Furto 59 – Figlia in consegna
Ho conosciuto Ahmed una sera di settembre. Stavo tornando a casa da una lunga passeggiata svuota pensieri, di quelle in cui non stai a contare i passi, che non sono mai abbastanza.
Era fermo vicino a una panchina, con la sua bicicletta un po’ scassata e arrugginita, il portapacchi giallo di Glovo e una bambina accanto a lui. È stata lei, con l’istinto che noi vecchi razionali abbiamo perso, a salutarmi.
“Mi chiamo Marcella e ho 5 anni”
“Ciao Marcella, io mi chiamo Luca e ne ho 32”
“Come il mio papà!”.
Ahmed sorride. È vero, siamo coetanei, anche se il suo viso ha delle rughe che il mio ancora non conosce. Dice a Marcella di non disturbare, perché sono le nove e mezza di un sabato qualsiasi, di lasciarmi andare.
“Mi chiamo Marcella, è un nome bello”
“È vero sai, Marcella è proprio un nome che ti sta bene, bello come te”
“Il mio papà ha una bicicletta speciale”
“Davvero? E come mai?”
“Perché può portarmi veloce in tanti posti, e poi perché è un cuoco”.
Ahmed la guarda come uno che la sente parlare per la prima volta, sorpreso ed emozionato. Mi siedo lì, accanto a loro. Ahmed è arrivato in Italia sei anni fa, con uno di quei gommoni porta numeri, di quelli che in televisione ormai ci raccontano come l’ennesimo fastidio, come qualcosa di cui liberarsi. Non ha moglie, Ahmed, perché lei ha deciso che Marcella non dovesse avere una madre, e se n’è andata, se n’è andata da qualche parte a godersi la vita. Ahmed vive in un piccolo bilocale in periferia, me lo racconta mentre Marcella è intenta a inseguire una busta di plastica spostata dal vento. Ride Marcella, e anche Ahmed guardandola.
Di mattina va al cantiere, pranza lì con un panino e alle cinque in punto scappa a prendere Marcella. Ha trovato un asilo che la tiene mezzora in più, l’hanno fatta diventare l’aiutante dei bidelli, maestre dal cuore pulsante. Piccola sosta a casa per giocare, lavare Marcella e poi si parte per le grandi avventure in bicicletta. Sa che non potrebbe, e non dovrebbe, ma soprattutto sa che non vorrebbe portare Marcella ogni sera con sé. Si incupisce per un attimo.
“Papà vedi come vola felice? È proprio come me!”
Suona il telefono.
“Marcella, è ora di andare”.
Foto 1 di Jeswin Thomas: https://www.pexels.com/it-it/foto/persona-seduta-sulla-panchina-sotto-l-albero-1280162/
Foto 2 di Nita: https://www.pexels.com/it-it/foto/fotografia-di-messa-a-fuoco-poco-profonda-del-fiore-del-dente-di-leone-bianco-54300/