Miscellanee da Melbourne
Giorni qualunque, qua e là, in attesa di occupazione. Quello di oggi, più che un diario, vuole essere una miscellanea. Mi è successo, in questi mesi, di inciampare in avvenimenti ed eventi bizzarri ma piacevoli, eccone alcuni.
Il giorno in cui ho lasciato il lavoro-farsa, passeggiavo a vuoto, senza meta per le vie del CBD che ricordiamo essere il centro della città, quello che in Angloamericano viene generalmente definito “downtown”. Per arrivare più in fretta da un lato all’altro della zona centrale, sono salita sul tram 35, rosso, chiamato City Circle e che è gratis, appositamente pensato per i turisti, – ma anche per i locali, che possono approfittare di viaggi e trasporti gratuiti – mentre ascoltano la voce registrata che li guida attraverso le varie fermate. Completamente assorta nei miei pensieri, un po’ arrabbiata per l’auto-licenziamento forzato, un po’ delusa e un po’ impaurita per l’avvenire, mi sento chiamare con un tocco su quel braccio che mi reggeva con l’ombrello puntato a terra. Quattro simpatiche ragazzine orientali, che sembravano alquanto spaventate dal mio sguardo cupo, ma che appena alzato il mento, si è trasformato in una smorfia accomodante, mi chiedono se sono turista e se mi dispiaccia fare una foto con loro che, per un progetto scolastico, stanno facendo scatti con persone che attirano la loro attenzione. Sorrido e mi concedo ai loro flash, mi ringraziano e mi augurano buona giornata, “to you as well girls, thanks” (anche a voi ragazze, grazie) rispondo divertita. A volte, basta così poco.
Quando sono arrivate le ragazze con cui momentaneamente condivido l’appartamento, proprio dopo i saluti di ricongiungimento – una la conoscevo già prima di partire perché amica di colleghi della Base di Aviano – notiamo sopra alle nostre teste, all’altezza della Flinders Station, qualcosa apparire nel cielo: è un aeroplano che disegna un cuore, più o meno sullo stile delle nostre Frecce Tricolori. Mi chiedo se sia su commissione privata, se sia per un evento particolare, o per una pubblicità… tutte domande a cui non verranno mai fornite risposte, ma che nel frattempo vengono colmate dalla particolarità dell’avvenimento. Per continuare sul tema della dolcezza diabetica, le porto a provare una cosa buonissima, scoperta qui, ma che mi hanno detto essere conosciuta abbastanza ovunque nel mondo occidentale e “spagnoleggiante“. Davvero? Non sapevo. Assaggiamo questo churro alla Chocolateria San Churro, dove, ai profumi stile Zeppole di San Giuseppe, o frittelle della fiera, per capirci, si aggiungono le scritte sui muri e sui menù che riportano la storia di questo Santo che ha fatto del cioccolato la sua vita, con ricette segrete per renderlo delizioso, associandolo alla pastella fritta. “Ragazze, enjoy”. Silenzio di adorazione. Om nom nom, letteralmente, GNAM!
Cercando uno Starbucks, convinta che anche qui, come negli Stati uniti, ce ne sia uno ogni quindici metri, mi sono accorta che non è molto popolare come caffetteria. In compenso, ci sono cinquemila cinquecento cinquanta cinque (numero scelto a caso) Pie Faces che offrono ad ogni angolo tartine e tortine, salate o dolci, dessert, pasticcini, panini, simil-piadine, rolls e quant’altro, con l’aggiunta di bevanda che può essere tè, caffè, o qualsiasi altra a piacere. Scusa Melb, continuo a preferire “Starby”.
Quando io e una delle due coinquiline siamo andate in cerca di camicie bianche per comporre la divisa per il lavoretto momentaneo – e ahimè ancora troppo sporadico per ora – che ci vede nelle vesti di bariste e cameriere per una ditta di catering specializzata in cucina kosher ebraica (per spiegarla in breve, ortodossi anche in cucina), entrando da Zara convinte di ritrovare i prezzi europei, siamo catapultate verso l’assurda realtà che vede Zara parte della moda europea, qui molto apprezzata e ricercata, e che propone pezzi di vestiario che da noi costano meno di venti euro, aggirarsi su somme che sfiorano i centocinquanta dollari.
La domenica in cui mi sono impegnata nelle riprese di un video in progettazione, sono arrivata fino a St.Kilda, la zona di costa in cui si ha il primo assaggio di oceano. La fermata del tram è proprio adiacente all’entrata del Luna Park che si presenta abbastanza inquietante. Motivo per cui continuare a camminare in direzione spiaggia, passando per il mercato sull’esplanade, che si tiene ogni domenica. Opere artistiche, piccoli artigiani, musicisti e tanto altro: posso anch’io? Ancora no, forse, un giorno. Raggiungo il “mare” e non servono altre parole.
Giudicate voi.
Di ritorno da tutte queste giornate, la solita scena: ci siete tu, con la voglia di raccontare, a tavola davanti ad un bel piatto di cibo fatto in casa, – non fast-food, non porcherie -, tutto quello che hai visto e provato e capito e… il muro. Sono tutti impegnati a guardare l’ultima puntata di questa o quella serie (almeno fosse il cine-racconto C’erO una volta in America, dico io) su schermi di tablet di ultima generazione, con gli auricolari al seguito, nessuno aperto al confronto. Tu guardi il tuo piatto in silenzio, mangi in silenzio, lavi i piatti –anche quelli loro- in silenzio, e le poche briciole che restano sulla tovaglia le spargi sul patio fuori casa per quei passerotti che speri sappiano leggere il pensiero, mentre – in silenzio-, racconti a loro le tue splendide giornate australiane. Hava nagila!
Cheers Mates! e Mazeltov!