Vien Leonora
Vien Leonora e materializza la realtà, e ancora una volta i fatti di cronaca mi rimandano all’opera.
Un tipico triangolo amoroso: Leonor, Alphonse e Fernand. Come nella maggior parte delle opere belcantiste è in gioco il destino di una donna. Ella riunisce in sé la dona fatale e quella innamorata. Alla fine l’amato pagherà per le su colpe e lei perderà la vita.
Opera in francese, con una versione italiana che io “vecchia melomane prediligo”, scritta da Gaetano Donizetti nel 1838 quando lascia l’Italia e si reca a Parigi, meta ricorrente dei compositori dell’epoca. Nella capitale francese il successo fu immediato tanto da recare invidia allo stesso Berlioz che parla di “vera e propria invasione”. Seguirono altri successi dopo “La fille du regiment” e “La Favorite” ma il compositore bergamasco si ammalò e gli ultimi dieci anni della sua vita furono segnati dalla sifilide e dalla follia fino alla morte nell’aprile del 1848.
La genesi della Favorite è particolarmente travagliata perché Donizetti rielaborò ben quattro dei suoi lavori precedenti e l’aria del tenore fu aggiunta durante le prove.
La trama rispecchia il classico triangolo amoroso tenore-mezzosoprano(in questo caso)–baritono e sullo sfondo il ceto sociale dei protagonisti. Al re non è concesso esternare le proprie emozioni e così l’aria “Vien Leonora” è un avvicendarsi di amore e tormento per la sua posizione .
Il destino di Leonor è strettamente legato alla sua condizione di donna cortigiana.
Sulle prime si illude che il re la sposerà ma quando la promessa non sarà mantenuta ella dovrà esserne l’amante. La condizione della donna subalterna alla moralità del tempo è ricorrente nelle opere prime fra tutte Violetta e Manon.
L’unico modo di espiare il peccato della passione è la follia e la morte.
Il destino di Leonor viene rappresentato nel secondo atto, mentre è al ballo con il re Alphonse le giunge la notizia della scomunica papale.
Per coprire lo scandalo il re la dà in moglie a Fernand. Solo dopo la cerimonia il giovane comprende l’inganno e si rifugia in convento.
Alla fine del quarto atto arriva il perdono tardivo ma la donna muore.
Una delle novità per l’epoca è che il personaggio di Leonor è stato pensato per il registro vocale del mezzosoprano. Fiorenza Cossotto lo interpretò per la prima volta al teatro alla Scala durante la stagione 1964/1965; grazie a questo ruolo la cantante ottenne il meritato successo internazionale.
Ancora una volta le eroine del teatro d’opera emozionano e affascinano il pubblico.
Ancora una volta il teatro musicale e la realtà sono molto vicine.
Nei fatti di cronaca purtroppo non c’è melodia o musica struggente ma solo orrore e dolore.
Le donne non sono più cortigiane ma sono ancora oggetto di desiderio e possesso da parte degli uomini e il loro acuto è un lamento sordo e straziante mentre la società continua a giudicarle e condannarle.
Ed oggi nella mia mente vien Leonora proprio pochi giorni dopo la morte del caimano.
Sarà un caso?