Un lieto fine
Quando ho scoperto che il 4 Marzo uscirà un nuovo album di Linda Perhacs il cuore mi si è riempito di gioia. Tempo fa avevo raccontato la strana storia di Jackson C. Frank, ebbene, la storia di Linda Perhacs per quanto non sia così bizzarra presenta alcuni elementi di somiglianza.
Siamo negli anni ’70 e una ragazza dalla voce angelica passa il tempo sui prati lungo le sponde dei fiumi insieme alla sua chitarra. Scrive canzoni, bellissime canzoni, così registra un disco, Parallelograms, che ad ascoltarlo oggi sembra racchiudere un soffio di quell’aria respirata in quei luoghi ed in quel tempo. Aria pulita, non tanto per la sua composizione chimica – ma anche, probabilmente – per la genuinità che trasmette, la naturalezza, un qualcosa che quando ti entra nei polmoni (e nelle orecchie) riesce a distoglierti da tutto ciò che ti circonda e a farti sorprendere, ogni maledetta volta, di quanto siano belle le cose semplici.
Come per il povero Jackson anche il disco di Linda non ha molta fortuna, ma per lei il destino sarà meno crudele. Con l’era di internet, si sa, le notizie viaggiano a velocità impressionante, e lo stesso può avvenire anche con un vecchio disco polveroso. L’album viene ristampato nel 2005 e di nuovo nel 2008, per la gioia di quelli che l’avevano scoperto per chissà quale colpo di fortuna. Tra l’altro, e questo è un altro parallelismo con la storia di Jackson C. Frank, anche una canzone di Linda Perhacs è stata inserita nella colonna sonora del film dei Daft Punk Electroma, il che mi suggerisce che le voci sul fatto che i Daft Punk siano in realtà degli alieni possano essere fondate.
Ad ogni modo, un po’ di tempo fa mi sono chiesto “Ma Linda Perhacs ce l’avrà una pagina su facebook? “, così ho scoperto sia che ce l’ha, sia che tra un paio di settimane, 44 anni dopo l’uscita del suo primo disco, uscirà questo nuovo album, che ovviamente non vedo l’ora di ascoltare.
E non importa se mi piacerà o meno, non è questo il punto. Potrebbe essere un capolavoro così come un disastro , per me rimarrà solo la gioia del fatto che esista. Provate a fare uno sforzo di immaginazione: registri un disco che non riscuote alcun successo, il tempo passa, passano anni, e in questo tempo ti convinci che probabilmente non era la tua strada, che tutto sommato le tue canzoni non erano meglio di decine di altre che circolavano all’epoca. Gli anni si sommano e diventano decenni, la musica resta un piacevole passatempo e null’altro (non che sia una cosa brutta), eppure qualcuno nel mondo ascolta le tue canzoni, si emoziona al suono della tua voce, ripercorre i tuoi passi attraverso le tue parole, e tu non lo sai.
Poi un bel giorno bussano alla porta. Ti dicono qualcosa come “Salve, abbiamo scoperto che il disco da lei registrato quarantaquattro anni fa è un capolavoro, vorremmo ristamparlo”
Che cosa avrà pensato in quel momento? Come si sarà sentita? Mi è difficile immaginarlo. Io probabilmente, al posto suo, avrei pensato che fosse uno scherzo (nel mio caso lo sarebbe stato sicuramente), poi mi sarei messo a piangere per la gioia. Di sicuro essere rilanciati dopo tutto questo tempo ha un sapore diverso da quello che avrebbe avuto se tutto ciò fosse stato conseguente al primo disco, e proprio per questo mi incuriosisce da morire. Chissà se un giorno avrò la possibilità di chiederglielo personalmente; ne uscirebbe una bella intervista, con tutte le domande che ho da farle. Intanto mi godo le sue canzoni, sorridendo al pensiero che la si possa ancora rivedere in quei campi, quando era solo una ragazza con la sua chitarra, e ad ogni accordo sembrerà quasi di vedere una piccola ruga scomparire dal suo viso.