La frivolezza che fa dimenticare il cancro
If only for a second, titolo della campagna. L’esperimento consiste nel prendere un gruppo di persone malate di cancro e farsi autorizzare a cambiare il loro look mantenendole sedute e con gli occhi bendati. Rivoluzionare le loro apparenze, stravolgere le capigliature, il trucco. Successivamente, posizionare le stesse persone davanti ad uno specchio dietro il quale si è appostato un fotografo vigile e non visto, quindi togliere le bende e scattare una fotografia nell’istante preciso che ritrae la sorpresa dei malati e delle malate. Sorvoliamo sul fatto che poi si sia addirittura fatta una mostra dove sono stati esposti gli scatti, modello vernissage radical chic. Il risultato potete vederlo QUI.
Oggigiorno, è indubbio, va fin troppo di moda trovare una storia che tocchi le corde giuste della sensibilità umana, per farsi pubblicità. Però la Mimi-Foundation l’ha fatto bene, deve ammetterlo anche chi, come la sottoscritta, è restio a questa sorta di marketing delle emozioni.
Per quanto riguarda le critiche, verrà un post a seguire.
Per adesso mi fermo al positivo: il potere democratico del video ha inizialmente espanso la mia antipatia iniziale nei confronti di quei sorrisi edulcorati e pubblicitari, ha enfatizzato il gesto di stizza nel vedere l’inaugurazione della mostra alla fine del video. Potere democratico che è cominciato così, con l’antipatia; poi mi sono accorta del mio disappunto e ne sono stata felice: d’un tratto, valutavo comportamenti di gente qualunque, non di malati di cancro. Dimenticata la loro grave patologia, mi è piaciuto poter guardare quei volti come volti di persone normali e senza alcun buonismo trovarli addirittura antipatici. E ho pensato. Per loro deve essere stato ancora più bello, in qualche modo, per le stesse ragioni. È bello essere umani anche in quelle tristi abitudini di tendenza: cerco di mettermi nei panni di una malata di cancro e penso che sì, tutto quello che cercherei sarebbe qualche attimo di normalità. Desiderio legittimo, e trovo quindi nobile – mi contorco parlando di nobiltà in questo gioco contraffatto in cui regna il soldo – regalarne un po’. Allora è bella la mente che ha ideato questa campagna, che ha regalato di nuovo agli occhi dei malati un istante di spensieratezza che ha fatto dimenticare la malattia, anche se li ha fatti cadere nella trappola dell’apparenza, nelle abitudini radical chic, in tremila altre cose che trovo criticabili. Quell’istante di leggerezza c’è stato. Un istante solo, prima di ricadere nell’insensatezza del tempo che passa, probabilmente. Ma non si vive forse di attimi così?
Siamo animali comunicativi, e se dobbiamo comunicare tanto vale almeno lanciare un certo tipo di messaggi. Qui c’è l’apparire, c’è il farsi vedere, c’è l’esteriorità di un look tutto nuovo. Mi preparo a ricominciare la mia critica e a farmi autoironica portatrice di valori unici sinceri e primordiali – quale so di non essere, beninteso. Ma no: qui ci sono sorrisi, sorpresa, c’è vita, allora forse va tutto bene. Con tutti i se e tutti i ma di cui sopra, ma va bene.
Vi sarete chiesti cosa avrò mai di così tanto potente che mi rode dentro e mi spinge alla critica di questa campagna? …Al prossimo post, ché merita un discorso a parte.