Buttanissima
Durante una delle mie incursioni siciliane, passeggiavo, in compagnia, lungo Via Vittorio Emanuele, l’antico Cassaro, a Palermo. La Cattedrale alla mia sinistra, bella ed elaborata, almeno all’esterno. Di un colore beige che a tratti vira al rossiccio. Gotica, araba, un intreccio di stili ed influenze che sono la cifra di questa città ma anche dell’intera regione. Peccato che in tanti non si accorgano di stare col culo su un tesoro, scambiandolo invece per un semplice quanto necessario cesso. La camminata era lenta e chiacchierona, come si conviene da queste parti. Un commento, uno sguardo alle ceramiche in una vetrina, un momento di raccoglimento, per quelli che ci sono riusciti, nella Chiesa del Santissimo Salvatore, autentica meraviglia di architettura sacra, con pianta ellittica e cupola ovoidale, che ne fanno, oltre a luogo di culto, anche un formidabile Auditorium per merito della stupefacente acustica. Visitatela assolutamente, il suo fascino è indiscutibile.
Dicevo, la camminata procedeva lenta e comoda, quando un’amica si è staccata dal gruppo per salutare festosamente una persona che lavorava serena sul marcipiedi a destra. Sulle prime non ho capito, poi, come in una super grafica intelligente, dove i pezzi si susseguono uno dopo l’altro, quel viso mi è ritornato alla mente. Era Giorgio, persona colta, simpatica, scrittore e pittore, cantastorie e musicista, visionario e sprattutto essere libero. Abbracci stretti, come stai, come va, “ma ora unni si” mi chiede, “un ci vai cchiue a Favignana?”. Era lì con un’amica-collega a dipingere i suoi luminosi acquerelli. Una chiacchierata gradevole, un curtigghiu bello e buono. Ai saluti, siccome per il siciliano l’ospite è sacro, Giorgio ci ha regalato dei libricini a sua firma. Ho letto il mio con calma, in albergo. Buttanissima il titolo, e già credevo fosse una cosa sul comico, sullo scherzoso. E invece per niente. Perché Giorgio, da essere libero, e soprattutto da essere sensibile, i temi sa trattarli tutti. La storia è di una donna che rivendica il suo status di buttana. Una condizione scelta per un preciso progetto di vendetta che metterà in atto in piena coscienza. La buttana, una donna forte che in assenza di alternative conterà solo su sé stessa, lucida, fredda, con la mente sgombra da ogni inutile moralismo.
Buttana, anzi buttanissima, ma troia no, questo non me lo possono dire. E se decidono di fare la santa delle buttane, quella devo essere io. Con queste parole, un concentrato di consapevole dolore, inizia il breve racconto che Giorgio D’Amato ha tratto da un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia. Il libricino è piccolissimo, un super tascabile, all’interno del quale il testo si alterna alle minimali illustrazioni disegnate dallo stesso autore, creando di fatto un piccolo gioiellino da portare a casa per ricordare davvero dove sei stato, quali strade hai calpestato, quali storie giravano intorno a te senza che lo sapessi.
Durante il Gran Tour, i nobili e i benestanti d’Europa usavano portare a casa vari souvenir. Ai tempi però non venivano fabbricati in Cina, industriali, spesso di pessima fattura, per turisti frettolosi. Allora il souvenir aveva la particolarità di venir prodotto solo e specificatamente nel luogo raggiunto, diventando, a tutti gli effetti, la prova tangibile che si era stati a Napoli, a Roma o a Milano. Beh, secondo me questo libricino di D’Amato reinterpreta oggi questo concetto. Sono stato a Palermo perché posso mostrarti la mia copia di “Buttana” a firma di una mente sempre in fermento.
Cercatelo quando visiterete la bella città siciliana, porta occhiali e barba e dipinge una sfiziosissima Santa Rosalia.
Foto copertina di Inmaculada Peña: https://www.pexels.com/it-it/foto/edificio-italia-architettura-statua-14213519/