Mi sono affezionata a un ragno
Ho la paura morbosa dei ragni.
Se in una stanza ce n’è uno – un qualsiasi impercettibile mucchietto nero di zampette fragili e corpo a punta di spillo – io sarò la prima a scovarlo. Più che scovarlo, che mi pare implichi una sorta di ricerca, io lo percepisco e basta: i miei occhi lo incontrano seguendo una specie di attrazione malsana.
Lo so che il tarantismo (terribile fenomeno convulsivo dovuto al fantomatico morso della tarantola) è una vecchia credenza popolare del sud Italia e sono fortemente convinta che la musica e la danza possano curare tante cose, ma non guarire i tarantati. La questione spinosa è che, come è comune in termini di fobie, irrazionali per definizione, io non ho paura dei ragni per i loro veleni o morsi; io ho paura dei ragni e basta. Il loro modo di muoversi mi dà i brividi, c’è qualcosa di terribilmente malefico in quell’incedere macchinoso e a tratti rapidissimo. A Napoli porta pure sfiga uccidere un ragno. Il ragno porta guadagno. Non che voglia la loro morte, per carità, ma se decidessero di starmi lontana per sempre, scappando via dalle stanze quando io varco la soglia… ecco: gliene sarei molto grata e penserei perfino di apprezzare la loro laboriosità e precisione tecnica.
In fondo la trama delle ragnatele è esteticamente affascinante, con le gocce di rugiada traslucida magicamente sospese e la loro geometria concentrica che ammalia la retina.
Una volta ho letto di una ricerca di un’università americana (e di chi, sennò?) che indagava quanto e perché la possibilità d’incontrare ragni sia maggiore nelle abitazioni di persone che li temono. L’idea che i ragni percepiscano il mio timore e decidano di fare mostra di sé e dei loro occhietti gialli mi sembra improbabile, quasi fantascienza, ma in effetti ne incontro fin troppi, e in ambienti del tutto diversi.
Forse è vero.
O forse semplicemente il fatto che io ne sia terrorizzata mi spinge a spulciare ogni angolo e parete, quasi sicura di scorgerne uno.
Dovrei prestarmi per la ricerca.
La prima settimana d’Erasmus, mentre arrancavo per le strette e faticose rampe di scale verso l’appartamento che avevo finalmente preso in affitto, e trascinandomi un valigione pieno di ventitré chili d’identità, ho percepito la presenza di un ragno sul pianerottolo.
Ma ero troppo affannata ed elettrizzata dall’inizio della mia avventura per fermarmi a controllare; così per la prima volta ho lasciato correre e ho chiuso il compartimento stagno delle paure che mi portavo dall’Italia (insieme a quella della solitudine, della malinconia, degli affetti lontani, di una nuova realtà, del non conoscere nulla e nessuno).
Successivamente ho avuto modo di controllare, e mi rammarico nel dirvi che sì, l’istinto aveva ragione, si tratta proprio di un ragno. Anche bello grosso. Parlo al presente perché il ragno è ancora lì, che ci crediate o meno. Si trova immobile nell’angolo destro di uno scalino, giusto all’inizio dell’ultima rampa che porta al mio appartamento. Avevo pensato di scacciarlo via, o di chiedere a qualcuno di farlo per me, ma poi mi son resa conto di essermi abituata alla sua presenza. Esatto, avete letto bene. Non che ora mi piacciano gli aracnidi, anzi: continuano a inquietarmi e non uscirei mai con uno che se l’è tatuato sul bicipite.
Forse sarà che mi sono affezionata proprio a lui, al mio ragno, a quello di quello scalino lì. Quello che ho conosciuto mesi fa e che non se n’è mai andato, notti e giorni, passanti rumorosi e stivali sporchi.
Silenziosamente è lì e mi segnala che l’ascesa estenuante è quasi terminata e che fra le tante rampe tutte uguali, dopo aver superato la sua, sarò finalmente a casa. Un amico mi ha detto che, probabilmente, per non essersi mosso di un millimetro in così tanti mesi, forse è morto. Non ne sono sicura, ma devo dire che il pensiero mi aveva sfiorato. In ogni caso ho troppa paura di avvicinarmici per verificare.
Quindi mi sono resa conto che, fra le paure che ti smorza l’Erasmus, posso elencare anche quella dei ragni.
In fondo non è così terribile, lui rimane lì zitto, non so se da vivo o da morto, però fa parte della mia personalissima Barcellona, della mia casa. Come recita un proverbio inglese:
« If you wish to love and thrive
let a spider run alive »« Se desideri amore e successo
lascia un ragno correre vivo »
(O almeno, se è già morto, non temerlo più e dagli la buonanotte mentale ad ogni rientro a casa, stando attento a non perdere l’equilibrio e trafiggergli la ragnatela con la punta della scarpa).