La signora senza il cagnolino e la vertigine
“La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare” (Jovanotti)
Distorsione della percezione sensoriale dell’individuo. La vertigine è oggettiva quando è l’ambiente che gira vorticosamente attorno a te, soggettiva quando siete tu e la tua testa a girare senza sosta nella stanza ferma. La signora senza il cagnolino conosce bene entrambe le sensazioni perché lei è sempre stata un tipo di persona desiderosa di provare ad osservare gli eventi della vita da più punti di vista. Impazziva per il girotondo. Quando era bambina aveva spesso un problema nella scelta dei ruoli da interpretare nei giochi con le amiche.
“Tu che fai l’uomo o la donna? Il dottore o l’ammalata? La mamma o il bambino? Insomma vuoi scegliere? Devi scegliere chi vuoi essere!”. La bambina senza il cagnolino si paralizzava e spesso perdeva il turno, restando da sola a pensare in un angolo perché mai non poteva essere entrambe le cose, perché avrebbe dovuto smettere di essere qualcuno per poter essere un altro?
Come la volta in cui le dissero che per essere una buona madre doveva smettere di sentirsi figlia. Assurdo, inconcepibile per una che vuol essere tutto e più di tutto in questa vita. Se sei stato qualcuno o qualcosa non smetterai veramente mai di esserlo, e non smetterai neppure quando non ci sarai più. Perché saranno la memoria e il ricordo di chi ricamerà una cornice per il tuo volto, una musica per la tua voce, e una carezza per le tue mani, a creare quel filo sottile di continuità fra l’inizio e la fine. Due concetti necessari soltanto da una parte della barricata. Le piace pensare a quel filo di continuità fra un individuo e un altro, fra un’epoca e l’altra, come ad una spirale senza capo né coda. Qualcosa che non è rappresentabile ma è stranamente immaginabile. Una spirale che girando ed avvitandosi su se stessa fa cambiare posizione di continuo, fa vedere appunto, la vita da tanti punti di vista. La bambina senza il cagnolino non avrebbe mai trovato le parole giuste per spiegare alle amiche che entrare nella spirale era un po’ come avere una vertigine. Perdersi di vista. Per vivere. Del resto non si direbbe a qualcuno che ci piace tanto da confonderci “mi fai girar la testa”; l’amore è una vertigine perché il mondo attorno non ha più lo stesso assetto, tutto va veloce e cambia continuamente come se guardassimo in un caleidoscopio. Chi non perde mai l’equilibrio non saprà mai che la vera ragione è perché sta fermo sempre allo stesso posto, da fermo non corre nessun rischio. Nulla muterà di forma e colore davanti al suo sguardo, un’unica prospettiva avrà il suo occhio.
Mentre rifletteva su questi pensieri, la signora tornando verso casa si alzò un po’ sulle punte dei piedi, come una ballerina o un uccello in procinto di spiccare il volo, e guardò in alto. Nuvole scure si agitavano sulla sua testa, veloci e dense spiccavano nel cielo spostandosi vorticosamente da una parte all’altra. Migliaia di stormi schizzavano come gocce d’inchiostro, vertigini felici ed imprevedibili sulla città.
“Ecco lì, veloci come saette”, disse roteando la testa per seguirne i movimenti. Fu allora che le prese una vertigine, breve intensa, che le fece sfilare davanti cornicioni antichi, piccoli ciuffi d’erba fra il cemento, luci di specchi di vetrine, gambe di ragazze sull’asfalto, zaini pieni sulle spalle, voci di bambini cantilenanti. Tutta la vita in un attimo d’imprevedibilità di una vertigine, e la bellezza del ricordo di quanto sia emozionante perdere per un momento l’equilibrio.