L’altra faccia della terra santa – parte 2°
Un uomo storpio – arrabbiato e con gli occhi iniettati di sangue – grida come un forsennato e agita le sue mani storte verso di me.
Direi che l’ho fatto arrabbiare sul serio, ma che cosa ho fatto?
L’uomo grida qualcosa in arabo e continua a guardarmi incattivito; forse è meglio allontanarsi, ripassare sotto il grande arco e ridiscendere verso il Muro del Pianto.
Il motivo di tanto trambusto si spiega facilmente. Ho tentato di accedere alla spianata delle moschee di Gerusalemme, edificata nello stesso luogo dove un tempo sorgeva il Grande Tempio di Re Salomone. Oggigiorno questa parte della città è in mano ai musulmani e, questo si sa, sulle questioni di fede con loro non si scherza. L’uomo, considerandomi un infedele, ha cercato di rendermi difficile la visita alla monumentale spianata, e alla fine mi ha costretto a rinunciarvi. Apprendo che per visitare la spianata delle moschee bisogna essere assistiti da una gran dose di fortuna. I musulmani non apprezzano “infedeli” vicino ai loro luoghi di culto, specie in momenti particolari come questo (la fine del Ramadan). Per fortuna ci sono anche i momenti che vengono immediatamente a seguire le festività, e questo mi consente di tornare alla spianata due giorni dopo. Questa volta non ho nessun problema ad entrare e sono libero di muovermi in autonomia. L’uomo storpio non è più nei paraggi, ma al suo posto c’è un altro uomo, in abiti tradizionali e di sicuro un pezzo grosso della spianata.
Mi si avvicina chiedendomi se sono interessato ad una visita guidata a una delle moschee. Da quel che ricordo solo i musulmani sono ammessi all’interno degli edifici di culto. L’uomo mi dice di non preoccuparmi: non mi succederà niente se mi affido a lui, stipulando un contratto verbale al momento con garanzia il mio denaro. Ma come? Fino a due giorni fa a momenti mi ammazzavano per aver osato dare un’occhiatina alla spianata, e ora mi vendono la visita alle moschee come se fossero tendoni da circo? Ringrazio e dico all’uomo che non mi interessa. Non ho voglia di avere grane inutili e sopratutto di mancare di rispetto alle loro tradizioni.
Devo dedurre che anche qui in terra santa, nonostante la vicinanza ai suoli sacri calpestati dai fondatori di tutte le religioni monoteistiche, la fede e la religione assumono una piega diversa a seconda del credente. Ecco allora che vediamo persone così vicine ad esse da non tollerare alcuna forma di trasgressione, e altre che trovano più opportuno sfruttarle per il proprio tornaconto.
Abbandonata la spianata delle moschee, il resto della città vecchia si presenta diverso da come me lo aspettavo. A parte i meta detector all’ingresso dei negozi e dei centri commerciali, mi è impossibile respirare tensione nell’aria. Da quanto ci riportano i nostri media la Terra Santa è una polveriera sempre in pericolo di esplodere. Questo è vero, per carità, non vi verrò di certo a dire che è il luogo più tranquillo e placido del mondo. Tuttavia, per le strade di Gerusalemme, non si sente puzza di pericolo imminente. Le persone appaiono serene, rilassate, ognuna intenta a perseguire i propri affari o la propria fede. Sembrerà strano ma i più agitati sono i pellegrini e i turisti. Una calca umana in fila per entrare nella Basilica del Santo Sepolcro (dove il Cristo fu prima crocifisso e poi sepolto) e tutti loro, come in preda ad un’isteria di massa, a strusciare le proprie fotografie e catenine sul presunto luogo di sepoltura di Gesù. Per effettuare questo semplice atto hanno sopportato una attesa di ore e ore.
Forse la risposta a questo me la può dare Nahim, che ormai è il mio tassista di fiducia qui a Gerusalemme. Secondo lui, e secondo i pellegrini da lui trasportati su e giù per la Terra Santa, i turisti sono i più agitati perché per loro questo viaggio rappresenta l’occasione di una vita. Con questa visita ai luoghi sacri, essi hanno ristabilito un contatto profondo con la loro religione e, attraverso le reliquie riportate a casa, sperano di riportare indietro quella connessione anche nella propria terra, tra i propri cari.
I cittadini di Gerusalemme sono diversi invece. Se si escludono alcuni episodi eclatanti (come quello dei rabbini ortodossi colpevoli di aver distrutto centinaia di auto lasciate in un nuovo parcheggio costruito su di un punto sacro per loro), la maggior parte della gente segue la filosofia del vivi e lascia vivere. Quello che alle persone realmente interessa, dopo anni di tribolazioni e disagi, è di vivere in pace la propria vita e la propria fede e di consentire ai propri concittadini di fede diversa di fare lo stesso.
Con questo chiaramente nessuno sostiene che gli attriti e i malcontenti siano del tutto appianati, ma solo riportare una sensazione di pace e rassegnazione che io personalmente ho respirato per le vie di Gerusalemme, e sopratutto ho letto negli occhi di Nahim.
Il tassista palestinese si è rivelato un aiuto prezioso, sia dal punto di vista logistico che da quello culturale. Il suo modo di leggere e vivere la sua terra ha influenzato anche il mio e mi ha permesso di conoscere lati nascosti di questa bellissima terra così contraddittoria al suo interno.
Una frase in particolare mi ha colpito di lui, una frase che credo ricorderò per sempre. “Tutte le fedi professate qui sono belle se hai voglia di credere e non di prevaricare. Allo stesso modo, a chi mi dice: “perché ti spezzi la schiena dodici ore al giorno per fare il tassista?” io rispondo: “Tutti i lavori sono belli se ha voglia di lavorare.”