Televisore e televisione (seconda parte)
Al sabato invece c’era lo spettacolo. Canzonissima, con le cartoline per votare i cantanti, precursore del televoto: bisognava comprarle e spedirle dopo aver scritto il nome del cantante preferito in gara quel sabato; il risultato credo fosse dato il sabato dopo, e comunque non certo dopo pochi minuti, per cui c’era un sacco di tempo da aspettare in ansia. Il nonno votava sempre Orietta Berti, di altri non ne voleva sapere. Eppure c’erano ragazzini simpatici come Massimo Ranieri, Gianni Morandi, Rita Pavone… no, lui votava la Berti.
Gli spettacoli erano anche Milleluci, Settevoci, con un Pippo Baudo pivello e ragniforme, poi quelli con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, che di così divertenti non ne ho mai più visti in TV. Cos’è Zelig a confronto? A me non fa ridere.
E poi c’era la Carrà, Giorgio Gaber, Walter Chiari, Franca Valeri, Gino Bramieri, Bice Valori e Paolo Panelli, altra fantastica coppia da mito.
Un mondo di lustrini in chiaroscuro di cui non si poteva immaginare i colori e la luce, facevano parte di un altro mondo, lontano.
C’erano anche le commedie musicali che mi appassionavano molto: qualcuno ricorda “Signore e signora”, con Lando Buzzanca e Delia Scala? O “Scaramouche” con un affascinante Domenico Modugno? Ma anche, qualche tempo dopo, “Rugantino”, “Aggiungi un posto a tavola” e altri musical, da stare incollati alle sedie o al divano cantando a squarciagola.
Perfino il teatro ho conosciuto in quel periodo, da casa mia a cavalcioni su una sedia. La mamma voleva vedere le commedie di Gilberto Govi, e sfido chiunque a dire al volo chi era costui. Io l’ho conosciuto così, e se mi capita di veder passare uno spezzone di una sua commedia rovinato dal tempo, quasi mi commuovo.
E non voglio dire niente delle fiction di allora, i cosiddetti sceneggiati. Nonostante l’assenza di colore erano così appassionanti! Da “La Cittadella” a “A come Andromeda”, a “La baronessa di Carini” a “Belfagor il fantasma del Louvre”, ai romanzi di Dostoevskij e ad altri ancora, basta fare una capatina qui per rendersi conto di quanto fosse produttiva e perfino istruttiva Mamma RAI ai suoi inizi.
Tutti i programmi erano annunciati dalle signorine Buonasera, che per secoli sono rimaste sempre le stesse, e ci sono ancora, nei meandri dei palazzi delle sedi RAI. Non sono in naftalina e nemmeno imbalsamate. Anzi, è stata una sorpresa a un certo punto scoprire che erano dotate di gambe come tutti gli esseri umani, quando ormai eravamo abituati a vederle a mezzo busto.
Ma il mezzobusto per eccellenza era colui che leggeva le notizie al telegiornale delle ore 20. E a proposito, l’informazione era presa seriamente. “Lo hanno detto al telegiornale” era una garanzia che la cosa fosse autentica, seria, verificata e importante. Oggi che c’è una edizione ogni quarto d’ora non ci scommetto che un qualcosa detto in un qualsiasi notiziario abbia la stessa ufficialità e la stessa seria imparzialità di allora.
Ora sono qui, con il telecomando in mano, potrei fare dal divano una comoda full immersion in HD tra le mille offerte della TV. Ma non mi va. Ci sono troppe cose, uno poi non sa cosa scegliere. La bambina che amava leggere ma si innamorava degli attori e del rutilante mondo dello spettacolo, ora vive la disillusione del disincanto e non subisce più il fascino di quello schermo ormai ultrapiatto che ancora un po’ e cambierà di canale solo con il pensiero.
Il mondo è a colori, ma è cominciato in bianco e nero. Come le parole sulla pagina di un libro. E come la RAI ci tiene a ricordare, quando parla della RAI.