo bisogno di mettere in pratica la parte più bella di tutta questa filosofia. Il muro bianco o mandala o Gohonzon davanti a cui ripetere convulsamente queste parole, è qualcosa di diverso dalla solita croce a cui ci hanno abituato. Non state invocando una divinità. Anzi, mi correggo, lo fate. Ma con la piccola differenza che, per il buddismo, la divinità siete voi.
Quello che pensi, diventi. Quello che senti, ricevi. Quello che immagini, crei.
Quel muro è uno specchio. Con quelle parole voi state dicendo: sono un essere piccolo di tutto il meccanismo cosmico, potrei pure non esistere e il mondo continuerebbe ad andare avanti, forse anche meglio senza tutta l’anidride carbonica che produco fumando, scusa mondo per tutta la differenziata che non ho fatto, sono piccolo, è vero, ma guarda un po’ te, sono anche il fulcro della mia vita, sono io che posso farla andare bene o male, sono il fiore di loto di me stessa, cribbio, sono un bellissimo, bianchissimo, fiore di loto, nella fanghiglia della politica italiana.
Ah no, la politica non c’entra niente, scusate.
Insomma, recitarlo mi ha aiutato a risolvere un problema che avevo con la nostra strabiliante religione nazionale: Dio c’è o non c’è, che ne posso sapere io, ma io ci sono e io valgo. Posso fare le cose. Posso rialzarmi, se voglio, o continuare a deprimermi. Non dipende da nient’altro che da me.
Vi parlerei molto volentieri delle tematiche che sono state affrontate, ma non voglio essere prolissa. Perché il concetto di base è sempre uno solo, maledetto Obama che ce l’ha privato di significato: Yes, we can.
Rialzarsi da soli. Ce la puoi fare. E non perché sei buddista, sei buddista perché hai avuto voglia o apertura o necessità di diventare parte di una filosofia che non pretende mai di essere quella che “risolverà le cose”. Ce la puoi fare perché quella filosofia, come la vita, ti dice “oh, stai passando un periodo di schifo? Tranquillo, è la causa-effetto. Tu sei causa ed effetto. E sempre tu puoi anche uscirne”.
Appoggiare questo concetto non vi rende buddisti. Io, nonostante la mia amica abbia un entusiasmo contagioso, resto convinta che nessuno dovrebbe “essere” alcunché al di fuori di se stesso. Ma capisco che a volte non basta. O che quelle cose che capitano, quelle che non si possono risolvere, a volte sono troppo forti per “rialzarsi da soli” davvero. E quindi hai bisogno di un aiutino. Ma la cosa importante è che sarà sempre e solo quel muro bianco che vi darà la forza di tirare su un ginocchio e poi l’altro.
È una vita che uso e abuso della parola Karma. Ed è, volendo, quello che trasforma la filosofia buddista in una religione, perché è l’unico concetto che richiede un pizzico di fede.
“Se vuoi conoscere le cause create dal passato, guarda gli effetti che si manifestano nel presente. Se vuoi conoscere gli effetti che si manifesteranno nel futuro, guarda le cause che stai mettendo nel presente”.
Karma significa “azione”. Quella che, per i buddisti è la causa di tutto, per me è il motore che ti fa tirare su un ginocchio, e poi anche l’altro, di fronte alle avversità. E, soprattutto, ti fa riconoscere il bello che hai intorno perché te lo sei guadagnato. Agendo.