Lettura n. 46 La via del bosco di Long Litt Woon
“Questa è la storia di un viaggio cominciato quando la mia vita si è ritrovata capovolta: un giorno Eiolf è andato al lavoro e non è tornato a casa. Non è tornato mai più. La vita, per come la conoscevo io, è sparita di colpo. Il mondo è cambiato per sempre“
Il sottotitolo di questo libro è Una storia di lutto, funghi e rinascita. Che relazione ci potrà mai essere, mi sono chiesta, fra funghi e lutto?
Di istinto mi ha subito incuriosita, ho ascoltato questa autrice a Pordenonelegge, qualche tempo fa, in una conferenza stampa e ho osservato bene il suo sorriso, i suoi occhi, finanche il modo di muovere le mani mentre parlava e i suoi sguardi mentre incontrava quelli dei presenti, fra cui il mio. A un certo punto l’avrei abbracciata, e le avrei detto di aver capito, prima di leggere il suo libro, che non sarebbe stata una lettura triste o dolorosa, anche se toccava corde profonde dentro di me.
Ecco la storia. Una donna di origine malese trasferitasi in Norvegia incontra un ragazzo e se ne innamora, si sposano e vivono una parte della loro vita con complicità e amore come se dovesse essere per sempre ma così non sarà.. Eiolf muore. All’improvviso. Muore nel mezzo della vita, nel mezzo dell’amore. Questa enorme perdita fa da cesura fra un prima e un dopo, e la moglie si ritrova in una dimensione che sembra assomigliare ad una non vita, in cui lei inizia un duplice viaggio: nel regno dei funghi e dentro sé stessa. Con la morte della persona amata se ne vanno pezzi di memoria e scompare colui che poteva aiutarla a ricomporla, resta sola e ha bisogno di ridefinire la propria identità. Chi è adesso questa donna che sopravvive nella terra di mezzo in cui non è né sposata né sola ma è vedova? La stessa di prima eppure diversa, cambiata dall’evento che l’ha travolta, con una parte di sé andata via per sempre. Forse la migliore, quella che Eiolf sapeva restituirle.
Il lutto è un tunnel da cui lentamente Long Litt Woon esce addentrandosi nel verde della natura e diventando un’esperta di funghi. Il suo procedere come una pellegrina nel bosco alla ricerca dei funghi, il suo progredire nell’esperienza e nello studio della micologia, il suo superare esami per ottenere riconoscimenti come esperta di funghi, il suo catalogare, cercare, assaporare, scovare fungaie segrete, il suo condividere con altri l’ossessione e la passione dei funghi, e il suo stare in solitaria nel bosco. Tutti questi aspetti messi insieme la conducono lentamente fuori dal lutto, attivando di nuovo tutti i suoi sensi dapprima dormienti.
Ho pensato che questo fosse un libro sulla resistenza, o sulla resilienza come piace a molti dire, ma nessuno dei due termini riusciva a restituirmi la giusta sensazione che avevo provato leggendolo. Poi ho sentito risuonare dentro la parola più semplice del mondo: vita. Questo è un libro sulla vita e non sulla morte e ho rivisto la luce degli occhi di Long Litt Woon quel pomeriggio a Pordenone e la sua capacità di sorridere parlando di un dolore che ormai l’aveva trasformata ma non divorata. La scrittura alterna pagine personali in cui l’amore per Eiolf e la sua mancanza sono narrate con trasporto, a pagine in cui la micologia fa da gigante con i disegni dei funghi e le descrizioni e i sapori. Si fa avanti l’idea che qualcosa di misterioso accomuna i nostri destini a quelli della vita pulsante sotto la terra e ai piedi degli alberi, la lettura avanza con passaggi leggeri e pieni di grazia, addirittura ironici, o assai competenti in cui l’autrice intreccia il sapere del paese d’origine a quello del paese che l’ha accolta. Molto sentite le riflessioni che rispecchiano la concezione orientale in cui si lascia spazio alla morte anche in vita, in contrapposizione con l’Occidente in cui la morte sembra non doverci riguardare se non nel momento estremo, così ce ne teniamo alla larga. Questo libro offre una prospettiva inedita su come vivere dopo un dolore e un lutto, e su quanto il nostro senso di colpa possa lavorare per impedirci di essere felici principalmente perché siamo figli e vittime di convenzioni sociali. Dopo il dolore della separazione e dopo aver attraversato un lutto enorme si può, si deve, si vuole, tornare a essere felici e a concedere a noi stessi la felicità senza ombre. Ci vuole tempo, ci vuole amore, ci vogliono i riti, ci servono gli altri per poter tornare a nascere.