L’angoscia dell’istinto
Camminavo lungo la spiaggia immerso in questo inverno che non vuole spogliarsi del caldo d’ottobre e mi son tolto le cuffie. Stavo ascoltando Ludovico Einaudi, ma la scena iniziava a diventare troppo banale. Mi sono messo a giocare per un poco con le onde. “Non mi prenderete mai i piedi, infide!” e mi sono ritrovato a saltellare in qui e in lì sul bagnasciuga… saranno stati anni che non lo facevo così seriamente. Poi me ne sono accorto, mi sono fermato e ho sorriso. Che bello sorridere di sé stessi… lo si dovrebbe fare almeno una volta al giorno. L’autoironia che disprezza totalmente l’autocompassione. E che fa bene.
Che bello sorridere di sé stessi… lo si dovrebbe fare almeno una volta al giorno
Chissà se gli uccelli sanno di possedere un istinto che li porta a migrare dove stavano migrando. Anche se non so di che uccelli poteva trattarsi, ho capito – come me l’avessero cantato – che erano in volo per un lungo viaggio. Chissà cosa spinge i pinguini a camminare per settimane, chissà come fanno a sapere il punto esatto del mondo dove possono far nascere i propri figli. E potrei farvi altri esempi, parlarvi di pesci che risalgono le correnti e i mari. Per me è un mistero. E credo lo rimarrà per sempre per due motivi: mi rovinerei quest’aurea mistica di curiosità e perché credo che nemmeno la scienza sappia e non saprà mai cosa succede esattamente in questi momenti.
Ma rimango sugli uccelli. Perché sono gli unici che hanno una visione d’insieme cangiante. Possono allargare la loro visuale alzandosi in volo, la possono restringere planando, e restringere sempre più scendendo a terra. E poi possiedono questo istinto che li porta a migrare, come se un posto altro li chiamasse. Come se ad un certo istante l’empatia viaggiasse su frequenze più lontane ma più forti, scavando il percorso esatto per lo spostamento. Lo spostamento del pensiero che ti induce allo spostamento fisico. Anche a me succede spesso, con le persone alle quali tengo veramente; una chiamata da parte dell’istinto che ti fa capire che a loro sta capitando qualcosa o stanno nuotando verso il mare della tristezza.
Lungi da me essere veggente: credo capiti a tutti (siamo animali, in fondo), anche se viaggiamo a frequenze sempre più basse e disturbate. Dovremmo cercare di ascoltare di più. Chissà, magari è solamente magnetismo.
Mi angoscia questo istinto. Perché non lo comprendo appieno, perché sento che dovrei essere da qualche parte altra anche io in quel momento in cui s’attiva. Invece posso solo camminare lungo il mare, fondendomi con la sabbia e con lo sguardo ad uno stormo. Beati voi, che se vi va potete volare!