Quel gioco più bello del mondo
Bene, ci siamo. Degli amici, qualche ora libera, la voglia di fare quattro tiri al gioco più bello del mondo. Ma di cosa abbiamo bisogno per fare una partita di calcio? Di un pallone, direte. In realtà, ancor più che del pallone abbiamo bisogno di un posto dove giocare, ammesso che non si voglia farlo in salotto. Quindi non è affatto un caso se la regola numero uno del Regolamento del gioco del calcio è dedicata al terreno di gioco. Iniziamo con qualche definizione, perché Regolamento alla mano le parole contano davvero e pesano quanto i sassi.
la linea di porta è lunga quanto tutto il lato minore del rettangolo
Attorno al terreno di gioco è obbligatorio avere una fascia piana di terreno ulteriore, che serve giusto per non far rompere il muso ai calciatori in corsa, a far riscaldare i calciatori subentranti, o per poter battere una rimessa laterale. Si chiama campo per destinazione, e dev’essere larga almeno un metro o mezzo. Oltre il campo per destinazione dev’esserci una rete o un fossato, o comunque un’altra delimitazione fisica. Quello sarà il recinto di gioco, che costituisce lo spazio fisico che si trova sotto il controllo e la gestione dell’arbitro. Quando un calciatore viene espulso, deve allontanarsi oltre il recinto di gioco. Quindi in tribuna o, più spesso, dritto sotto la doccia. Lo stadio, infine, in gergo regolamentare si chiama campo di gioco.
Poi vabbè, più si scende di categoria e più se ne vede. I campi, per l’amor di Dio, sempre campi con porte e linee sono, ma in quanto ad accuratezza e precisione, beh, talvolta vi troverete a chiudere altro che un occhio. Al mio paese il custode del campo, colui che aveva il compito di tagliare il prato e disegnare le linee, era un celeberrimo e rispettato beone. Il che, va da sé, era affar suo, se non fosse che anche le linee di gioco risentissero dei Ricard lisci che il nostro era solito tracannare da mattina a sera all’osteria del paese.
la “lunetta” serve a indicare la distanza da rispettare quando si batte un calcio di rigore
Al centro di questa è segnato il punto del calcio d’inizio, attorno al quale è tracciata una circonferenza del raggio di 9,15 metri (il cerchio di centrocampo). Nove metri e quindici: ricordate questa misura, si ripeterà spesso. A ciascuna estremità del terreno è segnata l’area di porta, che tutti fino ad oggi avete chiamato di certo area piccola. Questa si allontana da ogni palo, verso l’esterno, di 5,50 metri, e di altrettanti penetra nel terreno di gioco. A cosa serve, lo vedremo un po’ più avanti; per ora basti sapere che il calcio di rinvio (non rimessa dal fondo, con buona pace dei telecronisti!) si batte da lì. L’area di rigore è tre volte più grande: distante 16,50 da ogni palo, sempre verso l’interno, penetra nel terreno di gioco per altrettanti metri.
Che poi, se ve la sentite, potete anche prendere il pallone dal punto del calcio d’inizio, scaraventarlo nella porta avversaria e tanti saluti a giocatori e tifosi avversari. Impossibile? Ma perché, che ci vorrà mai? Attendete il tocco del compagno, vi alzate la palla con il destro, prendete la mira e puff! un bel calcione di sinistro. Rete. Scherzavamo, è impossibile. Anzi, a dire il vero no, c’è chi è riuscito. Guardate qui sotto. Ah, però mi pare di riconoscere il giocatore. Eh sì, è proprio un giovanissimo Diego Armando Maradona, all’epoca ancora in Argentina. Niente, lasciate perdere, non sono cose da comuni mortali.
A 11 metri da ciascuna linea di porta, verso l’interno, equidistante dai pali della porta, è tracciato un punto del diametro di 22cm: è il punto del calcio di rigore, il famigerato dischetto.
Attorno ad esso, ma solo al di fuori dell’area di rigore, è tracciata una circonferenza del raggio di 9,15m: non si chiama lunetta, ma arco di delimitazione, e la sua funzione è ignota ai più. Serve a indicare la distanza che tutti i calciatori devono rispettare quando si batte un calcio di rigore, ad eccezione dell’incaricato del tiro e del portiere avversario.
