Armenia, Terra di pietre urlanti
Non ci posso credere, tu, capra dentro e asino fuori, stai guardando un documentario sull’Armenia.. vuoi sembrare intellettuale? E magari di sinistra? Vado a prenderti la giacca di velluto marrone dalla cassapanca e magari vuoi mettere i lacci rossi alle scarpe scamosciate? Cerca di fare la persona coerente, guardati la finale di Masterchef! (NdA: Quella che mi sta svalangando insulti low-cost sarebbe mia moglie che, quando non dorme sul divano, si allena nella sua disciplina olimpionica preferita: maleparole stile libero).
Meno male che ho un ego smisurato e autostima da poter fornire tutti gli psicolabili del circondario. Scusa, le dico io, l’esclusiva della cultura in questa casa ce l’hai tu?
Sabato ore 14.10, io sul divano davanti la televisione accesa – Sky TV2000 Terre Sante. Che davanti ad un titolo così uno cambierebbe canale ma leggo sottotitolo: Armenia terra di croci e di pietre urlanti. Neanche cinque minuti e la voce narrante, tra immagini di montagne verdi e monasteri un po’ sdirrupati, prima spara che il paesaggio respira silenzi millenari e poi che l’appellativo di paese delle pietre urlanti fu attributo da Osip Mandel’stam.
Fermate il mondo. Io nella mia libreria ho “Viaggio in Armenia” di Osip Mandel’stam – com’è arrivato a casa mia poi ve lo dico. Un giorno parlavo con la persona più alletterata che conosco, e siccome volevo fare un po’ di brodo, gli dissi che stavo leggendo il libro di uno, cognome impronunciabile, che aveva scritto cose troppo belle troppo assai sull’Armenia, edizioni Adelphi, una specie di raccolta di impressioni di viaggio ma che nulla hanno a che fare con la descrizione di palazzi o altre cementificazioni con pietre a vivo. Insomma, un libro bello. Ma chi, Osip Mandel’stam? – dice lui. Forse, Viaggio in Armenia – dico io. Lo pensavo io che tu sei troppo intellettuale, mi dice l’amico alletterato, sappi una cosa (lui usa i congiuntivi), il mondo si divide in due: la gran parte che non sa chi è Mandel’stam e una stretta cerchia che lo conosce – e dopo questa rivelazione io e Ciccio siamo diventati più amici di prima.
Torniamo a Viaggio in Armenia. In questo libro ci sono scritte cose troppo belle tipo:
Ho avuto la fortuna di vedere le nuvole che celebravano sacre funzioni al dio Ararat. Era il movimento discendente e ascendente della panna quando viene versata in un bicchiere di rubicondo tè e si disperde in mille tuberi ricciuti.
(Io La solitudine dei numeri primi l’ho letto cinque volte e una frase così non c’è)
Prendo il libro dalla libreria e lo mostro a mia moglie. Stanno parlando di Mandel’stam. Lei, senza perdere tempo dice: Questo libro l’ho comprato io, è mio. Tuo? Tu sei folle, tu sei pazza, tu sei da ammanettare! Questo libro l’ho comprato io, è mio. Lei tira da una parte, io tiro dall’altra, salta la copertina, salta l’indice, io strappo la postfazione, lei strappa l’introduzione. Alla fine rimangono brandelli.
Lei è così. Ma il libro l’ho comprato io. Ricordo tutto, ero entrato alla Bollati Boringhieri di Roma, Stazione Termini e per darmi un tono volevo comprare un Adelphi; cosa fa più radical-chic di un Giorgio Manganelli? Tiro fuori un volumetto rosso, mi piace. Poi opto per quello accanto, di un rasserenante color azzurro. Vado alla cassa e mentre pago mi accorgo che non stavo comprando un Manganelli ma un Mandel’stam. Ormai che avevo pagato me lo sono tenuto (E ora mi tocca ricomprarne un altro).
Dal cielo sono cadute tre mele: la prima è per chi ha raccontato, la seconda è per chi è stato ad ascoltare, la terza per chi ha capito (OM).