L’amore nel tempo dei pugnali
In una notte profonda, sul palo del lampione che illuminava a fatica il centro della piazza, si appoggiava impettito il malevo. Il volto ombreggiato dalla tesa del cappello e la sigaretta afferrata tra le punte del pollice e l’indice mentre buttava via delicatamente le cenere col mignolo cercavano di rendere enigmatica la sua presenza. Rozzo e schivo ad ogni gentile rapporto, quella sera aveva forse già segnato la sorte di un uomo e intagliato il successo sul manico del suo pugnale. Chissà se quell’uomo, che aveva aspettato dall’altro lato dell’angolo per sfogare su di lui quella forza assassina che gli trasmetteva l’arma, era un suo proprio rivale oppure il nemico occasionale del capo del quartiere. Fosse chi fosse, i destini si erano ormai incrociati e lui ne era cosciente.
Sapeva che una volta il metallo era stato in contatto con la carne, c’era un po’ dell’anima sconfitta che veniva assorbita e finiva per confondersi nella libera volontà del pugnale, capace di dominare lo spirito di chi lo teneva in mano. Perciò non poteva fermare il desiderio di sapere chi fu l’altro, come se volesse inghiottirsi la sua vita, il suo essere, il suo corpo. Fedele a questo rituale, si trovava ancora una volta a rintracciare la storia dell’ignoto altro, a sommergersi di conseguenza nell’ardore che egli sentiva per quella giovane di lungo sorriso e riccioli rossi ammirata dall’intero sobborgo.
La cerca instancabilmente fino a riuscire a trovarla. Intanto, lei, spegnendo il suo dolore e deponendo ogni resistenza, si consegna ai capricci del destino, e sottilmente lo seduce. Lui si ritrova oramai legato ad un amore che lo farà sentire più forte, ma che allo stesso tempo turberà il suo essere malvagio, facendolo fuggire dal suo ruolo di malevo. E magari si accorge, steso sulla polvere di una via sperduta, mentre lei comincia a incidere il pugnale…
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“…y herida por un sable sin remaches, ves llorar la biblia contra el calefón…” L’immagine di una Bibbia che pende da un gancio accanto allo scaldabagno non è affatto una fantasia dell’autore e nemmeno una metafora: la mancanza di carta igienica portò due mondi lontani a stare uno accanto all’altro.