Midterm, latte&biscotti e psicologia
Sigla. La tele-racconto-camera inquadra un campus alle prime ore del mattino, il freddo è pungente, ciò nonostante qualche impavida studentessa cammina per i sentieri piastrellati in flip-flop o infradito, pantaloni del pigiama e maglione di lana di quattro misure più grande, capelli arruffati e poi lei: la tipica tazza di cartone con coperchio che potrebbe contenere una qualsiasi miscela di liquido, dal tè, caffè, chai, latte misti tra loro o con cannella, cacao, a volte aromi particolari come nocciola, caramello, zucca e quant’altro, che si pensa possa compensare il gelo che penetra dalla zona dei piedi, riscaldando anche troppo, la mano che la sostiene.
Voce fuori campo: è la settimana dei midterm ragazze di Mount Holyoke. Sorgete ed illuminate in queste grigie giornate autunnali mentre aspettiamo che il foliage completi il suo iter, e nel frattempo rifocillatevi ogni sera dopo le lunghe ore passate a –studiare, bighellonare, perdere tempo, lamentarvi, leggere, ridere, spiluccare– con del poco sano “M&C’s”, ossia del buon Milk (latte, nevvero) and Crackers, o carote, in origine, diventato poi Milk and Cookies, con biscotti di dimensioni tali che sfamerebbero un bisonte.
Tutto questo per affrontare una settimana scarsa di studio che anticipa i midterm ossia i test a metà semestre. Non vogliamo parlare dei giorni che ante cedono il periodo dei final, ossia gli esami di fine corso: puro delirio. Le ragazze si ritrovano negli angoli più assurdi di tutta l’area del college, compresi bar, ponti sui ruscelli, palestre e bagni delle residence hall ed arrivano il giorno degli esami con occhi insanguinati e con presenza da psicopatiche. A questa immagine non associamo per adesso le studentesse delle discipline artistiche, perché quelle, sono uno spettacolo, ma aspetteremo gli episodi futuri per affrontare tutto come si deve e con la giusta preparazione.
Fine voce fuori campo. Zoomata rapida nella room 217, ore 7 del mattino, suona la sveglia. Lora si sveglia in un letto ricoperto di fotocopie, libri, computer aperto rovesciato, e le mitiche flash-card (annotazioni su cartoncino) tanto di moda negli Stati Uniti ma che poi, non servono a nulla. Solito tran-tran, saltino per scendere dal letto rialzato in puro stile America (la versione: “no, io lascio il mio letto in stile europeo”, non è durata più di una settimana dopo aver testato la comodità di un letto ad altezza stratosferica! Quanto spazio sotto la rete… la gente ci crea perfino i fortini! Lora ci ha piazzato un materasso gonfiabile in caso di ospiti, ndr), sfiorato suicidio causa tappeto che scivola, presa repentina della shower caddy, – il contenitore con il necessaire per il bagno, perché il bagno è in comune con tutto il piano – segue corsa sotto la doccia (le prime a farla hanno l’acqua calda), vestimento da “fuori in 60 secondi” e via, giù per le scale fino alla dining hall, che ricordiamo essere la sala da pranzo.
Dopo aver strisciato il badge, come ad ogni pasto e ad ogni entrata nell’edificio, si apre la stanza con a lato la cucina. L’offerta ogni mattina pullula di ogni qualsivoglia bontà: scrambled eggs (uova strapazzate), muffin di ogni gusto, – tra i miei preferiti chocolate chips (con gocce di cioccolato) apple and cinnamon (mela e cannella, ma dai?), lemon and poppy seeds (limone e semi di papavero) – e ancora banana bread (pane alla banana ma che in realtà ha la consistenza di un plum-cake; gnam!), pancake, swedish rolls (rotoli alla ciliegia o cannella) e chi più ne ha più ne metta. In aggiunta alle bevande calde, e ai frigoriferi traboccanti di latte di ogni genere, anche per allergici, succhi di frutta e bibite. Nell’angolo a sinistra della cucina puoi scegliere i cereali da un dispenser di circa dieci tipi diversi, nell’angolo a destra hai i tostapane attorniati di pane e english muffin – simil panini- e nel centro della sala, il buffet con frutta tagliata, salse di ogni tipo, burro panna.
No signori e signore, non sto riproponendo la scena del brunch, quella era dieci volte tanto,ma in questi luoghi, in questa nazione, lo spreco è tanto, almeno quanto è tanta l’offerta! Peccato che oggi, giorno del midterm di “teoria delle personalità” per Lora, la colazione preveda un tè caldo preso al volo, un muffin dentro la busta di carta da sistemare in borsa e lunga corsa fino al dipartimento di Psicologia.
Cambio scena. Agghiacciante! Momento di terrore per Lora, che entra nella sala a gradoni e si trova mezza assonnata, con le ore di pseudo-studio che le pesano su ogni cellula del corpo, e il cervello che stamattina non vuole impostarsi su English, rimanendo su tutte le altre lingue studiate (colpa di Freud), attorniata da ragazzine che ripetono a memoria tutti i punti, di tutti i capitoli del libro di testo – un tomo di centinaia di pagine. Pensa: “Ma come fanno? Ma che droga usano? Ma perché? Ma il ragionamento, che non deve per forza seguire uno studio “memoriter” … dov’è?” Panico. I pochi collegamenti mentali che aveva cercato di creare per ricordare quali sono le domande per classificare le strutture, i cinque aspetti delle teorie maggiori, i tipi di teorie, i teorici… eccetera, si erano dissolti come fanno le bolle di sapone toccandole con il dito. Puf. Vuoto. Entra la docente, tutte zitte a parte la bulletta-so-tutto-io della classe che continua a ripassare a voce alta, tanto che anche la Professoressa la esorta a smettere “Emily, enough, you know things, now do the test” – Emily, basta, le cose le sai, ora fai il test. Tsz.
Passano sessanta lunghi minuti, la tele-racconto-camera li trascorre tutti puntata sull’orologio in alto sopra la porta, e dopo una breve pausa di trenta secondi per sgranchirsi le dita dopo il quiz, parte la seconda parte a domande aperte. Lora e la morte sua. Iniziano elucubrazioni mentali su interpretazioni psicologiche e riconoscimenti di teorie a seconda dei casi presentati. O la va o la spacca. Scade il tempo, si consegna. Uscendo dalla sala cominciano tutte a dire “cosa hai messo qui? cosa hai scritto lì?” Lora: “No, ragazze vi prego, ho déjà vu dei miei anni accademici e non mi ci soffermerò più sopra, vi saluto, ciao” e si dirige verso Blanchard Center, l’edificio centrale del college dove hanno sede gli uffici, il bar, la mensa, e le mail boxes (cassette della posta).
La chiavetta per aprire la sua cassetta, Lora, la porta sempre con sé. Fin da piccola è affascinata dall’aprire la mail box aspettandosi di trovare lettere o libri (la rivista dell’Euroclub esiste ancora?), ma il più delle volte ci sono solo bollette o solleciti. Ah, postini birichini! Questa volta invece gira la chiave nella toppa e trova una busta bianca e rosa: il primo stipendio da Teaching Assistant. Sorride e pensa all’offerta che le è stata proposta dalla sua supervisor: passare alcuni giorni a New York nel periodo di Natale, prendendo in subaffitto il monolocale di un suo caro amico che passerà le vacanze in Italia dalla famiglia. “Alberto – pensa – lo prendo io il tuo appartamento”. Fine episodio con ripresa lunga del Brooklyn Bridge e la Statua della Libertà in lontananza che danno il benvenuto a Lora.
Alla prossima puntata: New York bound! ossia Direzione New York.