Miguel e Silvia: “Vi raccontiamo il nostro Natale spietato”
Non esiste una festa più spietata del Natale. E’ questo che pensa Miguel, orfano di padre, con una madre che l’ha affidato alla vita e a due estranei genitori perché si riteneva incapace di crescerlo. Miguel pensa alla cattiveria del Natale quando ascolta i suoi compagni di classe cantarne le canzoncine (lui canta in playback), quando vede i papà e le mamme degli altri che salutano i professori, stringendo mani su mani. Prova compassione per i suoi genitori adottivi, che non sanno del concertino che la scuola ha organizzato. Non gliel’ha detto. Non li vuole, non li sente suoi.
Non esiste una festa più spietata del Natale. Silvia odia questa festa che fa tenere chiusi bar e negozi per tanti giorni consecutivi. Non potrà andare a riscaldarsi con un caffè offerto dal Piero; si immaginerà solamente un panino con l’affettato della Pina che non addenterà. Riuscirà solo a raccattare qualche birra al supermercato. Anche se è sempre più sorvegliata dalle telecamere.
Forse riuscirà a trasformare qualche monetina d’elemosina. Ma non ci spera, più di tanto.
Da quando ha perso il lavoro Christian ha perso un poco l’anima. Non sorride più, nemmeno quando la sua figlioletta sbiascica qualche sillaba. Nemmeno quando Giovanni lo invita a fare una partita di bowling. “Vorrei ritrovare l’anima” gli ha confessato l’altro giorno “Ma sotto l’albero non ne vedo l’ombra”. “Io vorrei ritrovare l’amore” gli ha risposto Gio. “E io” s’è introdotto il barista che gli stava versando due bicchieri di vino rosso “vorrei trovare diecimila euro per rientrare dai debiti”. Ma intanto beviamoci su, han pensato tutti. Che magari domani cambia e anche se quasi cinquantenne uno si riesce a riciclare nuovamente nel mercato del lavoro. “Mercato”. Del. “Lavoro”.
Non esiste una festa più spietata del Natale. Penso proprio di no. Come tutti i personaggi ambigui, sai che puoi aspettarti il contrario di quel che promette. Felicità, serenità, fratellanza. I più scettici dicono: “perché tutto questo solo in un giorno e non tutto l’anno?”, “è solo una festa del consumismo”, “lo si sente sempre meno, il Natale”. Hanno ragione. E’ tutto vero. Però abbiamo un modo per uscirne fuori: rileggere le storie di Miguel, Silvia, Christian, farle nostre per sempre. Fare nostre per sempre le storie di Lampedusa, degli omosessuali perseguitati, dei bimbi soggetti a bullismo, di chi è costretto disabile, di chi è ammalato. Di chi è solo.
Trasformare la compassione in solidarietà e consapevolezza. Solo così sarà un Buon Natale. Ve lo auguro!