Il primo marzo compra un libro. Per pietà, se non altro
L’idea è stata di www.caffeinacultura.it , ma poi ogni libreria, grande o piccola, dalle Mondadori a quelle di nicchia e indipendenti, l’ha fatta propria. Comprare un libro il primo marzo per rilanciare la cultura in Italia: l’evento è tutto il giorno ma sul sito consigliano di concentrare gli acquisti nella fascia 16-18 e di recarsi in libreria con un fiocco bianco, poi di scattare una fotografia e postarla con gli hashtag #1MarzoCompraUnLibro e #facciamovincerelacultura. Il flash mob ai tempi di internet. Non era tanto più bello incontrarsi dal vivo e fare letture in piazza o sui mezzi pubblici, alle fermate metro, come ha fatto la sottoscritta qualche tempo fa o come ha fatto l’associazione Libra, di Monica Maggi, l’anno scorso? Più bello forse, ma meno virale e meno commerciale.
Io sono scettica. A parte che di Giornate del Libro in primavera ce ne sono già altre: c’è il Maggio dei libri e c’è il 23 aprile in cui l’Unesco ha istituito la Giornata Mondiale del Libro. E poi c’è che comprare un libro non significa leggerlo, non significa appassionarcisi. È mero atto commerciale, quello che si propone. Si parla di far vincere la cultura, ma di fatto si propone di smuovere il mercato del libro, senza escludere le grandi catene di franchising che hanno aderito al flash-mob, probabilmente a discapito delle piccole realtà. Io, come spesso faccio, mi chiedo quanto cultura e mercato vadano di pari passo. Io, in fondo, posso affermarmi lettrice costante senza comprare granché: mi giostro fra biblioteche, prestiti, ebook, e la Bibliolibreria gratuita che ho vicino casa, Plautilla, realtà quasi unica nel suo genere di cui vado fiera. Sono quindi due forze antagoniste, le biblioteche e il mondo dell’editoria? Non credo proprio. Lo scetticismo svanisce quando penso che di fatto, per dare nuova vita ad un mondo, bisogna incentivare tutti gli attori che lo compongono. Per far andare avanti un corpo bisogna che tutti gli organi funzionino al 100%. Penso che le librerie che chiudono mi mettono tristezza. Penso che i libri non vadano bruciati ma vissuti, prestati, suggeriti, consigliati, discussi. Ho messo su un gruppo di lettura: io, mia sorella, mia nonna, un’amica. Sarà bello confrontarci, nonostante lo stacco generazionale, su uno stesso testo. Vedere Philip Roth in quattro maniere diverse, anche se per metà usufruiremo dei prestiti in biblioteca. Penso che in fondo per uscire da questo ristagno librario basti comprare davvero pochissimi libri l’anno, a patto che lo facciano tutti. Penso che io mi reputo una che compra pochi libri ma chissà com’è ne ho comunque l’armadio pieno.
Un libro comprato il primo marzo e messo da parte non farà nulla. Un libro preso in prestito in biblioteca o comprato usato o chiesto ad un amico o, in ultima ipotesi, comprato, e poi discusso in gruppo, analizzato, sviscerato, può appassionare, vivere e dare vita. E, appassionando, creare nuovi lettori. Che forse, come me, camperanno perlopiù di biblioteche – ma ci sono anche feticisti che amano ordinare i libri in camera, io non ne ho spazio, ecco perché, anche, campo di biblioteche – , ma poi compreranno quei cinque, sei, sette libri l’anno, e saranno quei libri che rimarranno sempre sulla loro scrivania, nella mente, che porteranno l’autografo dell’autore o autrice, che lasceranno il segno. Saranno libri che avranno fatto il loro dovere di libri, penso.
Ho messo su un gruppo di lettura: io, mia sorella, mia nonna, un’amica. Sarà bello confrontarci, nonostante lo stacco generazionale, su uno stesso testo
Quindi, a mio parere, se avete un libro per la testa, compratelo il primo marzo. Se non altro per pietà di quei poveri donchisciotte che si ostinano a credere che una libreria possa competere ai megastore, ai supermercati, allo svilimento culturale. Se lo fate, però, badate bene a dove lo comprate. Io non credo che un Feltrinelli o Mondadori – vade retro! – possa rischiare la chiusura. Se si vuole aderire a quello che vedo come un atto di complicità fra lettori e librai, che lo si faccia nella libreria di fiducia. Quella piccola, vicino casa, quella dove andate da sempre, dove il libraio vi conosce e indovina i vostri gusti letterari. Scegliete le case editrici indipendenti, possibilmente. Questo giorno non ha senso di esistere, se non per questo: salvare la vita alle piccole realtà che la rischiano. Solo a Roma ne hanno chiuse tantissime, di librerie indipendenti, negli ultimi anni: il trasteverino Bibli Caffè su tutti.
Io non ho ancora deciso se prendere parte al flash-mob. Non credo di postare foto con hashtag vari. Forse, nel mio piccolo, mi farò un giro da Minimum Fax a Trastevere e mi lascerò ispirare dalla selezione del mese che propongono. O magari andrò a San Lorenzo da Assaggi per regalarmi un libro scientifico, che quelli non fa male averli in casa e consultarli ogni tanto, e mi regaleranno anche un caffè con l’acquisto. Mai come i mitici del N’Importe Quoi in pieno ghetto, che il caffè lo offrono per ogni libro usato comprato ma se il libro è nuovo regalano un aperitivo. Se avete in programma un aperitivo o un caffè fra amici, insomma, prendete due piccioni con una fava. Tanto non venite a dirmi che il prezzo di un aperitivo non è spesso quello di un libro. Magari ci troveremo lì, che tanto se non è sabato sarà in un altro momento. Ho una lista di libri da comprare a Barcellona la settimana prossima e il gruppo di lettura attende il mio parere su Philip Roth.