Vedi Napoli and just eat “casatiello”
Sabato sera a Napoli eravamo più di centomila. E dico centomila. Più della gente che riempie il Santiago Bernabeu durante un super mach, più di venti navi da crociera, come una Piacenza intera o come due Savona messe insieme. La temperatura mite di questo fine settimana di dicembre, lo “Street food festival” e la serata dedicata all’arte, hanno fatto esplodere la città come un fiume in piena. Non si camminava per volontà propria. In alcuni punti non c’era l’input che il cervello dà ai piedi per farli muovere. Bensì eravamo come meduse fluttuanti trasportate dalla corrente. Dovevamo semplicemente muoverci in sincrono con le meduse avanti, dietro e di lato a noi. Con il cuore gonfio ed orgoglioso semplicemente per il fatto di vivere nella città più bella del mondo, girovagavo senza una meta precisa. Se non si ha un minimo di agorafobia questo è uno spettacolo indescrivibile e un’esperienza unica. La mia compagnia ed io approfittiamo dei siti culturali aperti, ed entriamo nella Chiesa di Santa Chiara. Non ci mettevo piede da un po’…almeno da venticinque anni. Un tuffo nel passato. La ricordavo bella, ma mai così bella. La pura bellezza vista con gli occhi dell’adulto è decisamente diversa da quella vista con occhi di fanciullo. Col naso per aria conto le travi del soffitto, ma poi perdo il conto perché rapita dalla pavimentazione. Ovviamente anche qui, una chiesa gigantesca, c’è una marea di gente. Che non solo è qui per passeggiare come me, ma è in fila per la confessione. I monaci hanno volti raggianti, io faccio pace con la me credente. Faccio anche una preghiera a San Francesco, lui in genere mi ascolta sempre. Esco felice. Serena. Pronta a ributtarmi nella bolgia. Le bancarelle, gli stand gastronomici accrescono il senso di beatitudine profuso qualche minuto prima. E ti rendi conto di quanto Napoli sia unica, e meno male, e tu hai una fortuna pazzesca ad esserci nata. Le brutture della criminalità organizzata, la delinquenza spicciola, la monnezza, il degrado, sono solo una macchia.
Perché Napoli é viva, i napoletani sono vivi, e sono come questi centomila che oggi si sono riversati per le strade. Sono quelli che fanno il biglietto e che la mattina vanno a lavorare. Sono quelli che mettono il casco e che non vanno in tre sul motorino e tanto meglio se ci sono le telecamere di Striscia che ti riprendono. Sono quelli che almeno una volta nella vita hanno promesso a se stessi di andare a vedere il Cristo Velato. Sono quelli che amano e rispettano la città come fosse un gioiello prezioso. Ai miei figli sto insegnando ad amarla. Li porto in giro a piedi, quando abbiamo un po’ di tempo andiamo a farci un giro, tappa fissa la metro di via Roma, tra le più belle d’Europa. Le migliaia di persone sabato non hanno avuto paura delle gang di ragazzini che con fare intimidatorio hanno sparato colpi in aria, nel centro storico, come quando i cani pisciano per segnare il territorio. Sono feccia. La feccia della feccia. Napoli è un’altra cosa, è una città aperta e multiculturale, ho visto nelle piazzette più nascoste, zingari improvvisarsi esperti musicisti e coinvolgere persone a ballare, senza chiedere nulla in cambio. Nemmeno uno spicciolo. Napoli è quella del “caffè sospeso”, è la città dove se sei in ospedale ad assistere un infermo c’è sicuro qualcuno ad offrirti un paio di polpette al sugo. E’ la città dallo skyline meraviglioso. Qui a dicembre puoi mangiare all’esterno dei locali senza morire di freddo. E piove di rado. Molto di rado. Uno striscione ieri recitava: “Napoletani siate i turisti della vostra città”. Ecco, ai turisti direi che a Napoli non si muore per niente, anzi:
vedi Napoli and just eat “casatiello” che l’unica cosa che fa morire è proprio e solo quello.
Dopo tutto questo camminare un po’ di fame mi è venuta.
300 grammi di acqua, tiepida
1 cucchiaino di zucchero
1/2 cubetto di lievito di birra
300 g farina 0
200 g farina 00
1 cucchiaino colmo di sale fino
30 grammi di strutto/sugna, + q.b. a piacere (si può sostituire con burro o olio)
Ingredienti per il ripieno:
250 g di formaggio a dadini
250 g di salumi a dadini
pepe
Procedimento:
In una ciotola grande, sciogliete il lievito e lo zucchero nell’acqua tiepida. Aggiungete la farina (poca alla volta) ed amalgamate con una forchetta, aggiungete il sale e lavorate gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo. Trasferite su un piano infarinato lo strutto/sugna o il burro e impastate fino ad avere un impasto liscio e morbido.
Stendete l’impasto ottenuto, formando un rettangolo, e distribuite su di esso i formaggi, i salumi a dadini e aggiungete pepe a piacere. Arrotolate la pasta su sé stessa, chiudete bene le estremità formando una ciambella. Riponete nell’apposito stampo, coprire con un panno o nel forno con la luce accesa e lasciate in lievitazione per almeno due ore, ma anche tre. Se piacciono si possono aggiungere le uova sode sbriciolate.
Cottura: Forno ventilato a 250° per circa 30 minuti.
Il tempo di cottura può variare in base alle caratteristiche del proprio forno.
A fin ro munn 😉