Distanze a km zero
In viaggio per l’esotica terra madre (esotica perché quando devi raggiungerla in treno, la Calabria è sicuramente un luogo lontanissimo) mi imbatto per una calabrese oriunda che si imbatte in me che mi imbatto in “Trenitalia: viaggiare comodi tanto che vorresti che il viaggio non finisse mai”… e questo lo dici tu! Roma-Milano due ore e cinquantotto minuti no-stop, Roma-Reggio Calabria sei ore stop-en-gò.
Comunque dicevo: mi imbatto in una fanciulla che molto romanticamente tornava al paese natio per respirar di zagare e bergamotti, di cedri ed erba umida, di mare calmo e clima tiepido di un inverno che non ha il coraggio di essere davvero rigido con un sì sacro splendore… almeno questo pensavo io. Ma in realtà tornava esclusivamente a respirar di fichi d’india e illustri notai perché doveva ritirare la lauta somma lasciatagli in eredità dal defunto nonno che non vedeva da sedici anni. Eh l’amore disinteressato!
Accade che tirando a sorte, Trenitalia decide che io avrei viaggiato con d’innanzi la sentimentale creatura di cui sopra, e accanto un’infida donna libica che, avendo captato prima di me il pericolo che incombeva (è qui che si vede la “scuola Gheddafi”) si rese indipendente, tipo Svizzera, dalla conversazione, e passò il tempo a leggere appassionatamente un libro, senza accennare a volermi dare il cambio nel portare quella croce rosa sciocching, stremante e catarifrangente, che avevamo individuato nella mia corregionale. Evidentemente la storica esperienza del conterraneo di Cirene l’aveva lasciata completamente indifferente (questa la capiranno in pochi e il mio super-intuitivo-lungimirante direttore voleva che non la mettessi. Ma con la scusa che non può licenziarmi perché non mi ha mai assunta, io gli do la stessa confidenza che a Copenaghen danno alla sagra del granchio peloso della provincia di Macerata. Anche se, devo dire la verità, il mio fido santone Maccaus, esperto in truffe ed estorsioni, con cui faccio i corsi di ioga per mantenere la calma in caso di macchina della verità, me lo dice sempre: “e che frosculo drugno Insardà! Tu non devi sdreppolare così! Sbagli! Non si pristula orpinto in codesto modo! Tu sul tuo direttore devi puntare… e poi al momento giusto fare fuoco! Erpes zoster…” (Mi costa una cifra spropositata in consulenze ma credo siano soldi ben spesi). Comunque dicevo: evidentemente il fatto che avessi trovato un biglietto in offerta facendole guadagnare poco, Trenitalia doveva pur farmela pagare in qualche modo (perché le offerte ci sono, ma così nascoste che loro addirittura si meravigliano quando un cliente attento e solerte riesce a intercettarne una, e allora poi lo puniscono caricandogli vicino gente a metà tra “il mio nome è Gem” e “l’incantevole Crimi”…).
Dice: “Ah fai l’attrice… che bello! Allora siamo colleghe”
“Anche tu sei un’attrice dunque?!”
“In un certo senso… Ho fatto il provino per Uominiedonne”
La guardai vitrea ma non reagii. Capii di dover dosare le energie perché il viaggio sarebbe stato molto lungo e il riscaldamento a pieno regime degli arroganti condizionatori trenitalioti contro di me. Forse la tizia della Libia, per essere integrata, avrà chiesto al ministro Chienghe di fare in modo che il viaggio rispecchiasse precisamente il clima nordafricano del quindici Agosto.
“Annalisa Insardà… certo che ti conosco. In questo momento non mi ricordo dove ci siamo viste, forse all’Ollivud a Milano?… Comunque sei una che si incontra poco in giro, che fai non esci? Io di solito dopo la lampada e la palestra faccio un ape in centro, l’eppiauar e vado fisso in disco con la Deni, la Franci, la Patti e la Su, perché mi devo rilassare sennò sclero con questi ritmi che tengo”.
