E il caffè di Eduardo?
Mi capita di fare lunghe maratone in autostrada, per lavoro o per vacanza è il caffè è d’obbligo. Sgranchire le gambe, spezzare la monotonia di alcune tratte è fondamentale, e il caffè viene in aiuto. Un caffè è sempre un fantastico gancio, una formidabile soluzione, insomma, un alleato. Avete mai fatto caso che addirittura tante relazioni, tante storie d’amore hanno avuto inizio con la classica frase-senza-impegno “semmai prendiamo un caffè, che dici?”. Ne va di consegunza che quella bevanda nera e aromatica, sia, specialmente per noi sudeuropei, una pietra miliare della nostra cultura. Non è un caso che difficilmente usciamo da un bar, fuori dai confini nazionali, soddisfatti dell’espresso appena bevuto. E proprio a tal proposito, mi chiedo come mai anche qui da noi, dove, come diceva il claim di una vecchia pubblicità “il caffè è un culto”, capita di bere delle ciofeche inclassificabili. Recentemente, lungo 800 km d’autostrada, avrò beccato un solo caffè, forse due, davvero buoni, e per me che lo bevo rigorosamente amaro, se è scadente, preparato male, devo poi chiedere perdono al mio palato, che proprio non me la fa buona. Quello che davvero mi infastidisce, e capita spesso è il sapore acido di alcuni. Davvero mi chiedo cosa possa rendere un caffè simile ad uno yogurt greco 0%. Sarà la fretta? Saranno i nuovi manager che chiedono al barista sempre nuovi obiettivi, o goal, per essere più intarnational, più gente da call, più tipi da brunch? A questi signori direi di andare a giocare a pallone. Insomma, riflettevo su questa cosa e mi chiedevo perchè i baristi non abbiano più il tempo di fare bene il caffè. È vero che nelle aree di sosta siamo in tanti, ma a questo punto mettete nelle tazzine direttamente un po’ d’aceto.
Uno dei più grandi drammaturghi mondiali, Eduardo De Filippo scrisse un monologo ispirandosi al caffè, un pezzo di scrittura teatrale che fa tuttora tremare le gambe ai più strapremiati attori mondiali. -Il becco, quanto importante fu questa breve parola in tutto il monologo. Il becco della caffettiera coperto con un cartoncino arrotolato. Eduardo, sapientemente, da genio qual era, pronunciava questa parola isolandola, girandoci intorno, sottolineandola, facendone una vera e propria chiave. Andate a vedere il video e poi applaudite.-
Eduardo aveva preso a prestito l’amicizia con il caffè per creare uno dei momenti più intensi del suo capolavoro del 1945 “Questi fantasmi”. E a mia volta sto prendendo a prestito questo monumento della cultura per dirvi che non abbiamo più tempo per preparare e godere un caffè come quello sul balcone di Eduardo. A questo pensavo, abbiamo accelerato tutti, ma ancora non ho capito perché. De Filippo, nel monologo afferma che “la preparazione del caffè è poesia della vita”. e che “il colore della perfetta tostatura è color manto di monaco”. Color manto di monaco. Ho dovuto pensarci bene prima di capire. Che colore è? Un marrone scurissimo che può virare anche verso un bordoeaux molto intenso. Che descrizione d’amore la sua!
Oggi non abbiamo più tempo. Non ne abbiamo per leggere, non ne abbiamo per imparare a preparare il caffè con le giuste modalità, non ne abbiamo per ascoltare amici e parenti, non ne abbiamo per fermarci il tempo necessario. Corriamo da qualche parte, personalmente non ho ben capito dove. So solo che arriva la sera e non so, nella maggior parte dei casi come sia successo. Non abbiamo più tempo e il caffè farà sempre più schifo.
Ho comprato una bottiglietta termica da 250 ml. Per il prossimo viaggio, prendo il tempo che ci vuole, me lo preparo a casa e lo porto con me!
P.s. cialde, capsule, compresse e flaconcini: spero vengano vietati per legge!
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