Rachida
Io guardavo Masterchef, ma da quando non c’è più Rachida che me ne frega di stare appresso a quattro personaggi privi di dimensione shakesperiana – uno addirittura non fa che vantarsi di essere il migliore e come sbatte lui il patè de fois gras su un petto d’anatra manco un’anatra schiacciata da un’asfaltatrice.
Questi polpetti non sono nì italiani, nì marocchini, sono di carne di diavolo.
Non c’è Rachida? Bene, uno spettatore in meno: sarebbe come guardare Pulp Fiction senza Uma Thurman, ascoltare i Ricchi e Poveri senza la brunetta, leggere Il Giornale senza la firma di Sallusti. Sarebbe come abitare nella casa coniugale dopo che tua moglie è morta, il mio occhio andrebbe sempre lì, al quarto posto della seconda fila, tra i fornelli dove Rachida preparò i bagnetti al prezzemolo e rafano d’ispirazione piemontese che lo chef Bastianich buttò nella monnezza, secondo lui erano caustici – eppure, diceva Rachida, sua signora dove lei lavorare mangiava tanti bei bagnetti spalmati su pane.
L’ho adorata subito, sin dalle selezioni, quando portò una pietanza rovinata dal viaggio (sembravano pezzettoni vomitati dai cani dopo che hanno mangiato erba per pulirsi lo stomaco) e gli chef le dissero di tornare a casa e preparare qualcos’altro.
L’hanno odiata tutti. Nei giochi di squadra non la volevano, Rachida faceva casini con le sue ansie, apprensioni, con le sue manie di voler svolgere il compito degli altri e mai il proprio. C’è chi l’avrebbe voluta per ingrediente.
Rachida poche volte ha rischiato di preparare il piatto migliore. Vinse una sfida tra squadre quando il set della gara si spostò in Marocco: stava per bruciare i petti di pollo con i datteri ma gli invitati – chiamati a dare il voto per una delle due squadre – alla fine premiarono Rachida (che in vero spirito democratico aveva cucinato tutto lasciando gli altri componenti della squadra a guardare): forse perché certi cibi, se bruciacchiati, diventano più buoni?
Quando i concorrenti tornarono in studio dopo la parentesi marocchina lei, dall’alto del balconcino dove stanno i vincitori della sfida, guardava i cinque concorrenti sottoposti alla prova eliminatoria; Rachida guardava e se la godeva – alla telecamera che inquadra i concorrenti a tu per tu lei augurava che fossero eliminati tutti in una botta.
Rachida ha mostrato una vasta gamma di umori, tutti esagerati: dalla riconoscenza lacrimosa per non essere stata eliminata, alla soddisfazione spietata verso i perdenti, alla caparbietà, alla testardaggine per riuscire in imprese impossibili, alla vendetta: in questi casi inclinava il viso in uno sguardo barocco degno di Gloria Swanson che dopo aver ucciso il suo giovane amante, illusa di essere sul set di un film, si consegna alla polizia discendendo le scale con pose enfatiche, movimento ieratico di mani e sguardi inclinati. Da vera artista che fa della sua vita l’opera migliore, art for art’s sake. (da Viale del Tramonto, di Billy Wilder)
Spero che quelli di Masterchef la richiamino; in attesa del suo rientro io guarderò solo repliche di vecchie puntate.