AREM – Attenzione: Rimarrete Entusiasti e Meravigliati
AREM sta per Agenzia Recupero Eventi Mancanti, che già di per sé è un programma e desta enorme curiosità. Ma AREM sta anche per quanto detto nel titolo. Attenzione: rimarrete entusiasti e meravigliati dalla capacità di improvvisazione e dal pozzo inestinguibile di fantasie delle tre attrici che, sole sulla scena, ridaranno vita ai ricordi che regalerete loro.
Entrando, vi viene chiesto soltanto di inserire il vostro ricordo in una black box.
Poi entrate in sala – nel mio caso al Teatro dell’Orologio a Roma – e vi sedete. Che lo spettacolo abbia inizio! AREM è come un format televisivo in cui il pubblico è chiamato in causa pur rimanendo a debita distanza, ma soprattutto come un film fantasy in cui un trio di eroine si occupano di rivitalizzare i ricordi del mondo, trovandosi poi in mano un potere immenso ed un bivio: che fare di questi ricordi? Riproporli tali e quali o modificarli, mischiarli, impossessarsene? Che fare di questo vaso di Pandora aperto e pieno non solo dei Mali del mondo ma anche e soprattutto dei Beni, del ricordo per eccellenza che ciascuno tiene per sé, fino al momento dell’inizio dello spettacolo? Le tre eroine del tempo mettono in scena in questo meraviglioso spettacolo di metateatro i pezzi del passato di un pubblico che ha scelto di lasciare a loro disposizione un ricordo, uno qualsiasi. Il primo amore, la domenica coi genitori, l’innamoramento dei cani, le strigliate a scuola, il sabato sera con gli amici, la festa di laurea, il viaggio da sempre atteso. Grande è il potere che si ritrovano fra le mani, e le tre decidono di usarlo come si deve: senza scadere nel nostalgico, senza cedere al tono melodrammatico. Un susseguirsi alternato di ricordi, jingle e stacchetti quasi pubblicitari: pare di stare in tv mentre le ragazze mettono in scena le prove dello spettacolo AREM, dando così vita pirandellianamente allo spettacolo stesso. Kronni, Sisi e Patti. Hanno anche nomi balzani e fanciulleschi che richiamano le eroine dei cartoni animati, ma loro non hanno in mano nessun potere esterno: maneggiano i segreti reconditi della psiche.
Elena Vanni, Francesca Farcomeni e Noemi Parroni si passano il testimone improvvisando una drammaturgia che sembra non lasciare spazio all’esitazione, al dubbio: aprono i foglietti dei ricordi scritti dal pubblico, scegliendoli a caso, ne leggono il contenuto a voce alta e… tre, due, uno: non c’è tempo di mettersi d’accordo che il ricordo ha già preso forma sul palco. Una volta seguendo una linea comica, la volta dopo prendendo un andamento più carico di pathos. Il pubblico è in fibrillazione ad ogni foglietto scartocciato, spera che sia preso il suo o viceversa s intimidisce. Lo spettacolo AREM va oltre il coinvolgimento fisico del pubblico, laddove si rischia di scontrarsi con la timidezza delle persone più impacciate: AREM ripesca i ricordi e poi non chiede altro se non di metterli in scena in maniera del tutto nuova. Ed è un buon momento per rivederli, quei ricordi, inquadrati da fuori, come in un film, come se non appartenessero più ad una sola persona ma si facessero storia di tutti. È il potere catartico del teatro. Fonte inesauribile di meraviglia è la stupefacente fantasia delle tre ragazze che, guarda caso, vestono tutte e tre una mise rigorosamente bianca e nera. Come le pellicole dei film dei tempi che furono, come un pezzo di passato che riemerge carico di tutti i difetti del tempo. Improvvisazione sorprendente frutto di complicità maturata negli anni, le tre artiste si fanno parche ed intessono inizio svolgimento e fine dei ricordi dati in pasto a loro dal pubblico incuriosito e divertito: il brainstorming è collettivo, è senza filtro, fatto sul palco nell’istante stesso in cui si legge un ricordo e si sceglie come metterlo in scena l’attimo dopo. Come dalla borsa di Mary Poppins escono fuori, nell’ora di spettacolo, quattro, cinque, sei ricordi, uno di fila all’altro, nel piccolo Teatro dell’Orologio a Roma. Alla fine poi la scatola dei ricordi, quasi in un’esplosione, li fa fuoriuscire tutti: è un’invasione recitata a voce alta in cui almeno per un secondo ogni persona presente sente di stare sul palco attraverso il suo ricordo.
