Il rientro in Iran dopo un anno d’assenza, Mashad
Nota dell’autore: data l’impossibilità di scattare foto la sera della passeggiata al santuario dell’Imam Reza, ho deciso di inserire altre foto scattate in differenti zone dell’Iran
Più di due ore fermo all’ingresso in Iran. Lo scorso anno erano bastate due parole di un funzionario salito sul treno al confine curdo-azero tra l’Iran e la Turchia, qualche sorriso ed un controllo rapido dello zaino ed ero nel paese di Hafez.
Questa volta la situazione non sarà la medesima: riuscirò a passare con Filippo il controllo all’ingresso dopo due lunghi interrogatori ed un’ispezione ferrea degli zaini. Il confine è uno di quelli più controllati in medio oriente, potevo aspettarmi un trattamento simile; siamo nella striscia di terra che separa un paese ostile agli Stati uniti, l’Iran, criticato spesso dai governi occidentali e l’Afghanistan, dove i medesimi governi e non solo, partecipano ad una missione d’occupazione del Paese da anni. Da una parte un paese che, con la rivoluzione contro il potere monarchico dello Sh’ah e la cacciata dei suoi più stretti collaboratori statunitensi, ha cambiato totalmente i rapporti dell’antico Paese persiano con l’occidente. Un paese che si è mostrato, con il passare degli anni, ostile alla presenza di truppe americane ed ISAF vicine al proprio territorio. Un Paese che è divenuto dopo una prima rivoluzione estesa a tutti i gruppi ostili allo sh’ah, la patria della rivolta di matrice sciita, che ha saputo creare una repubblica islamica. Dall’altra parte un paese ancora in guerra, nel quale l’occupazione militare di truppe ISAF ed americane continua da più di dieci anni. Un paese nel quale si continuano ad imporre ingerenze politiche ed economiche dall’estero, in contrasto ad un radicalismo islamico che per anni era stato finanziato dagli stessi stati un tempo dall’altra parte della barricata, in nome di una battaglia internazionale contro il socialismo. Strano come il mondo possa cambiare a seconda della direzione nella quale il capitale si dirige.
Siamo passati e finalmente siamo in Iran. Arriviamo a Mashad a sera inoltrata e siamo scaricati non lontani dallo storico santuario dell’Imam Reza; non abbiamo neanche un po’ di moneta locale, il rial e ciò sicuramente non ci aiuta in quanto ogni ATM trovata in Iran non fornisce soldi a titolari di carta MasterCard e Visa, dato il costante embargo economico che grava sulla nazione islamica.
Camminiamo in direzione del santuario alquanto affaticati mentre mi guardo intorno e comincio a sentirmi come a casa, felice di esser ritornato in una delle parti del mondo che dallo scorso anno mi ha lasciato il segno.
Non riusciamo a trovare neanche un ufficio di cambio, così preferiamo dirigerci verso l’indirizzo di un piccolo albergo trovato su di una guida del 2009, sperando che sia ancora aperto agli ospiti e che accetti il pagamento per il giorno seguente.
Dopo un lungo peregrinare tra le vie del centro, siamo fermati da un ragazzo che ci chiede immediatamente se avessimo bisogno di qualche cosa; la tipica situazione capitatami più volte in Iran l’anno precedente, si ripresenta con la sua spontaneità; così l’ospitalità delle genti iraniane bussa gentilmente alla porta del nostro viaggiare.
Dopo alcuni chiarimenti, senza alcuno scrupolo, il ragazzo ci invita a seguirlo nella propria macchina. Per svariate ore ci aiuterà a cercare un cambio aperto ed un buon albergo economico, portandoci in giro in lungo e largo nel traffico caotico di Mashad, la città sacra per gli sciiti di tutto il mondo.
Durante il nostro girovagare per Mashad scambiamo qualche parola con il ragazzo di nome Amed, in merito alla sua vita, ai suoi studi ed alla situazione odierna dell’Iran. Ci viene spiegato che è sposato ed ha una figlia, è studente di filosofia nell’università di Mashad e ci fornisce un quadro complessivo della situazione politico sociale dell’Iran che è spaventoso.
Amed ci racconta con voce quasi soffocata che l’embargo economico e le pene finanziarie della comunità internazionale con cui l’Iran è costretto a convivere, causano ingenti problemi all’economia locale ed alla vita di tutti i giorni degli iraniani, aggravando la situazione già storicamente precaria delle classi medio – basse.
