Ode al Porco di Bronzo
Mi trovavo a casa di un amico, durante uno dei miei tanti pomeriggi ricreativi. Ho sempre pensato che il relax sia un elemento necessario per fare bene quello che si vuole fare nella vita, dallo studente all’ingegnere, e a maggior ragione lo psicologo. Se non ho momenti in cui stacco la spina sono frustrato, se sono frustrato non funziono bene, oltre a campare male.
Certo, avrei dovuto anche imparare che per fare bene quello che vuoi devi farlo oltre a rilassarti, ma a questo ci sono arrivato dopo, con calma: ero rilassato! Ad ogni modo, abitando quasi di fronte e condividendo la passione per le chiacchierate, io e il mio amico passavamo molto tempo insieme, per la maggiore a casa sua. In uno di questi pomeriggi, come dicevo, ascoltavamo Paranoid Android dei Radiohead, di cui vi fornisco dei brevi cenni: nel 1997 i Radiohead si trovavano a ultimare e registrare OK Computer, album simbolo della loro svolta artistica e che Rolling Stones USA ha classificato come secondo miglior album degli anni ’90. Al primo posto, visto che a questo punto viene spontaneo chiederselo, c’è Nevermind dei Nirvana; personalmente penso si tratti di cose incomparabili, un po’ come a voler misurare l’acqua in metri. Ad ogni modo, durante la lavorazione al disco gli erano “avanzate” tre idee, nel senso che erano bozze per altri tre possibili pezzi, da cui però non erano ancora riusciti a ricavare granché pur essendo materiale di qualità. La soluzione fu tanto semplice quanto geniale: unirle tra loro. Questo il risultato:
Tornando a noi due normalissimi – per modo di dire – ragazzi (su questo invece sono abbastanza sicuro), eravamo nel massimo dell’estasi da trip musicale quando all’improvviso, precisamente al minuto 3.16, il mio amico esclama: “Wa, questa parte pare che non c’azzecca niente.. però è troppo bella! Cioè.. è come se io mettessi un porco di bronzo qua sopra.. sta là, non serve a niente, però è bello!”
Questa per me non solo è la migliore sintesi, la più rappresentativa di quei pochi secondi di musica, ma è di per sé un concetto fantastico, tant’è che ha meritato di tramutarsi in un culto: il Culto del Porco di Bronzo. Innanzitutto, mi scuso con il Porco di Bronzo per aver scritto il Suo nome in minuscolo prima, ma all’epoca Egli non esisteva ancora in quanto entità venerabile.
Detto ciò, Paranoid Android per me è un pezzo fantastico; il Porco di Bronzo (incarnato in quelle note distorte di chitarra) è l’elemento di discontinuità, strano, quasi di disturbo, che irrompe in un’armonia perfetta, per poi restituirla un attimo dopo così com’era. Potrebbe tranquillamente non esserci, ma per qualche motivo c’è, e se al primo ascolto ti sembra strano, dopo i successivi lo apprezzerai e ne riconoscerai la buona fattura.
“.. è come se io mettessi un porco di bronzo qua sopra.. sta là, non serve a niente, però è bello!”
A parte questo, trovo che il concetto del Porco di Bronzo sia estendibile anche alla vita quotidiana: l’artista sceglie di seguire il suo estro, rischiando di rovinare una cosa già bella di per sé. Con questo non solo esprime appieno sé stesso, ma aggiunge uno di quei dettagli che a volte trasformano un pezzo bellissimo in un capolavoro. È una scelta coraggiosa. O magari uno sclero dettato da quantità immani di droghe varie, tutto può essere! E noi? Beh, per me professare il Culto del Porco di Bronzo vuol dire non limitarsi a storcere il naso davanti alle stranezze – che tanto il mondo n’è pieno – ma cercare sempre di comprendere, perché la comprensione ti restituisce un’altra dimensione di ciò che osservi, la più vera, e talvolta non ci rendiamo conto d’essere circondati da tanti strani, bizzarri ma geniali Porci di Bronzo! Niente comandamenti, niente sacrifici umani o animali, niente prediche la domenica mattina, che aspettate a unirvi al Culto?
Pensateci, e mentre lo fate beccatevi pure tutto OK Computer, che per l’occasione ha accompagnato il battere delle mie dita mentre scrivevo quest’articolo, ed è sempre un dolce ritorno.