Geniale: non c’è altro termine per descrivere AREM. Una genialità brillante, frizzante, energica. Leggera ma al tempo stesso vettore di riflessioni profonde sul tempo, la memoria, il ricordo. E di fantasia, di interrogativi ucronici e fantascientifici: e se un giorno nascesse una banca dei ricordi? E se chi vi fa una rapina si ritrovasse in possesso di ricordi sgradevoli che avrebbe preferito non avere mai? E se a forza di caricarsi dei ricordi altrui si perdessero i propri? E se i ricordi si mescolassero fra loro cancellando il passato così come è stato, per ricrearne da zero uno nuovo? Sono interrogativi che emergono nel corso dello spettacolo, fanno capolino ma poi si offuscano di nuovo, perché le tre eroine da cartoons sono eroine buone e lottano per il bene. Quel bene raro che può scaturire dal riportare proustianamente in vita una scheggia di passato per proporla poi ad un pubblico più vasto. Reale ed irreale uniti in un unica rappresentazione, nella ricreazione fittizia di un ricordo vero appartenente ad un’identità ignota di cui si sa soltanto il sesso, l’età, la professione ed un ricordo.
Femmina, 22 anni, studentessa, è quello che ad esempio era la sottoscritta nella scatola dei ricordi da cui non è stata sorteggiata. Un niente anonimo che è solo infinite possibilità e potenzialità, e poi a seguire un ricordo che, all’opposto, è quanti di più personale ci sia.
Hanno detto che AREM crea dipendenza e, dopo esserci stata, posso decisamente confermare di attendere ardentemente di tornare in pasto ai ricordi altrui, voyeuristicamente, e magari di rivedere in scena il mio.
AREM sta per Agenzia Recupero Eventi Mancanti, che già di per sé è un programma e desta enorme curiosità. Ma AREM sta anche per quanto detto nel titolo. Attenzione: rimarrete entusiasti e meravigliati dalla capacità di improvvisazione e dal pozzo inestinguibile di fantasie delle tre attrici che, sole sulla scena, ridaranno vita ai ricordi che regalerete loro.
Entrando, vi viene chiesto soltanto di inserire il vostro ricordo in una black box.
Poi entrate in sala – nel mio caso al Teatro dell’Orologio a Roma – e vi sedete. Che lo spettacolo abbia inizio! AREM è come un format televisivo in cui il pubblico è chiamato in causa pur rimanendo a debita distanza, ma soprattutto come un film fantasy in cui un trio di eroine si occupano di rivitalizzare i ricordi del mondo, trovandosi poi in mano un potere immenso ed un bivio: che fare di questi ricordi? Riproporli tali e quali o modificarli, mischiarli, impossessarsene? Che fare di questo vaso di Pandora aperto e pieno non solo dei Mali del mondo ma anche e soprattutto dei Beni, del ricordo per eccellenza che ciascuno tiene per sé, fino al momento dell’inizio dello spettacolo? Le tre eroine del tempo mettono in scena in questo meraviglioso spettacolo di metateatro i pezzi del passato di un pubblico che ha scelto di lasciare a loro disposizione un ricordo, uno qualsiasi. Il primo amore, la domenica coi genitori, l’innamoramento dei cani, le strigliate a scuola, il sabato sera con gli amici, la festa di laurea, il viaggio da sempre atteso. Grande è il potere che si ritrovano fra le mani, e le tre decidono di usarlo come si deve: senza scadere nel nostalgico, senza cedere al tono melodrammatico. Un susseguirsi alternato di ricordi, jingle e stacchetti quasi pubblicitari: pare di stare in tv mentre le ragazze mettono in scena le prove dello spettacolo AREM, dando così vita pirandellianamente allo spettacolo stesso. Kronni, Sisi e Patti. Hanno anche nomi balzani e fanciulleschi che richiamano le eroine dei cartoni animati, ma loro non hanno in mano nessun potere esterno: maneggiano i segreti reconditi della psiche.