Dopo un’interessante conversazione sul viaggiare ed il conoscere le altrui culture interagendo nel loro spazio vitale, passiamo a discutere di filosofia e di alcune tesi marxiste, aprendo un’interessantissima polemica sui rapporti tra marxismo, religione e sulla teologia islamica.
La chiacchierata scorre lentamente mentre Mashad ci passa davanti agli occhi con la sua vitalità che contrasta la fredda religiosità dell’ambiente; guardandomi intorno noto un esagerato numero di immagini degli Ayatollah Khomeyni e Khamenei ed un continuo passaggio di bus di pellegrini che visitano il luogo di sepoltura dell’ottavo Imam sciita, Alì pesar Musa Reza.
Dopo essere riusciti a trovare un cambio ad un’ottima rata ed un piccolo albergo a gestione familiare non troppo distante dagli imponenti minareti del complesso religioso, posiamo i nostri zaini ingombranti e ringraziamo con un abbraccio sincero Amed per il suo vitale aiuto, fissandogli appuntamento per una piccola colazione la mattina successiva.
Dopo una breve pausa accompagnata dall’immancabile tè persiano, ci dirigiamo verso il complesso del Santuario dell’Imam Reza transitando per la via principale della città; la città nonostante la rigida morale islamica data dalla sacralità del posto, si presenta comunque piena di una vitalità che accenna di avere un sapore occidentale.
Le vie sono ricche di giovani ragazzi e ragazze che circolano per la città mettendo in mostra la propria eleganza, un trucco pesante e accompagnato spesso da tacchi altissimi e provocanti; spesso siamo salutati dai passanti con sorrisi e con sguardi curiosi,molti rivenditori vogliono gustarsi un tè in nostra compagnia, accogliendoci nel proprio spazio senza l’arroganza del voler vendere a qualsiasi costo un prodotto. A Mashad, ancora una volta, respiriamo la tipica aria di cortesia che contraddistingue le genti persiane, entrando pienamente in contatto con la gentilezza iraniana.
Passo dopo passo l’enorme complesso si avvicina e non posso che sorprendermi dell’imponenza del santuario già da pochi passi precedenti l’ingresso principale. I minareti dell’imponente moschea Ghoharshad e della sua cupola centrale illuminata, bloccano i miei passi e mi lasciano incredulo per qualche attimo, grazie alla loro immane bellezza; conosco le meraviglie architettoniche dell’Iran, ho degli splendidi ricordi di Esfahan e di Yazd, ma non ho mai visto niente di più spettacolare e maestoso prima d’ora.
Riusciamo ad entrare nell’immenso cortile e girovaghiamo senza guida all’interno del santuario, senza pronunciare una parola ed immergendosi completamente nella magia di sì tanta perfezione.
Non possiamo scattare fotografie all’interno, così secondo dopo secondo la mia mente cattura in un attimo tutte le meraviglie d’ogni piccolo momento di bellezza che il mio sguardo incontra.
La mente si perde tra l’infinità di scale di colori che vanno da una dominar di blu cobalto e turchese sino al bianco, da un verde trasparente ad un potente giallo dorato e zafferano, oltre ad un’imponente presenza di marmo e specchi che riflettono la meraviglia di alcuni interni. Tutti i toni sembrano fluttuare nel vuoto grazie ai giochi tra le diverse sfumature che si rispecchiano in enormi pareti magnificamente lucide. La lucentezza delle piastrelle ha dell’incredibile ed adempie perfettamente il suo ruolo decorativo che non può non impressionare anche il più scettico.
Usciamo dal complesso dopo una passeggiata solitaria nel cortile accompagnata da una serie di riflessioni sulla religione musulmana sciita e sulle varie differenze con l’islam sunnita, ci voltiamo verso gli imponenti minareti e salutiamo il complesso con un waltzer infinito di sguardi sulla melodia di un malinconico adhan.
La mattina seguente, dopo avere fatto colazione con Amed ed un suo amico, ci avviamo verso la stazione dei bus di Mashad per recarci ad Esfahan, viaggio che durerà più di venti ore attraversando una gran parte dell’Iran centro orientale, tra deserti e splendide alture in mezzo ad un’impetuosa tempesta di tuoni e fulmini.
Caro mio Iran, sono tornato.
Link alla precedente tappa: https://www.facciunsalto.it/archives/4969