autoAutismo
Da quando sono universitario, solo una volta ho dormito in una camera singola. Un brevissimo periodo, qualche settimana. Per il resto, camera doppia, con il mio compagno di stanza di turno che doveva sorbirsi i miei rientri sgangherati, il mio (sporadico?) russare, le mie paturnie filosofiche prima di andare a dormire, i miei sospiri, la mia felicità. Comunque, e per fortuna, mi son sempre trovato in sintonia con i miei compagni di stanza. Una cosa sola mi mancava: chiudermi dentro con tutto il mondo fuori. Ogni tanto qualche marea di voglia di solitudine mi assaliva. La legge della porta chiusa, necessaria per scrivere, per quanto mi riguarda. “Mondo: sappi che io sto creando. Silenzio!”
Qualcuno pensa che sia un palliativo per scopare di più “perché tanto sei studente, fuori sede”. Qualcuno pensa che prenda il largo e via, giù di canne e cannoni. Sempre per lo stesso motivo. In realtà voglio isolarmi, ogni tanto. Ché, se ci pensate, il termine isolarsi è magnifico. Un posto e il mare, tutto intorno. Si raggiunge, ma servono accorgimenti e mezzi ad hoc. Bisogna percepire l’umore delle onde, il senso del vento, carpire i movimenti delle nuvole; e poi la marea, le stelle, e tutto quanto ne viene appresso. L’odore. Voi che siete fuori dall’isola, tutte queste cose. Ma anche io, ogni giorno, tutti questi accorgimenti. E fa crescere, tanto. Ed è bellissimo ogni volta che, come dicono i veneziani, tocco terraferma.