Il persistente
Ciao, mi chiamo Matteo e sono dieci minuti che osservo la schermata bianca di word. Ogni tanto avvicino le mani alla tastiera, accarezzo una vocale con il dito medio, quindi ritiro gli arti. Allora agguanto il mouse e do una sbirciata a facebook, ma con tutti i film che girano di questi tempi non è aria. E così non mi rimane che tornare alla mia schermata bianca. L’unica parola che mi viene da digitare è presentazione. Vi siete mai dovuti presentare a un pubblico di sconosciuti? Vi assicuro che ci sono cose più semplici da fare a questo mondo. Che poi, se la vogliamo dire tutta, dipende dall’indole di chi scrive. Tra di voi ci sarà sicuramente chi ama infarcire le discussioni con Io sono, Io sono stato, Io ero, Io sempre e fortissimamente Io, Io nessuno e centomila. Ecco, costoro avrebbero senza dubbio meno difficoltà del sottoscritto a parlare di sé stessi. Ma io (rigorosamente minuscolo) invece, arranco. Qualcosa dovrò ben dire, altrimenti chi mi ha chiamato a scrivere quassù griderà alla svista di mercato e il mio povero nome sprofonderà nell’oblio da cui è venuto.
Da quando ho digitato la parola “venuto” sono passati dieci minuti. Minuti preziosi, però. Ho trovato una definizione e da questa senza dubbio avrò di che dipanare il mio discorso:
Persistente.
Ha fatto effetto? Immagino di sì. Se non il termine in sé, sicuramente avere isolato la parola graficamente vi ha fatto fare un bel “uhm”. Bene, cosa intendo per persistente? Se dovessi mettervela giù come si fa davanti ad un barista musone, con al proprio fianco un compagno deleterio e sotto il mento una birra sgradevole vi direi: “uno che si affeziona. Bevi, e più non dimandare!”. Ma convenuto che io abbia di voi e della birra (non del mio barista) una considerazione ben diversa, vi dirò che mi considero persistente in quanto amo prolungare emozioni e sensazioni (forse) oltre il limite consentito. Persisto negli affetti, persisto nell’osservare con benevolenza oggetti vetusti e consuetudini da troppo tempo consolidate. Persisto, purtroppo, nel commettere i soliti errori. Le mie radici crescono lentamente, ma la presa sul terreno è inesorabile. E’ una caratteristica intrinseca alla mia persona, un’attitudine nel rapportarmi con gli altri membri del consorzio umano e con le cose che mi circondano.
Persisto negli affetti, persisto nell’osservare con benevolenza oggetti vetusti e consuetudini da troppo tempo consolidate. Persisto, purtroppo, nel commettere i soliti errori.
Lo so, avete controllato quante righe mancano alla fine. E forse qualcuno di voi, osservando quanto poco lo separi dall’agognata conclusione, avrà già sentenziato che il pigiatore di tasti della nuova rubrica di Facciunsalto.it ama tergiversare, ma di sé dice ben poco. State guardano la biografia? Delusione, la falsa riga è sempre quella. Abbiate pazienza, non cedete alla tentazione del tasto X in alto a destra, a poco a poco un profilo si delineerà. Considerate questa rubrica una radio che gracchia, come suggerisce il nome stesso. A proposito, amo ascoltare la radio, più precisamente la radio parlata. E’ una abitudine che risale alla mia notte dei tempi. Vi dirò, niente mi rilassa come guidare in solitaria senza una meta, con la radio che parla sopra ai miei pensieri. Non abbandonerei i miei viaggi solitari per niente al mondo.
Si, sono un tipo persistente.
Siate voi lo stesso con me.