Quando disse “la Su” mi allarmai. Non sapere se fosse Susanna o Suellen mi creò un certo disagio, ché non avere un quadro completo e chiaro concede punti di forza al nemico, ma decisi di non indagare oltre perché temevo potesse essere un nuovo spunto per grandi riflessioni.” Riflessioni” che pur ci furono perché ogni tanto prendeva dal biuticheis tascabile uno specchietto e ci buttava una furtiva occhiata dentro. Specchietto che mi ricordò molto quello che io ruppi sette anni prima… capisciammè!
Durante questo suo monologo conoscitivo, intuii che l’avversario, ostico e spietato, non avrebbe taciuto per le rimanenti cinque ore e cinquantanove minuti stop-en-gò. Improvvisai allora una strategia di grossolana fattura: andai in bagno, mi attardai, tornai a sedere sperando che si fosse distratta con “Donna moderna”… e invece la ritrovo col segno appoggiato all’ultima parola che aveva detto prima che mi alzassi, e dalla quale riprese per raccontarmi la sua impegnatissima vita passata tra estetista, personal treiner e biutifarm.
In un milanese estremo, che a confronto in bassa brianza parlano la lingua del dolce stil novo, mi chiese: “Ma tu di che zona sei della Calabria?”
“Zona piana di Gioia Tauro”
“Ah ma allora siamo vicinissime, potremmo vederci visto che abbiamo gli stessi interessi” (?) rispose con un entusiasmo che prima mi terrorizzò causa pericolo coinvolgimento in improbabili mondanità, e poi mi scatenò delle vampate di calore che immagino mi abbiano resa fosforescente, perché la composta signora originaria dell’est libico che mi stava seduta accanto, orientò verso di me il libro che stava leggendo, probabilmente per approfittare della mia luce per una lettura più nitida.
“Sei di là anche tu?”, domandai timidamente per cercare di studiare il nemico e preparare le prossime mosse.
“Sì di lì vicino. Praia a mare…”
Ora… chi non fosse informato sulla geografia della Calabria, è giusto che sappia che Gioia Tauro sta in provincia di Reggio, provincia più a sud, e Praia è in provincia di Cosenza, provincia più a nord e ultimo paese della lunghissima Calabria, prima dell’ingresso in Basilicata (Basilicata che, al di là delle più rosee previsioni, esiste davvero!) Reggio Calabria-Praia tre ore e dieci di treno stop-en-gò. Esattamente dodici minuti in più di Roma-Milano no-stop. Infatti non fu tanto la breve parentesi calabrese che mi preoccupò quanto l’idea che io nella capitale e lei nel capoluogo lombardo fossimo addirittura vicine di casa. O magari di appartamento. E metti che esce sul pianerottolo e mi bussa per chiedermi il sale? Poi devo farla accomodare e fare conversazione, tra vicini è sempre meglio mantenere buoni rapporti!
Ma grazie a Dio, in tutti i momenti in cui si fermò a respirare per poi riprendere un racconto che a confronto i fratelli Karamazov è un libricino di preci domenicali, misi insieme dei pezzi e giunsi alla conclusione che scendendo lei a Praia, il viaggio stop-en-gò con la fanciulla da “Grande Fratello story” sarebbe durato la metà, un’interminabile metà ma pur sempre la metà. Sulla donna di Tripoli, invece, nulla potrei aggiungere. Non si mosse da quella posizione neanche per girare pagina, tanto che spesso mi sorse il dubbio che il tempo trascorso con Barbisuperstar fosse stato talmente lungo da averla resa un fossile. Ma speriamo di no, altrimenti il ministro Chienghe potrebbe prima tacciarci, stop-en-gò, di torture psicologiche, psichedeliche e stroboscopiche a cittadini stranieri, e poi ingiuriarci no-stop per vandalaggio, saccheggio, depistaggio e appropriazione indebita di reperti preistorici altrui.