Nessuno è immune al cancro al seno… Neanche Wonder Woman
Parte dal Mozambico l’urlo del cartoon contro il cancro al seno. Con lo slogan “Nobody’s immune to breast cancer”, la Associação da Luta Contra o Cancer apre la sua campagna di sensibilizzazione, realizzata dall’agenzia pubblicitaria DDB, di Maputo.
When we talk about breast cancer, there’s no women or superwomen. Everybody has to do the self-examination monthly. Fight with us against the enemy and, when in doubt, talk with your doctor”
Questa è la frase che introduce ogni fumetto. La campagna cade all’occhio perché mostra le eroine dei fumetti intente a palparsi il seno per fare un piccolo auto-controllo della situazione mammaria e rilevare eventuali tumori: la DDB non avrebbe potuto fare di meglio. Nessun seno in vista a strumentalizzare le donne e a sollevare il polverone di critiche, personaggi che tutti conoscono e un atto che colpisce, una scritta piccola, discreta, che però sa di farsi sentire. A prestar la loro cartoon-presenza per sensibilizzare le donne, ci sono Wonder Woman, She-Hulk, Catwoman e Storm. Così anche le più piccole possono familiarizzare senza malizia con un atto che è bene prendere come abitudine, una volta adulte: abitudine a prendersi cura di sé.
È vero però che c’è chi si chiede: okay l’autopalpazione, ma che cosa devo fare nel concreto?
Torna allora utile il sito dell’AIRC, ed è qui che per questa settimana che consigliamo di… fare un salto. La pagina dedicata alla prevenzione infatti spiega come si può fare il test di autopalpazione ma anche che questo è soltanto un primo strumento da abbinare, con l’avanzare degli anni, a visite senologiche.
“When we talk about breast cancer, there’s no women or superwomen. Everybody has to do the self-examination monthly. Fight with us against the enemy and, when in doubt, talk with your doctor.”
E’ bello che sia il Mozambico a dar voce a quest’urlo che reclama la salute delle donne: un paese lontano dove si praticano ancora riti di iniziazione, poligamia, ma dove anche la donna ha un ruolo a suo modo centrale – quello di portatrice di vita – benché tutt’altro che autonomo.
Come leggiamo nel saggio breve di Silvia Cavalieri infatti le donne arrivano al loro status sociale tramite la maternità: concezione che non oso criticare per non peccare di eurocentrismo, ma che mi fa apprezzare il fatto che finalmente, in questa campagna, la donna sia chiamata a testarsi anzitutto da sé. Come a dire: hai le facoltà per farlo, che tu sia sposata, madre, sola, vedova; il tuo valore è nel tuo essere, e basta. E soprattutto, come a dire: tu vali, vale la pena che controlli la tua salute, che ti prendi cura di te, perché vali a prescindere. È bello.
E, per chi ha pronta la critica riguardo la divisione fissa dei ruoli femminili e maschili, tengo a citare la Cavalieri dicendovi che “gravi sanzioni, soprattutto morali, sono previste, in effetti, per le donne che vogliono infrangere le consuetudini, così come ve ne sono per gli uomini che intendano travalicare i confini tradizionali occupandosi di mansioni reputate femminili.” .
È qui che mi viene difficile riuscire a parlare di femminismi necessari, perché se anche gli uomini sono penalizzati, qualora volessero dedicarsi a mansioni considerate femminili, io la prigione la vedo per entrambi, allora quello a cui potrei richiamarmi non è tanto una lotta femminista quanto un’evoluzione di pensiero generale, che però penso debba partire dagli individui che vivono quella realtà, e mai essere importata.
Quindi, a voi donne mozambicane il potere di decidere se e quando non farvi andar bene la realtà e cambiarla. Quindi a voi, donne mozambicane, il mio pieno appoggio qualora decidiate di ribellarvi perché questa divisione di ruoli vi va stretta. Quindi a voi, uomini mozambicani, il mio pieno appoggio qualora decidiate in massa di cucinare e curare la crescita dei vostri figli. A voi, persone che subiscono sanzioni per la mancanza di libertà. Per farne un discorso che vada al di là del genere sessuale, che sia liberazione per gli esseri umani.
Ma, intanto che questa liberazione cova, io rimango felice di fronte alle immagini della pubblicità progresso e poi sorrido perché i seni delle eroine dei cartoni animati li fanno sempre così perfetti, e mi viene in mente che anche questa è un po’ ipocrisia.