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Certe volte viene un’idea, in un momento come un altro, senza preavvisi, non ti avverte neppure.
Io per esempio volevo fondare un nuovo magazine. Quattro amici ce li ho, che sappiano scrivere. Enrico, Leyla, Chiara. Ci state? Ci stanno. Facciamo un nuovo magazine. Di cronaca, di politica e d’attualità, che guardi alla realtà locale con qualche puntatina alla politica estera e all’economia. Perché i nostri lettori vorranno sapere non solo di Letta e di Grillo, ma anche della terra dei fuochi, e dell’Ilva e della protesta Tav, e non solo: gradiranno anche un’opinione sulla primavera araba e – perché no? – una guida alle tasse che verranno. Tutto questo lo vorranno sapere da noi quattro, e dai nostri rispettabili curricula. Altro che repubblica.it, libero e ilfattoquotidiano. Da noi verranno ad informarsi. Che non abbiamo abbonamenti alle agenzie di stampa, non abbiamo cronisti sul territorio né un soldo bucato per pagarli (ammesso che i giornalisti ancora si paghino), la Tares ci pare una brutta malattia e se in Grecia ci siamo andati in vacanza mangiando tofu e bevendo Retsina, la Siria non sappiamo nemmeno dov’è.
Siamo onesti: non se ne può più. Di vedere chiunque lanciarsi a dare opinioni su fatti che non conosce, su persone delle quali prima di scrivere l’articolo ignorava persino l’esistenza. Non è giornalismo né informazione questo. Il giornalismo si fa con le fonti, non col sentito dire, non col ‘l’ho letto su wikipedia’, non col copia&incolla. Si fa per strada, si fa chiedendo e informandosi, altro che leggi un po’ in giro, fatti un’idea e butta giù dieci righe. Si fa sotto la pioggia e con il sole, alle conferenze più noiose, negli alberghi a cinque stelle e nelle bettole di periferia, al freddo piantonando politici e testimoni, coi redcarpet e gli spintoni dei bodyguard, con le minacce di morte e le telefonate anonime. Si fa cercando disperatamente la verità.
Ragazzi, ne siamo capaci davvero? Siamo in grado di offrire un buon prodotto? Abbiamo le risorse per farlo? E soprattutto, abbiamo davvero le competenze? No. Non siamo capaci. Possiamo provarci, ma da dilettanti. Sfogare il nostro ego e perderci nell’oceano della rete, che qualche decina di contatti al giorno, se scegli bene i tag da mettere, non li nega nemmeno al più sfigato. Ecco com’è nato facciunsalto.it. Dalla coscienza dei nostri limiti. Dalla presa d’atto che per ben riuscire dovevamo abbandonare il terreno dell’informazione e avventurarci altrove.
L’evasione, l’introspezione, il racconto personale. Raccontiamo il mondo visto da noi. In quello nessuno è dilettante, siamo tutti professionisti. Perché la fonte primaria siamo noi, siamo noi l’informatore, e la nostra visione del mondo, gli odori, i colori, i suoni, i sapori, le esperienze tattili sono solo nostre, e quindi inequivocabili. Piaceranno, ne eravamo sicuri, e il primo tempo ci sta dando ragione. Perché la gente ama le storie, e ne vuol leggere e sentire. Perché le corde che qui si prova a suonare sono quelle dell’anima, e un’anima ce l’abbiamo tutti. Da qui l’idea che oggi ci raccoglie insieme nel progetto, e da quattro siamo adesso in trenta.
Quindi abbiam messo su tutto in quattro e quattr’otto, tale che era l’entusiasmo. Abbiam fatto un logo, il sole che vedete, generato casualmente da qualche algoritmo di un sito che non sapremmo più trovare. Carino, va bene. Adottiamolo. Un font carino per il nome, facciunsalto era già deciso. Ecco il nuovo logo.
Le cose procedono. Ma poi il logo non ci piace più. Silvia Ziche, disegnatrice per la Walt Disney, ci concede una intervista e ualà! Indora un Paperino che salta con una parola: HOP! Anche lui fa un salto, verso cosa non è dato sapere. Si salta anche solo per il gusto di farlo. Si salta per sgranchire i muscoli, per l’ebbrezza del salto e per la curiosità del toccare nuovamente terra. E’ quanto ci scrisse Martina Panzolato – una persona che non conoscevamo – poche ore prima del lancio del sito. Aveva capito cosa volevamo mostrare alle persone, che poi non è null’altro che quel che possono fare e trovare e provare. Non la conoscevamo, dicevo. E perché non aprire proprio con lei? Una pazzia. Con una fan sconosciuta della nostra pagina Facebook che si riconosceva nel progetto e che ebbe l’onere di aprire le danze: sabato 5 ottobre 2013, a mezzogiorno, Facciunsalto prese il via.
Da quel giorno, poco meno di due mesi e mezzo fa, abbiamo pubblicato 200 pezzi. E quante persone in Redazione abbiamo deciso di aggiungere! Tutte entusiaste dei saltelli che facciamo prendendo per mano i nostri visitatori. Per mano, mai per il culo: raccontiamo storie, le raccontiamo con il cuore, le raccontiamo vere. 200 pezzi. Tutti scritti con passione.
Abbiamo una struttura ultra democratica: decidiamo tutto insieme grazie alle piattaforme virtuali che azzerano le distanze. Abbiamo dei Caporedattori per le nostre 5 sezioni che, a turno settimanale, cambiano, in modo che tutti possano imparare a correggere e a relazionarsi con chi scrive. E’ un meccanismo che funziona. Abbiamo ogni giorno due rubriche con cadenza settimanale che escono in maniera tale che i lettori non solo si affezionino a Facciunsalto ma anche – e soprattutto – a chi lo fa. Per questo cerchiamo di dare il massimo risalto ai nostri Autori. Sono loro la linfa vitale che, con il cuore in mano, ringrazio. Scrivono dall’Australia, dall’America Latina, dall’Europa e da tutte le parti dello Stivale. Non ci conosciamo tutti di tatto, ma abbiamo una sintonia fantastica. Una magia. Che continuerà per altri 200, 200.000, 2 milioni di articoli. Sempre crescendo, crescendo insieme.