Le automobili, negli anni 70 era vietato pubblicizzarle in tv
Le automobili, negli anni 70, era vietato pubblicizzarle in tv. In compenso, si pubblicizzavano le sigarette (sic). Non era quindi una questione di salute pubblica, volendo intendere le automobili come bolidi pericolosi per i pedoni. La ragione, udite udite, era di ordine nientedimeno che morale. Considerate un oggetto di lusso, inarrivabile, si voleva evitare che si scatenasse il desiderio, la bramosia di possederne una. Insomma, occhio non vede, cuore non duole. Solo la carta stampata poteva parlarne ma solamente in termini tecnici o di praticità. Scoprendo questa cosa, i conti non mi sono tornati però. Se le auto erano il diavolo, l’oggetto di un desiderio insano, quantomeno si sarebbero dovuti pianificare progetti maestosi di trasporto pubblico, e su tutto il territorio nazionale. E invece nulla, forse si sperava in un legame senza fine con i carretti. Quanta ipocrisia e quanta chiusura mentale ha condizionato la nostra bella italietta.
Arrivarono gli anni 80, e con l’avvento delle reti televisive commerciali, il monopolio della tv di Stato fu definitivamente rotto. Un semplice quanto banale escamotage permise di diffondere a livello nazionale programmi di vario tipo in simultanea, raggiungendo milioni di potenziali clienti, ed anche il tabù automobili svanì. I geni della pubblicità di allora, compresero, molto velocemente, quanto denaro sarebbe entrato in cassa da quel settore. E quindi, nomi noti a tutti i livelli, dai registi agli attori internazionali, grandi creativi, stilisti etc furono coinvolti nel dorato mondo della pubblicità, all’americana, anzi pure meglio, come non si era mai visto! Milano crebbe, e divenne l’italica Eldorado. Si riempì di ogni tipo di gente e dove c’è gente, fiorisce sempre il mestiere più antico del mondo, che ben presto la vecchia morale accettò e, come si usa in certi ambienti, elevò a nuovo paradigma femminile. Si tacque sulla variante al maschile dello stesso mestiere.
Partirono le mega campagne, quelle che crearono nuovi modi di dire, nuovi parametri di riferimento, nuovi stili di vita. Ricordate la Y10 che “piace alla gente che piace”? In particolare ricordo Mara Venier tra i guidatori dell’utilitaria. Inventarono un nuovo segmento, le piccole di lusso, rivolte ad un certo pubblico, avvezzo a conti correnti robusti, a località di villeggiatura di alto livello e ad un certo modo di intendere la joie de vivre. Oppure, per rimanere in casa Lancia la ricordate una splendida donna bionda che uscendo da una Delta Lx rispondeva ad una sottintesa domanda: “Oui je suis Catherine Deneuve! Non nominava l’auto, ma chiaramente, se una donna elegante, bellissima, distinta come lei la sceglie, di sicuro comprandola, anche il consumatore si sarebbe sentito ammantato, almeno un pochino, della stessa allure. Insomma, si trasferira un po’ l’identità del personaggio sul prodotto. E una bionica Grace Jones per Citroen Cx vi ritorna in mente? Trovata furba che ancor oggi, in un modo o nell’altro sopravvive. Molti prodotti, spesso riescono a fare breccia solo parlando attraverso un testimonial, ad eccezione di I-phone probabilmente.
Si diede inizio alle campagne colossal. Una per tutte la Citroen Ax che percorre, indomita, la murglia cinese. Grande apertura, all’epoca, del regime, che permise le riprese. Evidentemente avevano già chiari i propri piani per il futuro. E ricordate i neologismi utilizzati per il lancio della Fiat Uno, automobile sicuramente rivoluzionaria a i tempi? Veniva definita risparmiosa, stilosa, comodosa. la casa madre si affidò alla mente di Giorgio Forattini, celebre vignettista, che coniò un linguaggio del tutto personalizzato, cucito addosso al modello.
Insomma, la vecchia censura sembrava superata, sepolta, un residuo ridicolo di una mentalità chiusa e periferica. Si iniziò a correre verso il futuro, verso la modernità. Gli anni 80 resteranno mitici per il senso di allegria, gioia e pace militare che ci hanno regalato. In quelle automobili, che oramai tutti noi compravamo, c’era tanta musica. L’autoradio era diventato un must, e la britpop la faceva da padrona. Queen, Culture Club, Wham, Duran Duran, gli elegantissimi Spandau. Finalmente liberi e con il diritto di sognare la qualsiasi.
Ma credo che qualcosa sia andato storto. Ne sono certo. Ai tempi c’erano cantanti di grande successo che non idossavano propriamente una taglia 40, ma questo non ci impediva di godere della loro arte, erano star al apri delle super magre Naomi Campbell o Cindy Crawford, c’era Boy George, capace di portare il suo cilindro come fosse una corona, degno suddito di “her majesty”. Esisteva tutto, e tutto aveva il diritto e la dignità di esistere. Ma oggi? Chi ha disegnato i canoni finti di una bellezza al silicone? Chi ha deciso che nuovi, castranti e ottusi pensieri fascisti debbano essere legittimati ed elevati a nuovo desiderabile stile di vita? Ma allora, quella morale che impediva di pubblicizzare le automobili in cosa si è trasformata? C’è stata davvero una rivoluzione? Nel 1983 i Culture Club cantavano Victims:
…The victims we know so well
They shine in your eyes
When they kiss and tell
Strange places we never see
But you’re always there
Like a ghost in my dreams
And I keep on telling you
Please don’t do the things you do...
Non è che per caso, la grande corsa, non ci permette di vedere le vittime che cadono sul percorso? In una famosa pubblicità degli anni 80, Renzo Arbore guardava in camera e diceva; “Meditate gente, meditate!”
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