Elena Vanni, Francesca Farcomeni e Noemi Parroni si passano il testimone improvvisando una drammaturgia che sembra non lasciare spazio all’esitazione, al dubbio: aprono i foglietti dei ricordi scritti dal pubblico, scegliendoli a caso, ne leggono il contenuto a voce alta e… tre, due, uno: non c’è tempo di mettersi d’accordo che il ricordo ha già preso forma sul palco. Una volta seguendo una linea comica, la volta dopo prendendo un andamento più carico di pathos. Il pubblico è in fibrillazione ad ogni foglietto scartocciato, spera che sia preso il suo o viceversa s intimidisce. Lo spettacolo AREM va oltre il coinvolgimento fisico del pubblico, laddove si rischia di scontrarsi con la timidezza delle persone più impacciate: AREM ripesca i ricordi e poi non chiede altro se non di metterli in scena in maniera del tutto nuova. Ed è un buon momento per rivederli, quei ricordi, inquadrati da fuori, come in un film, come se non appartenessero più ad una sola persona ma si facessero storia di tutti. È il potere catartico del teatro. Fonte inesauribile di meraviglia è la stupefacente fantasia delle tre ragazze che, guarda caso, vestono tutte e tre una mise rigorosamente bianca e nera. Come le pellicole dei film dei tempi che furono, come un pezzo di passato che riemerge carico di tutti i difetti del tempo. Improvvisazione sorprendente frutto di complicità maturata negli anni, le tre artiste si fanno parche ed intessono inizio svolgimento e fine dei ricordi dati in pasto a loro dal pubblico incuriosito e divertito: il brainstorming è collettivo, è senza filtro, fatto sul palco nell’istante stesso in cui si legge un ricordo e si sceglie come metterlo in scena l’attimo dopo. Come dalla borsa di Mary Poppins escono fuori, nell’ora di spettacolo, quattro, cinque, sei ricordi, uno di fila all’altro, nel piccolo Teatro dell’Orologio a Roma. Alla fine poi la scatola dei ricordi, quasi in un’esplosione, li fa fuoriuscire tutti: è un’invasione recitata a voce alta in cui almeno per un secondo ogni persona presente sente di stare sul palco attraverso il suo ricordo.
Geniale: non c’è altro termine per descrivere AREM. Una genialità brillante, frizzante, energica. Leggera ma al tempo stesso vettore di riflessioni profonde sul tempo, la memoria, il ricordo. E di fantasia, di interrogativi ucronici e fantascientifici: e se un giorno nascesse una banca dei ricordi? E se chi vi fa una rapina si ritrovasse in possesso di ricordi sgradevoli che avrebbe preferito non avere mai? E se a forza di caricarsi dei ricordi altrui si perdessero i propri? E se i ricordi si mescolassero fra loro cancellando il passato così come è stato, per ricrearne da zero uno nuovo? Sono interrogativi che emergono nel corso dello spettacolo, fanno capolino ma poi si offuscano di nuovo, perché le tre eroine da cartoons sono eroine buone e lottano per il bene. Quel bene raro che può scaturire dal riportare proustianamente in vita una scheggia di passato per proporla poi ad un pubblico più vasto. Reale ed irreale uniti in un unica rappresentazione, nella ricreazione fittizia di un ricordo vero appartenente ad un’identità ignota di cui si sa soltanto il sesso, l’età, la professione ed un ricordo.
Femmina, 22 anni, studentessa, è quello che ad esempio era la sottoscritta nella scatola dei ricordi da cui non è stata sorteggiata. Un niente anonimo che è solo infinite possibilità e potenzialità, e poi a seguire un ricordo che, all’opposto, è quanti di più personale ci sia.
Hanno detto che AREM crea dipendenza e, dopo esserci stata, posso decisamente confermare di attendere ardentemente di tornare in pasto ai ricordi altrui, voyeuristicamente, e magari di rivedere in scena il mio.