Ma questo non lo sa proprio nessuno. La lunetta è considerata un qualcosa di romantico e rétro che presto la globalizzazione calcistica, brutta e cattiva, estirperà dal rettangolo di gioco. In quanto alla distanza da rispettare quando si batte un calcio di rigore, osservate un qualsiasi tiro dal dischetto e vedrete come ancor prima che il designato abbia calciato un’orda barbarica in calzoncini e scarpe chiodate avrà già devastato l’area di rigore.
una traversa è lunga esattamente quanto tre pali
E veniamo alle porte, vero totem del terreno di gioco. Collocate al centro di ogni linea di porta, consistono di due pali verticali congiunti da una barra orizzontale (la traversa), rigorosamente di colore bianco. La distanza che separa i pali è di 7,32m, mentre il bordo inferiore della barra trasversale dista dal terreno di gioco 2,44m. Da notare il rapporto tra queste misure, che sono il cuore del gioco del calcio: è di uno a tre, nel senso che una traversa è lunga esattamente quanto tre pali.
Delle reti di canapa, juta o nylon (sono quasi sempre di nylon) sono fissate ai pali, alla barra trasversale e al suolo almeno 1,5m dietro le porte, sostenute in modo da non essere d’intralcio al portiere. L’arbitro o gli assistenti arbitrali (i guardalinee) si accertano all’inizio di ogni tempo che non vi siano buchi nella trama abbastanza grandi da far passare il pallone: lo scopo delle reti, infatti, è proprio quello di trattenere la sfera quando viene fatto un gol, in modo che la segnatura sia evidente a tutti.
Questo è un lavoro che non va mica fatto con leggerezza. A volte vien da fare una cosa tirata là perché tanto le reti ai giorni nostri le fanno bene e cosa vuoi che succederà mai, poi però va a finire che il pallone entra e esce dove gli pare e chi ci capisce è bravo. Tipo qui sotto, che i telecronisti urlano goool e tutti noi avremmo detto lo stesso e invece no.
Le linee fanno parte integrante delle aree che delimitano
Infine, chiudiamo con alcune curiosità. Le linee fanno parte integrante delle aree che delimitano, di modo che, per esempio, un fallo commesso contro un attaccante sulla linea dell’area di rigore avversaria avrà esito in un rigore, e un pallone non sarà considerato uscito dal terreno di gioco se anche solo un pezzettino infinitesimale della sua ombra (la sua proiezione) ricadrà sulla linea laterale o di porta.
Il terreno viene di norma tracciato con polvere di gesso. Sulla neve, invece può utilizzarsi il carbone e, quando piove, la segatura. Il giudizio sulla praticabilità del terreno di gioco è riservato all’arbitro, che può persino all’occorrenza ordinare che questo venga ristretto, per escludere ad esempio delle fasce troppo allagate. Tuttavia, il criterio adottato in caso di pioggia riguarda il fatto che il pallone rimbalzi nelle zone nevralgiche del gioco, che sono prevalentemente il centrocampo e le due aree di rigore.
Sulla neve, il terreno di gioco può essere segnato con polvere di carbone
Una volta, accesa la Tv su un canale sportivo, si stava giocando una partita di Lega Pro: Mantova-Alessandria. Almeno così diceva il tabellino in alto sulla sinistra dello schermo. Perché io di mantovani e alessandrini mica ne ho visti. E manco di palloni. I telecronisti, poveri cristi, ad inventare iperboli per non dire la sacrosanta verità: non si vedeva una fava.
Ma niente in confronto a quanto accadde il 1 gennaio del 1940, quando a Edimburgo si giocò il derby tra Hibernian e Hearts: un 6 a 5 che però non vide davvero mai nessuno perché si giocò immersi in una nebbia così fitta da non vedere il proprio naso. Tuttavia la partita non poteva essere sospesa, nè di nebbia si poteva parlare, perché erano anni di guerra e un notiziario che avesse annunciato per radio il rinvio della gara avrebbe fornito un assist clamoroso all’aviazione tedesca, che per radere al suolo Edimburgo aspettava da settimane condizioni di scarsa visibilità.
Dunque la partita si giocò benché i giocatori non fossero che figure molto evanescenti, e il commentatore Bob Kingsley portò avanti la radiocronaca obbedendo all’ordine impartito di non dire mai la parola nebbia. Come ci riuscì è storia che appartiene alla leggenda. Vi dico solo che si narra che il giornalista Mc Burnie, a partita finita da oltre dieci minuti, vide l’ala degli Hearts John Donaldson correre ancora sulla fascia chiamando i compagni a gran voce.
Appuntamento alla prossima puntata, che sarà dedicata al vero protagonista del gioco più amato dagli italiani. Il pallone.
Per il momento, accontentatevi di questa anticipazione: è tondo.
Sorpresi di aver scoperto cose nuove sullo sport che più amate e che credevate di conoscere a menadito? Curiosi di saperne di più? Scaricate qui una copia del Regolamento del Gioco del calcio: avrete di che parlare con gli amici!