Be One nel Paese delle Meraviglie (Parte1)
SDLANG!!… Il rumore metallico di una portiera arrugginita. Sono sul sedile posteriore della macchina di qualcuno, alle quattro di notte, in un posto sconosciuto, diretto chissà dove… l’unico volto familiare è quello della mia fedele scimmia Alfred.
“Chi è questa gente? Dove mi stanno portando?” chiedo all’amico primate.
“Non ricorda? Lei non si ricorda del treno?“
“Uhm…“
“Il cowboy? La foresta? Il giullare?” continua Alfred guardandomi perplesso.
Un circo di immagini mi ronza in testa.
Chi è quel gigante e il tizio pelato che sono seduti davanti? Perché siamo nel bel mezzo del nulla?
Domande che faticano a trovare risposta… Il più grosso e cafone si volta. Cerco di interpretare (in certi casi, di tradurre totalmente) le sfumature autoctone del suo linguaggio.
“Allora, ma fammi capire, voi due lavorate con Francesco? Ci sarete anche domani sera al concerto? Monterete il palco anche domani?“
Chi? Francesco? E chi è? Il palco? E chi ha mai montato un palco?! Perché questi pensano che io sia un montatore di palchi?
Respira.
“Guardi, lei mi ha confuso con qualcun’ altro… io non lavoro qui, a dire il vero non so neanche cosa ci faccio qui…“, dovrei rispondere.
E invece… “Uhm, sì, ehm, no… cioè, io ho lavorato con Stefano” dico impacciato.
Ma chi è Stefano? Come mi è venuto in mente?
Per capire come io e Alfred siamo finiti in quella situazione, dobbiamo fare qualche passo indietro.
Tutto cominciò un pomeriggio, un bar, tre amici e Alfred che dormiva sulla mia spalla.
Per tutelare la loro privacy chiamerò queste tre persone: Cavolfiore, Plafoniera e Katmandù.
Cavolfiore, l’entusiasta, lanciò l’idea: “Oh, stasera concertone!“
Non male – pensai – il gruppo che suonerà non mi dispiace affatto.
Plafoniera, il viveur, sembrava essere d’accordo.
Katmandù, il rocker malinconico, fece un cenno di assenso con la testa.
Il concerto in questione si trovava in un paesino campano nella provincia di Avellino il cui nome corrisponde a un’infezione fungina ai genitali, ragion per cui lo chiameremo Fungopoli.
Stiracchiandosi e sgranchendosi le zampe, si svegliò anche il buon Alfred. Si strofinò un occhio e disse: “Non so di cosa stiate parlando signori, né so quali siano le vostre intenzioni per stasera. Ma di una cosa sono sicuro: il supermercato sta per chiudere e noi abbiamo della Vodka da comprare“.
Così partimmo.
Io alla guida, Cavolfiore sceglieva la musica, Alfred controllava la temperatura delle bevande, Plafoniera blaterava e Katmandù criticava la società.
Il paesino era sperduto, ma sperduto… Proprio sperduto.
Arrivammo a concerto cominciato da un po’ e ci lanciammo tra la folla armati delle nostre care, vecchie ed economiche bottiglie di Vodka Lemon.
Da qui in poi tutto ciò che vi racconterò sulla serata sarà una raccolta di testimonianze e ricordi frammentati e distorti.
L’alcol era finito, il concerto pure, ma noi avevamo appena iniziato ad ambientarci e goderci l’atmosfera di quel luogo surreale, pieno di personaggi che definirei a dir poco stravaganti. L’orologio segnava la mezzanotte.
Mentre nella piazzetta di Fungopoli la gente si diradava, noi puntammo dritti verso il saloon e ci accasciammo sulle sedie di legno pensando al da farsi.
In questo lasso di tempo, ci accorgemmo di aver perso un uomo. Il buon Plafo era scomparso. Fungopoli se l’era preso.
Era l’una di notte ormai, ma il paesino continuava a brulicare di strani soggetti.
“Dov’è Katmandù?” chiesi ad Alfred, mentre tornava dal bancone portandomi un cicchetto di Vattelapesca.
“È lì, a quel tavolo, parla con gli anziani del villaggio”.
Mi voltai e vidi l’amico rocker dai lunghi capelli parlare amabilmente con cinque o sei vecchietti. L’età complessiva generava un numero a sei zeri.
Fu lì che conoscemmo il cowboy, un anziano signore con i baffoni che ci parlò del suo viaggio in America, del suo ranch lì a Fungopoli e del fatto che voleva affittarlo per fare dei rave party… Sì, disse proprio “rave party”. In un paesino sperduto… l’ho già detto che era sperduto?
E così ci trovammo ad ascoltare le mille storie del vecchio Cowboy, di un uomo saggio, ricco e carismatico. Solo dopo scoprimmo che dietro quella maschera si celava un impostore. Ma a questo ci arriveremo.
Quel luogo era impregnato di una strana energia, di un’atmosfera surreale. Ci aspettavamo di tutto quella notte. E così fu.
Ben presto, stanco degli interminabili aneddoti del concilio degli anziani, mi voltai in cerca di Cavolfiore. Ma era troppo tardi, un altro dei nostri era scomparso.
Era di fianco a me un attimo prima, giuro, ma Fungopoli non concede distrazioni.
E cominciai a capire che quel posto aveva qualcosa di strano… e la notte avanzava. Inesorabile.
(…continua…)