L’autostrada
Viaggiare in autostrada dovrebbe essere istituito per legge. Un percorso di almeno 300 Km tre volte l’anno. Durante i periodi di vacanza: estate, Natale e Pasqua, per trovare la più alta concentrazione di umanità. A rotazione, senza trascurare le zone di confine, un bel giro con amici, parenti o semplicemente da soli! L’autostrada è un luogo apparentemente monotono, tutto asfalto, acciaio, e segnaletica. E invece no, a guardarsi bene intorno ospita una moltitudine di persone di ogni tipo, culture diversissime, abitudini, manie e cose strane in quantità.
Viaggiare dal Trentino verso Sud potrebbe essere dura da affrontare. Ottocento chilometri, un metro dopo l’altro, solo per raggiungere un punto specifico, casa propria. Ma può esserci un modo diverso, osservando la realtà che ti circonda, senza naturalmente mai distogliere l’attenzione dalla guida.
Le Dolomiti sono uno spettacolo, un luogo selvaggio con indescrivibili laghi incastonati tra una depressione montuosa e l’altra. Alcuni ad altitudini importanti. Ma questo, in autostrada si vede poco. Quello che colpisce, è il numero considerevole di veicoli che non vedi tutti i giorni. Roulotte con fanali a mezzaluna, ad arco, a punta, a segmenti. Effettivamente pensavo, “mica facile rendere personale un parallelepipedo”. Ed ecco che spunta invece la tipologia che rompe ogni mio ragionamento, una roulotte, per giunta bicolore, affusolata come una saponetta anni 70, o se preferite come una goccia d’acqua disegnata da un bambino: molto bombata sul davanti, estremamente rastremata in coda. A vederla, mi sono chiesto per diversi minuti cosa ci avessero sistemato in quella coda simile al casco di un ciclista. Mistero. Ho rallentato per inseguirla un po’. Tanto design ma i fanali erano convenzionali. Una scatola rettangolare con le luci di ordinanza in bell’ordine, posizionata in orizzontale, una per lato. Forse dopo tanto sforzo, lo stilista era stanco.
L’autostrada attraversa i luoghi dove è più comodo costruirla, gli stessi luoghi ritenuti sacrificabili. E così scopri che anche in quelle che nell’immaginario collettivo, sono considerate regioni nobili, qualche sfacelo esiste. Sulla tratta che arriva in Veneto decine e decine di edifici industriali, tanti abbandonati, fermi lì a consumare territorio senza ragione. Non mancano esempi di edilizia civile che forse proprio in quei luoghi non ci sarebbero dovuti essere. Un po’ fa male, un po’ tocchi con mano quanto la cattiva narrazione alimenti luoghi comuni senza tempo.
Il passaggio in Veneto conferma ciò che ho visto prima. Mi colpisce, nell’area di servizio, una Passat Wagon con al rimorchio la più grande roulotte di tutti i tempi. Fermi su un lato, vicino alla porta di ingresso un bambino, avrà avuto 8 anni e il papà, capelli biondi da vichingo raccolti in uno chignon, che faceva la spola tra l’auto e la casetta su ruote. Un altro bambino, saltava allegro sui divani. Miracoloso, ai miei occhi di persona non avvezza, la manovra sicura e sciolta del vichingo, il quale tirando una leva ha trasformato un pezzo di letto in un tavolo da pranzo, roba da tranformers. Chissà dove fossero diretti, Lago di Garda, o semmai più a sud verso il mare… Mi chiedevo quanto sforzo dovesse fare la Passat per spostare tanto peso. Ce l’avrebbe fatta? E un’auto usata in questo modo, in quanto tempo arriva a fine carriera? Boh! L’aspetto spartano di questa famiglia, con sandali d’ordinanza, bermuda comodi e tutto il resto me li ha fatti osservare come animali rari in un documentario. Mai fatta una vacanza simile, mai neppure pensato, però quel signore con i suoi bambini mi ha fatto capire che è possibile. Se ti va, puoi, lo fai, porti a casa l’esperienza. Poco più avanti un gruppo chiassoso con unico scopo nella vita consumare tutte le riserve di cibo che il globo terraqueo produce. Che dire, ognuno faccia ciò che vuole. Ma l’area di sosta è fortemente democratica, ti costringe, in uno spazio relativamente ristretto, a stare a fianco di chi, normalmente non vedi e non frequenti. E devo dire, non è mica male. Una bella metafora della vita, dove il proprio orticello è sempre il meglio coltivato di tutti.
Veloce il paesaggio cambia, arriva la variante bolognese, nuova sosta dove un’Audi super lusso, con tre persone orientali all’interno cerca di asfaltarmi in terra emiliana. Incontro una delle signore poco dopo, a stento si orientava a piedi, figuriamoci alla guida di cinque metri quasi di germanica vettura. L’accento è già toscano all’interno dei locali. E mai avrei creduto, anche i figli di Dante urlano e schiamazzano bevendo ogni genere di sostanza liquida.
Durante il percorso ho visto tanti colori, ho sentito suoni sconosciuti, accenti diversi, targhe di ogni angolo d’Europa, camper, utilitarie, auto di lusso, perone di ogni età. Tutti con il proprio personale itinerario. E tutti con lo stesso identico diritto a percorrerlo. Se viaggiare in autostrada venisse istituito per legge, sarebbe un vantaggio per tutti. L’umanità va conosciuta, vista, vissuta. Al bar dell’area di sosta devi imparare a starci con chiunque, perché il caffè come piace a te, piace a tutti.
Già compaiono le indicazioni per Napoli. Presto mi incanalerò per entrare in tangenziale. Ritorno a casa mia, e stavolta il viaggio non è stato solo un metro dopo l’altro da consumare.