Cambiare. Le sviste e gli “svisti” di Gennaio
Il Sydney Morning Herald ovviamente fittizio, ospita “gli svisti e le sviste” di questa settimana di Gennaio per OzzieNotes. Cambiare ogni tanto fa bene. Cambiare strada tornando a casa dal lavoro, cambiare shampoo dopo anni del solito comprato al supermercato con la profumazione ormai diventata obsoleta, cambiare taglio di capelli, cambiare stile, cambiare aria, cambiare rotta… insomma, dare una svolta al corso della propria vita per vedere se cambiando le variabili, il risultato migliora, o peggiora, a seconda delle aspettative. In questo caso è solo l’intestazione del racconto di questa settimana, in altri casi è la vita intera.
Passeggiando per Sydney quando ormai non hai più occhi per cercare un’occupazione e hai bisogno di quel po’ di ore di svago, ti imbatti in dettagli che nella fretta dell’avanti-indietro quotidiano da e verso la banca, la posta, il supermercato e varie ed eventuali, non avevi notato. Per esempio, in questa città, se dovessi mai girare in bicicletta, non hai nulla di cui temere: ci sono pompe per ruote di velocipedi quasi ad ogni angolo delle piste ciclabili. In inglese direbbero: How cool is that? In realtà è molto fico perché non è così solito, o almeno io non ne ho mai viste in giro. Se in più ci aggiungiamo che se ti si bucasse la camera d’aria nei pressi che so, …dell’Opera House, non avresti alcun problema! Beh, Ozzie, stai guadagnando punti!
Andando all’Ikea a piedi (eh sì, anche qui non ho potuto evitare di cercare un luogo dove il profumo delle candele alla mela e cannella e dei cinnabon alternativi della bottega svedese mi ricordano casa, e non solo quella!), ti ritrovi nientepopodimeno che davanti ad Alfred. Ma come chi? L’amata scimmia lord di Cronache Alcoliche. Ovviamente non posso che presentarmi e fare una foto assieme a lui, da riportare negli appunti australiani settimanali. Evidentemente questa scimmia beona è molto più famosa di molte altre mascherine inutili da red carpet, il che non può farmi altro che piacere…
Proseguendo a random, e rendendo le suole delle nostre scarpe sempre più sottili, io e il mio team incappiamo in un locale talmente alternativo da risultare inappropriato. In realtà forse non troppo, ma cosa pensereste se una (sotto)specie di bar venisse ricreata in un angolo di un capannone adibito a ripostiglio per scarti e oggetti antichi, dove le sedie e i tavoli sono recuperati dalle immondizie? E’ un riciclo un po’ smisurato, e ancora non riconosco il pensiero che ci gira intorno.
Vedere i “clienti” di questo locale che siedono tranquillamente con un libro (Sì! Un libro! Santa Protettrice dei Lettori, sempre sempre sia lodata!) in mano, e una tazza di una qualche bevanda nell’altra, comodamente accomodati su divani di recupero, quelli che solitamente qui vedi al lato della strada sotto appartamenti che vengono svuotati e riempiti “on a regular basis“… costantemente, ogni tot settimane per dare modo a studenti, backpackers, viaggiatori, affittuari casuali, di … cambiare, fa un certo che, ma ancora non mi è chiaro di che tipo di “che” si stia parlando.
Aggiungiamo che per la strada del ritorno sembra che ci sia la voglia di cambiare prospettiva. Grazie ad un’illusione ottica che non è nemmeno definibile come tale, ma ben rende l’idea del gioco di immagini che viene prodotto, ci si può immortalare mentre sembra che ci si stia buttando giù da una finestra, o appesi ad un balcone o ancora distesi, ingannando la forza di gravità, in verticale sul muro di un edificio. Come? Semplice, basta un muro disegnato a terra ed uno specchio gigante sopra la tua testa. Perché non lo facciamo un po’ ovunque per divertire questi esseri umani depressi, nervosi, irritabili, noiosi, pesanti, stanchi, super-eccitati, eccetera, che sembrano tornare bambini con così poco? Vi immaginate una stanza-gioco al posto del salone “Transatlantico” di Montecitorio? Magari allenterebbe un po’ le tensioni all’interno del Parlamento. No un attimo. Fermi tutti. Ci giocano già abbastanza in quel posto, meglio non suggerire ulteriori espedienti ludici. Sorry. My bad (letteralmente: Ups, colpa mia!).
Ultimo ma non meno importante, il dettaglio dell’insegna sotto casa. Lo so. Sembra abbastanza esplicita e anche spinta nella sua “piccolezza” dato che, traducendolo letteralmente, non rende quello che in inglese si definisce pun o play on words, un gioco di parole, una forma di paronomasia. In breve e spiccio, parole che pronunciate suonano simili, ma che scritte significano cose completamente diverse. Quello della foto è il riferimento al negozio di liquori (in inglese pronunciato licher) e ’til midnight sarebbe proprio: fino a mezzanotte. Il problema è che, scritto così, come nella foto, significa qualcos’altro, che implica un’accezione con riferimento esplicitamente sessuale… che lui fa a lei. O lei a lei. Ovviamente, in un quartiere etichettato come “il quartiere alternativo” dove le persone cosiddette diverse – non solo in ambito sessuale – trovano rifugio e casa, l’insegna non infastidisce e anzi, quasi quasi, fa scoppiare una risata a pieni polmoni, uno scrollo di testa con sorriso a cento denti in stile “ma dove siamo finiti” e via, per la nostra strada. E un’altra settimana è passata…
Prima o poi, cambierà qualcosa?
Cheers Mates.